Olga è una donna sulla quarantina che vive in un Paese dell’hinterland milanese. Ha una lieve disabilità intellettiva e vive in autonomia all’interno di un cohousing sociale, un luogo protetto, dove può godere dei propri spazi ed essere padrona della propria vita, ma potendo contare anche sul supporto di alcuni educatori per alcune attività.
Olga lavora in cucina in un servizio di ristorazione, quei grandi impianti che cucinano e sfornano pasti per aziende, ospedali, scuole.
Sono gli operatori che la seguono a notare alcuni cambiamenti nel suo comportamento e a intercettare il suo malessere. Un malessere che è la conseguenza degli abusi subiti sul posto di lavoro da parte di un suo superiore. L’uomo le aveva fatto credere di voler instaurare con lei una relazione affettiva, ma ben presto ha iniziato ad avanzare richieste di tipo sessuale con la minaccia di farle perdere il lavoro.
Per molto tempo Olga è stata combattuta tra i sentimenti che provava per questa persona e il malessere causato dalle sue richieste. È proprio in questa fase che gli educatori notano il suo disagio e, grazie al rapporto di fiducia costruito negli anni, vengono a conoscenza di questa dolorosa storia.
Gli educatori stessi si fanno carico di questa vicenda e supportano Olga in tutte le difficili decisioni che la donna prende a partire da quel momento. Per prima cosa Olga decide di troncare il rapporto personale con l’uomo che abusa di lei, successivamente si rivolge al nostro Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi [della LEDHA, N.d.R.].
A questo punto si tratta di decidere se e in che modo denunciare il maltrattante. Grazie alle legali del Centro, Olga entra in contatto con un avvocato penalista che, assieme a una collega donna, la supporta nella scrittura di una denuncia che viene formalizzata davanti alle forze dell’ordine: in caserma, Olga è stata ascoltata da un’agente donna in un ambiente protetto.
Nella sua drammaticità, la storia di Olga rappresenta un esempio virtuoso dei comportamenti che devono essere messi in atto di fronte a un possibile episodio di violenza ai danni di una donna con disabilità. Gli educatori hanno saputo osservare e ascoltare. Hanno colto il malessere di Olga senza sottovalutarlo né sminuirlo e sono stati in grado di individuare il percorso migliore da seguire per tutelarla dal punto di vista legale senza mai lasciarla sola.
Soprattutto Olga è riuscita a mantenere il suo lavoro e l’uomo è stato allontanato.
Recentemente, come abbiamo segnalato anche sulle nostre pagine, la LEDHA ha lanciato la campagna di sensibilizzazione denominata Voci invisibili, per denunciare la condizione di discriminazione multipla di cui sono vittime quotidianamente le donne con disabilità. Se ne legga a questo link.