La Stella Maris, struttura ubicata in località Calambrone in provincia di Pisa, è un IRCCS (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico). Fino a che la formazione non è stata demandata in via esclusiva alle Università, la Stella Maris, fra i suoi molteplici compiti, assolveva anche a quello di formare “maestri ortofrenici” deputati all’insegnamento nelle scuole speciali.
Già allora (oltre cinquant’anni fa) le discipline insegnate erano complesse e articolate, ma, in senso relativo, sensibilmente più semplici di oggi.
Il corso di formazione ortofrenico presso la Stella Maris era biennale e molto impegnativo: la frequenza era obbligatoria ed erano previsti esami di profitto in presenza scritti e orali, e la didattica prevedeva una rigorosa fase teorica seguita da una fase pratica altrettanto rigorosa. Merita inoltre ricordare che, nelle more di una regolamentazione nazionale, all’epoca vi erano anche equipollenti iter formativi della durata di sei mesi senza lezioni in presenza!
Attualmente, fatto salvo l’ultimo Decreto Legge 71/24 del 31 maggio scorso, l’iter previsto per la formazione dell’insegnante di sostegno è della durata di un solo anno per un totale di 60 Crediti Formativi.
Confrontare i due percorsi formativi (quello della Stella Maris di cui sopra e quello attuale) sulla base della loro durata sarebbe inappropriato perché decontestualizzato. Il “vecchio” iter formativo, infatti, era sì biennale, ma vi si accedeva con il diploma magistrale che si conseguiva con quattro anni di scuola media superiore, mentre il “nuovo” iter formativo (TFA, ovvero Tirocinio Formativo Attivo) è sì di un solo anno, ma vi si accede (fatte salve le deroghe) dopo un corso di laurea al cui interno sono già previste alcuni Crediti Formativi inerenti alle tematiche riconducibili ai BES (Bisogni Educativi Speciali).
E tuttavia, mi sento di affermare che, fatte le dovute differenze, il “vecchio” percorso era più adeguato, rispetto allo stato dell’arte di quell’epoca, più di quanto non lo sia quello “nuovo” rispetto alla situazione e alla problematicità attuale. L’inadeguatezza del TFA, infatti, non scaturisce dal confronto con il passato, ciò che sarebbe inappropriato per i motivi appena addotti. L’inadeguatezza di esso scaturisce, invece, dal confronto impietoso con la complessità del presente.
All’epoca dei corsi biennali per “maestri ortofrenici” organizzati dalla Stella Maris, quel che si sapeva sull’autismo non andava oltre ciò che aveva descritto Leo Kanner nel 1943. Sulle persone con sindrome di Down imperversavano ancora molti stereotipi, idem per molte altre sindromi afferenti all’età evolutiva.
Nel corso dei decenni da una parte si sono approfondite le problematiche inerenti la condizione di disabilità, dall’altra sono nati nuovi paradigmi concettuali di riferimento. Basti pensare al variegato e complesso ventaglio dello spettro autistico, dei DSA (Disturbi Specifici di Apprendimento) o dei disturbi di attenzione e iperattività ecc.
Ebbene, a fronte di questa crescente complessità, che verosimilmente aumenterà con il progredire delle neuroscienze, ha fatto riscontro, negli ultimi anni, una tendenza che, in modo inversamente proporzionale, ha ridotto lo sforzo e l’impegno per affrontarla. Tale inadeguatezza vale anche per l’attuale TFA ed è per questo che, a maggior ragione, appare incomprensibile la riduzione a soli 30 Crediti previsti per la formazione dei docenti di sostegno dall’attuale citato Decreto Legge 71/24.
I 30 Crediti, pari a 750 ore complessive, dovrebbero servire per affrontare tutte le problematiche afferenti alla condizione di disabilità, il che stride fragorosamente al solo pensiero che il Ministero, negli anni pregressi, si è fatto promotore di Master monotematici (sull’autismo, sui DSA ecc.) di 60 Crediti ciascuno!
A fronte quindi di un problema reale che si protrae da decenni – e che quindi non è imputabile all’attuale governo – e che vede una penuria di insegnanti specializzati soprattutto nelle Regioni del Nord Italia, la soluzione adottata dal suddetto Decreto Legge appare quanto meno discutibile se non maldestra. Va tra l’altro evidenziato che il carattere straordinario e transitorio suggerito dalla necessità di sopperire all’attuale fabbisogno di docenti di sostegno non ne giustifica il contenuto.
Cosa diremmo, ad esempio, di uno stabilimento balneare che, in mancanza di bagnini patentati, in base al principio del “meglio che nulla”, assumesse persone sprovviste di specifiche tecniche di salvataggio, salvo averne un’infarinatura acquisita frettolosamente?
Una considerazione conclusiva a margine. Nel romanzo Nati due volte, lo scrittore Giuseppe Pontiggia racconta la sua esperienza di padre di un figlio nato con disabilità e racconta cosa disse un medico dal quale lui e la moglie erano andati a consulto: «Questi bambini nascono due volte. Devono imparare a muoversi in un mondo che la prima nascita ha reso più difficile. La seconda nascita dipende da voi, da quello che saprete dare. Sono nati due volte e il percorso sarà più difficile […]».
Tutte le volte che la società civile, le Istituzioni (i governi) si approcciano alle tematiche della disabilità in modo inadeguato, burocratico e maldestro viene bruciata la possibilità di questa “seconda nascita”… e non ce ne sarà una terza!
Considerato che giugno e luglio non sono esattamente i mesi più adatti per una mobilitazione, non mi rimane che “attendere sotto le stelle” (desiderare) e sperare che il Parlamento, per un soprassalto di buon senso, di decenza e di pudore, prima della scadenza dei due mesi successivi all’entrata in vigore del Decreto 71/24, lo modifichi e lo migliori, almeno nella parte relativa alla formazione dei docenti di sostegno.
Perché la “seconda nascita” delle persone con disabilità dipende da quello che la società nel suo insieme saprà dare loro.