Antigoni del nostro tempo

«Le persone con disabilità che subiscono abusi – scrive Simona Lancioni -, e i loro affetti, si ritrovano spesso da soli a lottare contro un sistema che sovente quegli abusi nemmeno li percepisce come tali. Eppure, nonostante sappiano di partire in svantaggio, è ancora possibile trovare persone che tra adeguarsi passivamente a leggi ingiuste o “restare umane”, scelgono la seconda. Non sanno cosa riusciranno ad ottenere, sperano di non rimetterci, ma una cosa l’hanno ben chiara: se non provassero nemmeno a fare resistenza sarebbero conniventi. Sono le “Antigoni” del nostro tempo»

Frederic Leighton, "Antigone", 1882

Frederic Leighton, “Antigone”, 1882

Ormai da qualche anno il Centro Informare un’h è impegnato a sensibilizzare sugli abusi commessi nell’applicazione dell’amministrazione di sostegno, l’istituto giuridico introdotto in Italia dalla Legge 6/04 (se ne legga nella sezione dedicata, a questo link).
Le forme di abuso e violenza ai danni delle persone con disabilità, o comunque in situazione di difficoltà, sono davvero tante. L’istituzionalizzazione forzata e i trattamenti farmacologici autorizzati da terzi per tempi indefiniti (anche anni o decenni) sono solo i due esempi che si distinguono per crudeltà e disumanità, ma il repertorio è ampio, tristemente fantasioso e non si limita a colpire la sola persona con disabilità. Infatti, perché il meccanismo funzioni, chi è affettivamente legato alla persona con disabilità, e si ritrova nella posizione di poter denunciare gli abusi, deve essere neutralizzato in qualunque modo, anche illecito. Può capitare così che il parente, l’amico o il vicino che fa presente che c’è qualcosa che non va, venga screditato col pretesto di interessi confliggenti, accuse (inventate) di maltrattamenti, tentativi (altrettanto inventati) di circonvenzione di incapace, e altri reati di questo tenore. In questo modo si ottengono due risultati: fare terra bruciata intorno alla persona con disabilità, per renderla più remissiva nell’accettare decisioni che altri hanno preso per lei, e che lei non gradisce; tenere impegnato il “disturbatore” in processi penali che durano anche diversi anni, senza alcuna certezza degli esiti (non basta essere innocenti per vedersi riconosciuti tali), costringerlo a dover dimostrare di non aver fatto cose che non ha fatto, nonché a spendere considerevoli somme di denaro (di cui non tutti dispongono). Il tutto mentre dall’altra parte chi accusa solitamente non risponde in proprio, e può agire servendosi dei mezzi (economici e non) delle strutture in cui opera.

La verità è dunque che le persone con disabilità che subiscono abusi, e i loro affetti, si ritrovano spesso da soli a lottare contro un sistema che sovente quegli abusi nemmeno li percepisce come tali. Prova ne sia che, ad esempio, nonostante il Comitato ONU (l’organo indipendente preposto al monitoraggio dell’attuazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità), nelle Linee guida sulla deistituzionalizzazione prodotte nel 2022, abbia chiarito senza mezzi termini che l’istituzionalizzazione è «una forma di violenza contro le persone con disabilità» (punto 6), essa continui ancora a venire disposta senza nessun tipo di riserva o resistenza.
Di più, nel Decreto Legislativo 62/24 (attuativo della Legge Delega 227/21 in materia di disabilità), alla cui elaborazione ha contribuito anche una parte significativa dell’associazionismo delle persone con disabilità, di deistituzionalizzazione non si parla proprio.

Eppure, nonostante sappiano di partire in svantaggio, è ancora possibile trovare persone che tra adeguarsi passivamente a leggi ingiuste o “restare umane”, scelgono la seconda. Non sanno cosa riusciranno ad ottenere, sperano di non rimetterci, ma una cosa l’hanno ben chiara: se non provassero nemmeno a fare resistenza sarebbero conniventi. Sono le “Antigoni” del nostro tempo.
Figlia del rapporto incestuoso tra Edipo, re di Tebe, e la madre Giocasta, Antigone è una figura della mitologia greca divenuta nota soprattutto grazie all’omonima tragedia di Sofocle (rappresentata per la prima volta ad Atene nel 442 avanti Cristo). Nell’opera del drammaturgo greco, la giovane Antigone sfida il potere e sacrifica la vita pur di assicurare al corpo del fratello Polinice la sepoltura che il nuovo re di Tebe, suo zio Creonte, non vuole concedergli. Tale divieto era stato introdotto perché Polinice era morto assediando la città di Tebe, e dunque si era comportato da nemico della polis. Posta davanti al dilemma se rispettare l’editto del re, o eseguire le onoranze funebri, Antigone argomenta che avere compassione dei morti costituisce una disposizione non scritta, eterna e divina, superiore alle leggi dei mortali. Per la sua disobbedienza la giovane donna verrà condotta in prigione, dove, in preda alla disperazione, si suiciderà.

Sono passati oltre duemila anni da quando quest’opera conobbe la luce, e probabilmente oggi, in società laiche come le nostre, a nessuno verrebbe più in mente di appellarsi alle leggi «non scritte, e innate, degli dèi», come fece Antigone, ma davanti a pratiche, regolamenti e leggi ordinarie che consentono abusi e violenze, ha ancora un senso fare riferimento a leggi più alte, quali sono, ad esempio, le norme a tutela dei diritti umani che gli stessi mortali hanno posto ai vertici della gerarchia delle fonti giuridiche. Che poi, a ben guardare, è esattamente quello che sta tentando di fare l’Associazione Diritti alla Follia con la sua Proposta di Legge di riforma degli istituti giuridici (se ne legga anche nel box in calce). La Proposta è studiata proprio per evitare che le singole persone si ritrovino da sole a combattere con un sistema ben più potente di loro, e a dover scegliere se adeguarsi passivamente a leggi manifestamente ingiuste o “restare umane”.

Davanti alle tante, troppe, storie di abuso commesse nell’applicazione dell’amministrazione di sostegno rimaniamo sgomenti e addolorati. È giusto che sia così ma non basta. È necessario introdurre dei vincoli che quegli abusi li prevengano. Con ogni evidenza la normativa attuale non riesce a farlo, per questo motivo è importante agire per cambiarla, anche in considerazione del fatto che chi sottoscrive una Proposta di Legge, a differenza delle persone intrappolate nel sistema (le persone disabili e i loro affetti), non corre alcun rischio.

Responsabile di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), nel cui sito il presente contributo di riflessione è già apparso. Viene qui ripreso, con minime modifiche dovute al diverso contenitore, per gentile concessione.

La Proposta di Legge di Diritti alla Follia
Il 18 aprile scorso l’Associazione Diritti alla Follia ha depositato presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione una Proposta di Legge di iniziativa popolare per l’abolizione dell’interdizione e dell’inabilitazione e per la riforma dell’amministrazione di sostegno (il cui testo è disponibile a questo link). Al fine di raccogliere le 50.000 firme necessarie affinché la Proposta venga discussa in Parlamento, la medesima Associazione ha lanciato anche la campagna Fragile a Chi?!, e ha predisposto un’apposita sezione con tutte le informazioni sull’iniziativa (a questo link). Per informazioni: dirittiallafollia@gmail.com.

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