I fili intrecciati della vita: un racconto di resilienza e colori

La storia di Maria Rosaria Ricci è quella di una giovane donna con disabilità che è riuscita a trovare la propria strada partendo dalla passione per la scrittura e dalla volontà di mettere al servizio degli altri questo talento. Un percorso fatto anche di piccole vittorie che con la scrittura non hanno apparentemente nulla a che fare, come riuscire a compiere gesti della quotidianità, escogitando strategie e movimenti “inusuali”

Maria Rosaria Ricci

Maria Rosaria Ricci

Riceviamo e pubblichiamo il contributo di Maria Rosaria Ricci, giornalista pubblicista, fondatrice e curatrice del sito Mille Voci News, un luogo di informazione sociale che promuove progetti inclusivi. Maria Rosaria crede nel potere delle storie per cambiare il mondo, ogni suo lavoro è una finestra aperta su nuove prospettive, un’opportunità di apprendere e crescere insieme.
In questo racconto ci parla della sua vita, delle sfide che ha affrontato e vinto, delle persone che le sono state accanto. Sarebbe troppo semplice riassumere il suo pensiero dicendo che lei è un esempio di vita; la sua storia “a braccetto” con la disabilità può essere certo di incoraggiamento per quanti vivono una situazione simile, ma dobbiamo leggerla prima di tutto come la storia di una giovane donna con disabilità che è riuscita a trovare la propria strada partendo dalla passione per la scrittura e dalla volontà di mettere al servizio degli altri questo talento. Un percorso fatto anche di piccole vittorie che con la scrittura non hanno apparentemente nulla a che fare, come riuscire a compiere gesti della quotidianità, escogitando strategie e movimenti “inusuali”.
È davvero un racconto colorato, quello di Maria Rosaria, colori chiari, altri vivaci, alcuni scuri, come accade nella vita di tutti. (S.D.)

Quando la mente srotola i momenti intensi di un vissuto, non resta che cavalcare l’onda dei ricordi. Tra fatica e sacrificio, ripensi a esso in maniera autentica e ti rendi conto di avere vissuto una vita diversa, ma costantemente aggrappata a un filo: il filo della normalità. Sì, perché quando ti trovi a venire al mondo in un modo barbaro e disumano, non ti resta che lasciarti avvolgere da una forza suprema che ti dà la forza di vivere nonostante tutto. È stato così per me e per la mia vita, segnata da una patologia di tetraparesi spastica distonica, causata da una leggerezza medica.
Leggerezza che si racchiude nei miei 44 anni, durante i quali ho rivisto più volte la forza immensa dei miei genitori nell’accettarmi fin da subito. Un’accettazione che ha placato i mille perché dei miei fratelli maggiori, nella consapevolezza di essere trattata alla pari, abbracciando con loro l’estensione di familiari e amici.
Questo ha fatto sì che, nonostante le mie difficoltà motorie evidenti, fino all’età di 12-13 anni, io sia riuscita a rapportarmi e a creare legami con cugini e zii in modo naturale e autentico.
Seguendo questa scia, ho sempre cercato di rapportarmi con chiunque abbia avuto modo di conoscermi in questo modo. Non a caso, quando mi soffermo a pensare agli anni trascorsi della mia vita, tra alti e bassi, mi appaiono tutti sotto forma di tanti fili intrecciati, di mille colori e sfumature, senza i quali non sarei di sicuro la persona o meglio la “donna” che sono oggi.
Come i fili di una ragnatela che tesse la sua tela, ho fatto sì che le mie relazioni – dalle più antiche dell’infanzia alle più recenti – mi sostenessero a crescere sempre più, per riceverne un profondo arricchimento. Perfino i legami più duri, che necessariamente mi è toccato tessere, legati alla sfera medica riabilitativa, nel tempo si sono mutati in fili “preziosi” e formativi.
Basti pensare che tutt’oggi mi sento con Ute, la mia prima terapista che mi ha seguito dai sei mesi fino ai dieci anni di vita. La quale, a fatica e talvolta con le lacrime agli occhi per alcuni esercizi riabilitativi, è riuscita a mettermi in posizione eretta, in equilibrio, per muovere i miei primi passi. Le sue basi sono state fondamenti solidi, su cui poter costruire pilastri di ciò che negli anni, ma ancora oggi, si riesce a tirar fuori dalla mia tetraparesi spastica.
Il susseguirsi di volti e di nomi in campo riabilitativo sono i fili intrecciati e preziosi che rendono vivo in me ogni piccolo mio miglioramento, dentro i quali gioisco ogni volta che percepisco che la mia diversa abilità cede il passo alla normalità.
L’abbattimento di ciò che sono e possono essere le mie difficoltà motorie passa per una continua rimodulazione di movimenti al fine di giungere alla normalità. Tante volte mi chiedo se una persona senza disabilità troverebbe le mie stesse strategie per giungere a un obiettivo, così come lo faccio io. Del tipo asciugarsi i capelli tenendo il phon con entrambe le mani, o parlare stando attenti a dosare la giusta e corretta respirazione, o mangiare impugnando le posate con entrambe le mani. Cose semplici, che tante volte vengono sottovalutate, ma che realmente tracciano la giusta linea tra “abilismo” e il “non abilismo”, tanto decantato. Il quale, a mio avviso, andrebbe non solo rivisto, ma oltre tutto vissuto e condiviso.
Poiché solo attraverso una sana e corretta condivisione si abbatte il muro della differenza tra “normalità” e disabilità.

Maria Rosaria Ricci

Un’altra bella immagine di Maria Rosaria Ricci

Tante volte veniamo etichettati con paroloni tipo “Eroi”, “Speciali”, “Coraggiosi”, “Angeli” ecc. In realtà nessuno ha ben chiaro in mente che le persone con abilità diversa sono coloro i quali quotidianamente fanno della loro vita una palestra di resilienza. Senza la quale, è inutile non dirlo, non saremmo niente o forse, meglio ancora, avremmo una considerazione più bassa di quella che non abbiamo oggi.
La resilienza, come in tutti i campi e in modo particolare nel mondo della disabilità, cambia le prospettive di vita. Senza la mia resilienza e quella della mia famiglia, oggi non avrei neanche la formazione e di sicuro la professione che ho. Poiché la mia istituzione scolastica non è mai riuscita ad andare oltre la mia difficoltà. A 15 anni mi sono trovata fuori da un percorso formativo pari ai miei stessi coetanei. L’istituzione scolastica negli Anni Ottanta e Novanta rappresenta uno dei fili dei ricordi più brutti della mia vita, uno smarrimento sia per me che per i miei genitori. Un vuoto colmato dalla resilienza di ripartire da ciò che erano le mie passioni, ossia l’informatica e la scrittura. La stessa che, nonostante le difficoltà legate alla mia tetraparesi spastica distonica, ho superato inizialmente utilizzando letterine magnetiche, cedendo il passo a una macchina da scrivere Olivetti con tasti ampi per evitare errori di digitazione. Giungendo al passo dell’avanzamento della tecnologia, ho adottato la scrittura al computer, utilizzando una tastiera standard nel 1992-93, e nel 2010 sono riuscita a scrivere anche con tablet e smartphone.

Oggi quel filo nero legato ad alcuni errori nel mio percorso scolastico si muta in mille colori, soprattutto quando mi soffermo a pensare che sono giornalista pubblicista, regolarmente iscritta all’Ordine dei Giornalisti Campani dal febbraio 2021. Grazie a questo lavoro, opero come esperta di comunicazione per gli uffici del Segretariato Sociale del Comune di Pomigliano d’Arco (Napoli). Ma oltre a tutto ciò, concentro la mia attenzione sulla scrittura che promuove problematiche sociali, come l’inclusione integrata nell’informazione generale. Inoltre, sono anche autrice del libro Abilmente: il coraggio di non arrendersi, da cui è nato il progetto Sviluppa e potenzia le proprie abilità, sostenuto dalla vendita del libro stesso.

I fili di mille colori che hanno ulteriormente avvolto la mia vita, alimentando in me una graduale crescita personale e formativa, la devo ai miei tanti amici. I veri amici, i miei tesori più grandi, coloro i quali hanno un posto speciale, vengono subito dopo la famiglia e hanno la capacità di starti accanto in ogni momento senza ma e senza se. Con loro anche la disabilità si annulla e cede il passo alla follia.
Una follia pura, che supera gli ostacoli più insuperabili e che tante volte ti dona sapore e gioia. La gioia di donarti, mediante il “Dono di sé per gli altri”.
Ed è una sensazione troppo bella, poiché ti dà la capacità di annullare le caratteristiche cui gli occhi altrui ti etichettano come “Disabile”.

Please follow and like us:
Pin Share
Stampa questo articolo