Se si vuole parlare di SAISH a Roma (Servizio per l’autonomia e l’integrazione della persona disabile), bisogna farlo con le famiglie degli utenti perché la visione imposta da parte dei lavoratori e degli organismi deputati a fornire il servizio per conto del Comune è completamente scollata dalle realtà che vivono le famiglie stesse.
La richiesta del Servizio, dunque, si fa al proprio Municipio della Capitale che opera una valutazione sociosanitaria (Municipio e Distretto ASL) e assegna un budget mensile e quindi annuale all’utente. A quel punto si va in lista d’attesa che, al di là della Deliberazione della Giunta Capitolina 355/12 che ha istituito il Servizio SAISH, i Municipi distinguono in lista d’attesa per l’assistenza diretta e lista d’attesa per l’assistenza indiretta. Ciò viene giustificato da un principio ragionieristico che distingue quella diretta (ossia l’assistenza domiciliare attraverso le Cooperative) e la considera servizio, mentre quella indiretta (ossia il rimborso all’utente a fronte della rendicontazione dell’assunzione di un proprio operatore) quale contributo.
I Municipi offrono sempre all’utente di iniziare il servizio in forma diretta, per ragioni di velocità nel reperimento del budget relativo. Il passaggio poi dall’assistenza diretta a quella indiretta necessita di anni, proprio per il principio ragionieristico di cui si è detto, che abbisogna di un passaggio nell’esercizio finanziario del budget annuale da servizio a contributo e quindi di una precisa azione dell’Amministrazione.
Con questa formula irrispettosa della Deliberazione 355/12, dunque, secondo la quale l’assistenza domiciliare si basa invece sulla libera scelta dell’utente, da anni la situazione del SAISH è stata considerata appannaggio delle Cooperative Sociali, spostando il focus da “un servizio ai serviti” ad un “servizio ai servitori”. Al riguardo vanno ricordati diversi casi su Roma che pur in regime di SAISH diretta, non hanno il servizio da mesi perché le Cooperative possono scegliere gli utenti e al grido di «non si trovano operatori», lasciano scoperti casi molto complessi con familiari “combattenti”.
Come famiglie assistiamo continuamente alle rivendicazioni delle Cooperative e non ci opponiamo ad esse, ma va rilevato che dall’istituzione del servizio nel dicembre 2012 ad oggi, la forma indiretta del SAISH non ha mai visto un adeguamento di budget in funzione dell’aumento dei contributi INPS, che sono annuali, con una perdita per l’utente, sempre dal 2012 ad oggi, di un 17% sul proprio budget, ciò che significa necessariamente una diminuzione di ore di assistenza.
Va inoltre considerato che nel budget, per la formula del SAISH indiretto, non viene riconosciuto alcun costo di gestione (tenuta contabile buste paga; sostituzioni operatore per ferie e malattie; assicurazione obbligatoria del lavoratore), che invece viene garantito agli Enti Gestori/Cooperative Sociali, con un 13% sull’emolumento contrattuale dei lavoratori. Pertanto ad ogni rinnovo di contratto dei lavoratori, le Cooperative hanno beneficiato del corrispondente aumento del 13% per la gestione, mentre i cittadini che usufruiscono dell’assistenza indiretta hanno aggiunto di tasca propria i costi di gestione, sostenendo in dodici anni anche tutti gli aumenti contrattuali annuali per le colf/badanti.
Non abbiamo alcun interesse ad ostacolare le legittime richieste delle Cooperative ed è nostra ferma volontà difendere il servizio SAISH in ogni sua forma, perché ciò che difendiamo è il diritto di libera scelta del cittadino utente. Ma non si può prescindere dall’analisi dell’esistente, sottolineando la discriminazione continua verso i cittadini che scelgono la forma di SAISH indiretta, certificata anche dalla sperequazione che esiste nei costi sostenuti dal Comune di Roma per i due servizi (90 milioni per l’assistenza diretta, 25 per quella indiretta), che parlano da soli di dove sia l’urgenza dell’intervento. In ognuno dei due casi, assistenza diretta e assistenza indiretta, siamo di fronte alla difesa del diritto di scelta dell’utente e, al contempo, del diritto dei lavoratori, perché colf/badanti non sono da considerarsi “lavoratori di serie b”.
Per riportare quindi il focus della questione nella giusta visuale, 130 cittadini/cittadine fruitori del Servizio SAISH, residenti nei quindici Municipi di Roma, hanno inviato al Campidoglio [Comune di Roma Capitale] una lettera che però al momento sembra caduta nel vuoto.