Assistenza respiratoria e non solo: la vita oltre il domicilio

La UILDM di Varese (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) ha costruito negli anni una solida rete di presa in carico delle persone con malattie neuromuscolari, unendo tutti gli “ingredienti” della moderna sanità, ovvero il paziente al centro e la domiciliarità per non gravare sugli ospedali ed evitare alle persone periodi di ricovero. Il progetto iniziale “A domicilio, respiro e vita” è diventato nel tempo “La vita oltre il domicilio”, un servizio strutturato che offre anche supporto psicologico. Di questo e altro ancora parliamo con la presidente dell’Associazione Rosalia Chendi

Seminario su respirazione glossofaringea alle Manifestazioni Nazionali UILDM

Un seminario sulla respirazione glossofaringea tenuto dal dottor Bianchi della UILDM di Varese alle Manifestazioni Nazionali dell’Associazione

Parliamo oggi di assistenza respiratoria con la dottoressa Rosalia Chendi, fisiatra e presidente della UILDM di Varese (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), che per alcune risposte si è avvalsa della collaborazione del collega dottor Carlo Bianchi, anch’egli fisiatra, che mette a disposizione le proprie competenze professionali come medico volontario presso la medesima Associazione.
La UILDM varesina ha costruito negli anni una solida rete di presa in carico delle persone con patologie neuromuscolari, unendo tutti gli “ingredienti” della moderna sanità, ovvero il paziente al centro e la domiciliarità per non gravare sugli ospedali ed evitare alle persone periodi di ricovero. Il progetto iniziale A domicilio, respiro e vita è diventato nel tempo La vita oltre il domicilio, un servizio strutturato che offre anche supporto psicologico.
Prima però di lasciare la parola a Chendi, vorrei rapidamente soffermarmi sull’evoluzione dell’assistenza respiratoria. All’inizio era importante soltanto “dare aria”, mi ricordo i polmoni d’acciaio, quello di Rosanna Benzi è diventato un pezzo di storia della disabilità italiana; di recente, poi, è scomparso Paul Alexander, l’uomo americano che per 72 anni ha vissuto all’interno di questo macchinario. Per necessità ma anche per scelta, non avendo voluto utilizzare ventilatori più moderni che gli avrebbero permesso una maggiore libertà di movimento. Paul si concedeva qualche ora di libertà usufruendo della respirazione glossofaringea, conosciuta anche come frog breathing, “respiro da rana” (ce ne parlerà in seguito il dottor Bianchi).
Personalmente ricordo il mio primo ventilatore meccanico. Una grossa scatola che nulla aveva di elettronico, due tubi e una maschera nasale fatta su misura dal dentista (!!!) con un calco come quelli che si fanno per i denti, perché ancora non esistevano le maschere in serie, modelli differenti per forma e misura. Niente batteria di emergenza, se mancava la corrente si fermava tutto. Sembra preistoria, era il 1989!
Sono stati fatti passi da gigante anche per quanto riguarda la gestione degli episodi di infezione polmonare acuta. Ho già avuto modo su queste pagine di parlare della “macchina della tosse” e della sua enorme importanza come strumento salvavita. È nata alla fine degli Anni Quaranta dall’intuizione di Henry Seeler, un uomo che lavorava per l’aeronautica americana. Fu lui che ebbe l’idea di alternare la pressione positiva e negativa per insufflare aria nei polmoni dei militari che avevano subito una paralisi a causa dell’esposizione a gas nervini e armi chimiche. Costruì un apparecchio e lo collegò al motore di un aspirapolvere, artigianale ma efficace. Inventato per contrastare le conseguenze della guerra, il dispositivo si è evoluto in tempo di pace, un decennio dopo, per le persone con la poliomielite. I ricercatori riferirono che era una tecnica in grado di sostituire completamente la broncoscopia, ben più invasiva, per mantenere le vie aeree libere da secrezioni.
Anche la respirazione glossofaringea è nata per casi di emergenza, quando i ventilatori meccanici si guastavano e bisognava intervenire manualmente. Con questo sistema, descritto per la prima volta in quindici pazienti nel 1951, le persone potevano incamerare aria in modo autonomo e “resistere” per un po’ di tempo, in attesa che si potesse organizzare l’assistenza. Erano pionieri, sia i pazienti che quanti li circondavano, familiari e operatori sanitari. Quel che ci raccontano la dottoressa Chendi e il dottor Bianchi è l’evoluzione di questo excursus storico, un progresso felice quando la medicina segue il passo delle esigenze delle persone che devono curarsi ma hanno bisogno di farlo mantenendo una vita dignitosa, di qualità.

Quale zona copre il servizio di assistenza domiciliare per le persone con malattie neuromuscolari della UILDM di Varese? E da quanto tempo è attivo?
«Il servizio è attivo da oltre quarant’anni, cioè da quando il dottor Carlo Bianchi, fisiatra, si è dedicato alle persone con malattie neuromuscolari e in particolare ai problemi respiratori legati alla malattia. Dapprima avviato in modo semplice e volontaristico e con pochi casi, con il migliorare delle risorse economiche è diventato negli ultimi anni un servizio più strutturato con la collaborazione di professionisti. Affascinato da questa problematica il dottor Bianchi ha frequentato il dottor John Bach negli Stati Uniti, portando a casa un grande bagaglio di conoscenze scientifiche: l’uso della macchina della tosse per risolvere gli ingombri bronchiali da secrezioni, tanto rischiosi per episodi di insufficienza respiratoria acuta, e la tecnica della respirazione glossofaringea (GPB), per dare al malato una possibilità per aumentare la capacità ventilatoria, anche temporanea e da affiancare all’uso del ventilatore. Da un servizio prettamente respiratorio di monitoraggio dei parametri ventilatori, è diventato un servizio con supporto psicologico, aspetto divenuto sempre più importante e che non ha risposte sul territorio. Il servizio è svolto su tutto il territorio provinciale».

Quali e quanti professionisti volontari ne fanno parte? E quante persone prendete in carico?
«Oltre che dal dottor Bianchi, che è il responsabile del servizio a domicilio, l’équipe si compone di una fisioterapista respiratoria, di uno pneumologo, di tre psicologhe (di anno in anno abbiamo incrementato questo servizio) e di un’arteterapeuta come supporto educativo alle psicologhe. Nella tecnica GPB siamo aiutati da un fisioterapista respiratorio specializzato in essa. Tutti i professionisti non sono volontari ma assunti in libera professione, ad eccezione del dottor Bianchi e dello pneumologo. Il finanziamento è possibile tramite progettualità finalizzate con partecipazione a bandi e raccolte fondi territoriali. Seguiamo 53 malati, con visite e controlli in base alle esigenze loro e alle nostre disponibilità».

Rosalia Chendi

Rosalia Chendi, presidente della UILDM di Varese

Oltre all’aspetto respiratorio, seguite anche altri àmbiti della salute e della vita degli assistiti e delle loro famiglie? Penso, ad esempio, all’aspetto psicologico, alla vita quotidiana personale e sociale.
«Dell’équipe fanno parte tre psicologhe che supportano malati e famiglie con incontri a domicilio e anche telefonici, quando sono utili. Approfondiscono il tema della fatica della malattia e dell’assistenza, nonché della solitudine del malato grave e “raro”. È una criticità poco affrontata dalle Istituzioni sanitarie. Tantomeno a domicilio del malato grave, che resta in toto in carico alla famiglia».

Siete in collegamento anche con centri ospedalieri dove si effettuano normalmente i controlli di routine, controlli che comportano per i pazienti e per le famiglie spostamenti complessi. Quali esami diagnostici riuscite ad effettuare a domicilio, evitando il ricovero?
«Sì, è così. Tenuto conto, infatti, che i malati “rari” non trovano risposte negli ospedali territoriali, salvo che per le emergenze, abbiamo istituito una buona collaborazione con alcuni Centri clinici di riferimento per malati neuromuscolari. Abbiamo effettuato accordi scritti con i responsabili del Centro NEMO di Milano (NeuroMuscular Omnicentre) e del Don Gnocchi di Milano, con Villa Beretta di Costamasnaga (Lecco), con l’IRCCS La Nostra Famiglia di Bosisio Parini (Lecco). Una buona collaborazione è stata instaurata anche con i medici dell’Istituto Besta di Milano.
Per i malati in carico ai Centri clinici si instaura una presa in carico da parte della UILDM con controlli e monitoraggio dei parametri respiratori con il medico e la fisioterapista, verifica dell’uso del ventilatore e controllo della saturimetria, che è possibile fare al domicilio con strumentazione UILDM di registrazione notturna (saturimetro rilevatore e computer registratore). Diversamente dovrebbero procurarsi gli strumenti presso il Centro e riconsegnarli. I dati rilevati vengono trasferiti ai medici del Centro clinico del malato, in modo da segnalare eventuali rischi di episodi critici, anticipare controlli e avere indicazioni dal Centro e magari evitare qualche ricovero o perlomeno qualche strada aggiuntiva verso l’ospedale.
Nel trasferimento della strumentazione dal malato all’équipe e viceversa ci aiutano da qualche anno i volontari dell’Associazione Angeli in moto, per facilitarci il compito, che prima assolvevamo personalmente. Un grande aiuto.
In merito all’evenienza di eventuali ricoveri ospedalieri territoriali, per qualunque problema clinico intercorrente, la recente distribuzione a tutti i nostri assistiti della Emergency Card consente di portare a conoscenza dei sanitari ospedalieri di che cosa è la realtà del paziente distrofico/neuromuscolare verso il quale vanno poste delle attenzioni particolari sul piano diagnostico e terapeutico per specifiche patologie d’organo e apparati».

Investite anche nella formazione dei professionisti sanitari?
«Il dottor Bianchi ha seguito e segue allievi del Corso di Fisioterapia dell’Università degli Studi dell’Insubria di Varese, accompagnandoli per la tesi di laurea. Una tesi, dell’anno accademico 2022-2023, aveva per titolo Ruolo del fisioterapista respiratorio nella gestione domiciliare dei problemi respiratori di pazienti affetti da distrofia muscolare o malattie neuromuscolari geneticamente determinate. Una seconda tesi, dell’anno accademico in corso, 2023-2024, ha per titolo La respirazione glossofaringea: analisi dell’efficacia nel follow – up di lungo termine in pazienti affetti da Distrofia Muscolare di Duchenne/disordini neuromuscolari. E ancora, nel periodo autunnale del 2023 si sono tenuti due corsi di aggiornamento ECM per fisioterapisti e medici sulla tematica respiratoria nei malati neuromuscolari presso il Centro Riabilitativo AIAS di Busto Arsizio (Varese), con i seguenti argomenti: Il ruolo del fisioterapista respiratorio nella gestione domiciliare del “deficit respiratorio restrittivo” nei soggetti con patologia neuromuscolare. Modello organizzativo della UILDM sezione di Varese (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) e La respirazione glossofaringea: risorsa naturale per l’autonomia ventilatoria nel paziente con insufficienza respiratoria restrittiva. Il ruolo del fisioterapista respiratorio per l’apprendimento da parte del paziente».

Tra i vostri servizi vi è l’addestramento alla respirazione glossofaringea. Ci può spiegare questa tecnica e quali benefici comporta?
«Il dottor Bianchi si è dedicato da tempo all’addestramento dei malati alla tecnica della respirazione glossofaringea (GPB). I soci malati da lui reclutati lo incontrano, assieme al terapista specializzato, nella sede della nostra Sezione UILDM, per pomeriggi di addestramento alla tecnica. Nel 2023 e nel 2024 sono stati tenuti seminari di GPB nel corso delle Manifestazioni Nazionali UILDM a Lignano Sabbiadoro (Udine), con sessioni teoriche di conoscenza della tecnica e sessioni pratiche di addestramento alla tecnica a cui si sono sottoposti alcuni partecipanti affetti da distrofie muscolari/disordini neuromuscolari.
Il Fondo Paolo Signori rappresenta un prezioso contributo economico, destinato alla UILDM di Varese dalla signora Francesca Signori della Provincia di Lucca, per la divulgazione e l’apprendimento della respirazione glossofaringea in memoria del figlio che praticava con efficacia tale metodica, una volta valorizzata dal dottor Bianchi.
Si parla in sostanza di una risorsa naturale di sostegno all’insufficiente ventilazione da debolezza muscolare (deficit ventilatorio restrittivo), così come si riscontra nei pazienti affetti da distrofie muscolari/disordini neuromuscolari, che sfrutta movimenti simil-deglutitori della lingua, grazie ai quali vengono spinti significativi volumi di aria nei polmoni. L’efficacia è paragonabile, per diversi anni nel corso della vita di un soggetto, a quella dell’uso del Pallone Ambu per insufflare volumi di aria nei polmoni, consentendo di svolgere una vera e propria ginnastica di distensione toracica-polmonare e di potenziare la tosse, generalmente debole».

Foto di gruppo UILDM Varese, 2018

Una foto di gruppo della UILDM di Varese, scattata nel 2018

Anche l’assistenza alla tosse è un aspetto molto importante per le persone con malattie neuromuscolari, fondamentale per ridurre i ricoveri ospedalieri. Su questo fronte proponete un servizio dedicato?
«Non c’è un servizio dedicato negli ospedali generali, purtroppo. È presente soltanto in quelli che si dedicano a patologie neuromuscolari. Al contrario, il servizio domiciliare della nostra Sezione UILDM sopperisce a tale carenza grazie a medico fisiatra e fisioterapista respiratoria che addestrano, al domicilio, gli assistiti e i caregiver all’uso delle tecniche strumentali semplici (Pallone Ambu), manuali (spinte addominali/toraciche), all’uso della respirazione glossofaringea, modalità complementari all’utilizzo dell’altrettanto importante apparecchio della tosse. Non ci si stanca di sottolineare che la tosse non è solo un sintomo, ma anche una funzione da valorizzare. E come tale, essa dev’essere potenziata per prevenire o ridurre le complicanze respiratorie da ingombro di secrezioni bronchiali».

Dall’ascolto delle storie delle persone con disabilità, quali sono le maggiori criticità? Quali le esigenze più sentite?
Le problematiche sono molteplici, dall’aspetto legato alla malattia e all’evoluzione di essa, ai percorsi sanitari e burocratici, alle tematiche sociali. L’inclusione, o meglio l’esclusione, rimane il clou dei problemi, scuola e lavoro inclusi, anche se non riusciamo ad occuparci di questo. Solo riusciamo a dare le informazioni in nostro possesso, che ci arrivano dalla Direzione Nazionale UILDM, dal confronto con le altre Sezioni UILDM e con le altre Associazioni del territorio, che si occupano di disabilità. Con loro partecipiamo ai Tavoli tematici del territorio in àmbito sociale e sanitario. Negli ultimi incontri con le psicologhe è emerso un tema poco affrontato da tutti, quello del tempo libero del malato e anche del familiare, troppo preso dall’assistenza. È un tema che andrebbe affrontato insieme da Associazioni e Comuni, ma non è semplice».

E come servizio volontario, incontrate delle difficoltà? Pensate di allargare questo progetto?
Pensiamo sempre di allargare il progetto, ma tutto dipende dai fondi disponibili. I volontari sono preziosi, ma sempre carenti. Tutti i Consiglieri della nostra Sezione sono volontari, alcuni fanno anche gli autisti di pulmini attrezzati con elevatore per carrozzine per il trasporto dei malati per visite, esami e progetti. Stiamo facendo una campagna per acquisire nuovi autisti e poter dare loro il cambio, anche perché è necessario spesso averne due in contemporanea per ogni eventualità. Come attività di volontariato svolgiamo interventi in qualche scuola, per portare il tema della disabilità e del volontariato, tema pressoché sconosciuto ai giovani. Nella Scuola Olga Fiorini-ACOF di Busto Arsizio teniamo da anni il Progetto Diritto all’Eleganza, un’iniziativa della UILDM Nazionale, per coinvolgere gli allievi delle Scuola di Moda verso il tema della bellezza e della vestibilità per la persona con disabilità, le sue esigenze e i suoi desideri. Nella Scuola Gadda-Rosselli di Gallarate siamo riusciti a fare qualche incontro informativo e anche ad ottenere la collaborazione dei ragazzi ai banchetti Telethon, che UILDM tiene ogni anno per la raccolta fondi per le malattie genetiche e rare, ricordando che Telethon è nato in Italia nel 1990 proprio per volontà della UILDM. Con lo scopo di avvicinare i ragazzi è iniziata una collaborazione anche con gli scout del territorio, che vorremmo sviluppare».

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