Dove e come funzionano i servizi in ospedale rivolti alle persone con disabilità?

A chiedersi «dove e come funzionano i servizi in ospedale rivolti alle persone con disabilità» è Salvatore Nocera, dopo la denuncia di Stefania Stellino, da noi pubblicata, dell’inaccettabile risposta ricevuta per una gastroscopia urgente al figlio con autismo, da parte di un servizio specializzato nella cura personalizzata delle persone con disabilità. Un quesito più che lecito, anche alla luce della constatazione che il progetto DAMA, per l’“Assistenza medica avanzata alle persone con disabilità”, «è operativo in modo paurosamente disuguale in Italia», come sottolinea Nocera

Particolare di persona in carrozzina, con un infermiere a fianco, in un ospedaleSono rimasto letteralmente folgorato dall’articolo di Stefania Stellino, presidente dell’ANGSA Lazio (Associazione Nazionale Genitori di perSone con Autismo), pubblicato da Superando (Una gastroscopia urgente per un giovane con autismo? Si “potrebbe provare”), ove si denuncia un caso di mancata assistenza sanitaria urgente per una persona con autismo. Infatti, è difficile effettuare visite mediche e interventi sanitari con persone che difficilmente possono spiegare i loro problemi e ancor più difficilmente accettano di sottoporsi a regole imposte dagli interventi sanitari, come ad esempio star fermi, lasciarsi visitare e toccare, farsi curare i denti, lasciarsi applicare delle flebo col rischio permanente che se le stacchino e simili.

Il testo di Stellino mi ha indotto a effettuare una rapida ricerca su internet e ho scoperto (si voglia scusare la mia ignoranza in materia) che già dal 2000 in Italia è operante il progetto DAMA (Disabled Advanced Medical Assistance, ovvero “Assistenza medica avanzata alle persone con disabilità”), consistente nell’istituzione di servizi ospedalieri attrezzati per ricevere questi utenti con “disabilità complesse” che, alla luce del recente Decreto Legislativo 62/24, debbono ormai chiamarsi “persone con bisogno di sostegni elevati, molto elevati e intensivi”.
Ho inoltre scoperto che già da un po’ di anni esiste la Carta dei Diritti delle Persone con Disabilità in Ospedale, tra i quali è fondamentale quello che i genitori e i caregiver possano accompagnare e permanere in ospedale accanto alla persona con bisogni di sostegni molto elevati o intensivi.
E ancora, ho preso conoscenza che nel 2019 presso l’Ospedale Forlanini San Camillo di Roma è nato il Servizio TOBIA (Team Operativo Bisogni Individuali Assistenziali), che si collega al progetto DAMA e che si sta espandendo non solo nel Lazio, ma anche in altre Regioni.
Però, la scoperta maggiore è stata avere riscontrato che il progetto DAMA è operativo in modo paurosamente disuguale in Italia. Infatti a prima vista si nota un’abissale differenza tra la presenza di DAMA al Nord rispetto al Centro Sud e alle Isole. Scendendo nel dettaglio, ho riscontrato che in Lombardia, dove il progetto è nato, è attualmente presente in ben sette città su diciotto in Italia; seguono il Trentino Alto Adige con due (Trento e Bolzano) e il Veneto (Venezia e Garda); al Nord, infine, vi è una sola città per Regione nel Friuli Venezia Giulia (Pordenone) e in Emilia Romagna (Bologna). Nell’Italia centrale, quindi, una città per Regione vi è in Toscana (Empoli), in Umbria (Terni) e nel Lazio (Roma). Al Sud e nelle Isole, invece, vi sono in totale solo due centri, uno a Bari in Puglia e uno a Cosenza in Calabria.
Da questa rapida analisi, dunque, risulterebbe che al Nord sono presenti centri DAMA in ben 13 città, mancando in Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta; che al centro ci sono in 3 città, mancando nelle Marche; che al Sud e nelle Isole, infine, ci sono centri solo in 2 città, mancando in Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia e Sardegna.

Questa presente discriminazione rischia di aggravarsi con gli attuali tagli alla spesa sanitaria e con l’attuazione dell’“autonomia differenziata”. Questo è quanto ha rilevato chi scrive, che è profondamente ignorante di normativa sanitaria e anche di altro.
Invito dunque le Associazioni aderenti alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e tra esse in particolare l’ANFFAS, l’ANGSA, l’ABC, l’AIPD, l’APRI*, a correggere i miei errori e ad arricchire questo scarno ma significativo quadro d’insieme. Invito pure la FISH a promuovere una ricerca giornalistica competente circa l’effettivo stato di attuazione della normativa sopra citata, per verificare quanta parte di essa sia già pienamente attuata (e dove), quanta parte invece sia ancora agli inizi o addirittura in fase di regresso.
Ringrazio infine la presidente dell’ANGSA Lazio Stefania Stellino, per avere gettato un “grido di allarme” su una situazione che dovrebbe preoccuparci tutti.

*Rispettivamente Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo, Associazione Nazione Genitori di perSone con Autismo, Associazione Bambini Cerebrolesi, Associazione Italiana Persone Down e Associazione Cimadori per la ricerca italiana sulla sindrome di Down, l’autismo e il danno cerebrale.

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