La Corte Suprema del Giappone ha dichiarato incostituzionale la Legge sulla protezione eugenetica, in vigore dal 1948 al 1996, che ha portato alla sterilizzazione forzata di circa 25.000 persone, di cui 16.500 sottoposte alla procedura senza consenso. Con la stessa Sentenza la Corte Suprema ha ordinato al Governo di risarcire i danni alle undici vittime coinvolte in cinque casi discussi in Appello. Lo rende noto un articolo pubblicato nei giorni scorsi dalla «BBC», la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo nel Regno Unito.
La storica Sentenza della Corte nipponica pone fine a una lotta decennale per ottenere giustizia da parte delle vittime, che chiedevano un risarcimento e delle scuse [se ne legga già anche sulle nostre pagine a questo e a questo link, N.d.R.]. Dopo anni di cause legali, infatti, una Legge del 2019 ha finalmente concesso un risarcimento danni alle vittime sopravvissute, anche se alcune hanno continuato a lottare per ottenere un risarcimento più elevato.
In quattro dei casi portati in Tribunale, il Governo centrale aveva presentato ricorso contro gli ordini di risarcimento dei Tribunali di grado inferiore. Nel quinto caso, due ricorrenti avevano presentato ricorso contro il rigetto delle loro pretese espresso dal Tribunale di grado inferiore, facendo riferimento ai termini di prescrizione. Ma la Sentenza della Corte Suprema ha stabilito che il termine di prescrizione di vent’anni non può essere applicato alle richieste di risarcimento nei casi di sterilizzazione forzata. Infatti gli avvocati hanno evidenziato come alcune vittime, in particolare quelle che erano state sterilizzate a loro insaputa, fossero venute a conoscenza dell’operazione troppo tardi per rispettare i termini di prescrizione previsti dalla Legge.
Sebbene le autorità affermino che 8.500 persone abbiano liberamente acconsentito alle procedure di sterilizzazione, gli avvocati hanno sostenuto che esse sono state «di fatto costrette» a praticare l’intervento a causa della pressione sociale cui erano sottoposte in quel momento. Secondo un rapporto parlamentare pubblicato nel giugno dello scorso anno, diverse vittime avevano appena 9 anni.
Il maggior numero di sterilizzazioni forzate venne praticato negli Anni Sessanta e Settanta, durante il cosiddetto baby boom del dopoguerra. Molte delle persone sterilizzate forzatamente avevano disabilità fisiche e intellettive, problemi di salute mentale o malattie croniche come la lebbra. Le persone interessate da disabilità ereditarie si sottoposero agli interventi per evitare di avere figli considerati “inferiori” dallo Stato.
Secondo una nota governativa del 1953, queste pratiche potevano comportare la contenzione fisica, l’anestesia e persino “l’inganno”.
«Da questo momento, credo che il Governo debba prendere una svolta decisa e procedere a tutta velocità verso una risoluzione definitiva», ha affermato l’avvocato Yutaka Yoshiyama, che ha rappresentato due dei querelanti. Lo stesso ha osservato anche come il Giappone abbia finora «chiuso un occhio» sul «danno orribile» subito dalle vittime e dalle loro famiglie. La qual cosa ha comportato che molte delle vittime che avevano fatto causa al Governo siano morte senza ricevere i dovuti risarcimenti.
In base alla citata Legge del 2019, in seguito a una delle cause legali in materia di sterilizzazione forzata, le vittime sopravvissute possono ricevere ciascuna 3,2 milioni di yen (19.800 dollari). Secondo quanto riportato, circa 1.300 persone hanno fatto domanda per questo risarcimento e finora ne sono state assegnati 1.100. Tuttavia, per alcune vittime il risarcimento economico può avere solo una portata limitata.
«Quando l’ho scoperto, e ho capito che non avrei mai potuto essere madre… mi si è spezzato il cuore», ha dichiarato in un’intervista del 2021 Yumi Suzuki, nata con paralisi cerebrale e sterilizzata forzatamente quando aveva solo 12 anni. La sessantottenne è tra gli undici querelanti i cui casi sono stati portati in Tribunale. «Ho subito discriminazioni fin da quando ero piccola, ma questa è molto diversa. Mi ha spezzato il cuore», aggiunge. «Non voglio soldi. Voglio che la gente sappia cosa ci è successo. Per assicurarmi che non accada mai più. Voglio che le persone con disabilità siano trattate in modo equo. Non siamo cose. Siamo esseri umani», conclude.
Nel testo della BBC non è evidenziato che nella maggioranza dei casi le vittime di sterilizzazione forzata sono donne con disabilità. Ma poiché le diverse forme di coercizione riproduttiva prendono spesso di mira proprio il corpo delle donne, possiamo convenire che quando si tratta di questi temi sia importante tenere sempre ben presenti gli aspetti legati al genere. (Simona Lancioni)
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minime modifiche dovute al diverso contenitore, per gentile concessione. Suggeriamo inoltre di consultare, nel medesimo sito, anche il repertorio Donne con disabilità: sterilizzazione forzata e altre forme di coercizione riproduttiva.