Violenza di genere: la disabilità nel rapporto inviato al GREVIO dal Governo

Il Governo italiano ha inviato al GREVIO, il Gruppo di controllo indipendente che monitora l’attuazione della Convenzione di Istanbul in tema di violenza di genere, il proprio Rapporto sulle azioni intraprese dal nostro Paese in questo àmbito. Sebbene la situazione delle donne con disabilità vi sia richiamata in molti passaggi, su diverse aree d’interesse il Rapporto rimanda ad un documento non ancora reso pubblico del Gruppo di Lavoro sul tema della violenza contro le donne con disabilità, costituitosi all’interno dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità

Amedeo Modigliani, “Ritratto di Dédie”, 1918 (particolare)

Amedeo Modigliani, “Ritratto di Dédie”, 1918 (particolare)

Avendo ratificato con la Legge 77/13 la Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica del 2011), l’Italia si è impegnata a inviare dei rapporti periodici sull’attuazione di essa al GREVIO, il Gruppo di esperti/e indipendenti preposto al monitoraggio della stessa.
Oltre ai rapporti dei vari Stati, il GREVIO riceve anche i cosiddetti “rapporti ombra” (a questo link, in inglese, vi è quello recentemente reso pubblico dal FID, il Forum Italiano sulla Disabilità), attraverso i quali diversi soggetti della società civile possono autonomamente notificare le proprie osservazioni sul tema considerato. Quindi il GREVIO, esaminata la documentazione, ed effettuate ulteriori verifiche, produce a propria volta dei rapporti di valutazione nei quali indica allo Stato gli interventi che devono essere attuati per l’implementazione della Convenzione stessa.

Ebbene, il 1° luglio scorso il nostro Paese ha provveduto ad inviare al GREVIO il Rapporto governativo (disponibile in inglese a questo link). Ovviamente il Rapporto tratta i temi della violenza di genere e di quella domestica da molti punti di vista, ma in questo approfondimento la nostra attenzione sarà centrata sugli aspetti che riguardano in modo specifico le donne con disabilità.
Tuttavia, prima di procedere in tal senso, è utile ricordare che il primo, e per ora unico, Rapporto di valutazione sull’Italia prodotto dal GREVIO nel 2020, conteneva molti ammonimenti in merito alla mancanza di misure specifiche per le donne con disabilità, e per altre donne esposte a discriminazione intersezionale (solo a titolo esemplificativo riportiamo in una nota in calce quelle contenute nel punto 27 del Rapporto del 2020, e, per un’analisi più dettagliata, rimandiamo al seguente approfondimento).

Nel Rapporto governativo la situazione delle donne con disabilità vittime di violenza è richiamata in molti passaggi, sia con considerazioni “più strutturate”, sia con riferimenti all’interno di considerazioni più generali. Per ragioni di sintesi ci soffermeremo solo su quelle che sembrano maggiormente rilevanti nel delineare le iniziative mirate a questo specifico target.
Un primo passaggio rilevante è espresso nel capitolo sulle Politiche globali e coordinate (Articolo 7 della Convenzione di Istanbul). In particolare il Ministero per le Disabilità segnala che, a seguito della riunione dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità tenutasi il 25 novembre 2023, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, è stato costituito uno specifico Gruppo di Lavoro sul tema della violenza contro le donne con disabilità. «Obiettivo del Gruppo di Lavoro è quello di offrire contributi sulla tematica specifica della violenza contro le donne con disabilità anche per metterli a disposizione dell’Osservatorio sul fenomeno della violenza contro le donne e della violenza domestica affinché possano costituire elementi utili per gli atti che verranno prodotti, e nella prospettiva di avviare una collaborazione sinergica tra i due Osservatori. Le principali linee di intervento del Gruppo di Lavoro sono: 1. accessibilità della comunicazione e dell’informazione; 2. standard minimi dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio; 3. Linee guida sulla violenza di genere, con particolare riguardo alla formazione degli operatori» (pagina 19, grassetti nostri in questa e nelle successive citazioni testuali).
Nel Rapporto governativo è scritto che l’attività del Gruppo di Lavoro era ancora in corso, e si sarebbe conclusa nel mese di luglio (mentre scriviamo in realtà si è già conclusa), con l’elaborazione di un documento che dovrebbe contenere la sintesi delle proposte emerse, discusse e condivise dal Gruppo stesso.
La costituzione del Gruppo di Lavoro è citata anche nel capitolo in tema di Istruzione (Articolo 14 della Convenzione di Istanbul), dove si segnala che il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha partecipato ai lavori del Gruppo attraverso la Direzione Generale per gli Studenti, l’Inclusione e l’Orientamento Scolastico (pagina 35).
Nella sostanza, con questa indicazione il Ministero per le Disabilità non esplicita i contenuti specifici del documento, né indica le misure elaborate all’interno delle tre macroaree considerate. E se da un lato possiamo fare delle considerazioni di metodo – è apprezzabile che diverse donne con disabilità siano state coinvolte nel Gruppo di Lavoro –, da un altro lato il Rapporto governativo non consente di valutare se le raccomandazioni espresse dal GREVIO nel 2020 siano state recepite o meno (ed eventualmente in che modo), visto che il citato documento non è al momento disponibile, né viene specificato quando verrà reso pubblico.

Un altro passaggio interessante riguarda il tema della Raccolta e ricerca dei dati (Articolo 11 della Convenzione di Istanbul). In particolare viene richiamata la Legge 53/22 recante Disposizioni in materia di statistiche sulla violenza di genere che, lo ricordiamo, non prevede che i dati raccolti nelle indagini triennali in tema di violenza di genere commissionate all’ISTAT siano disaggregati anche per la disabilità della vittima, né che vengano rilevate informazioni sull’accessibilità dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio; tuttavia la norma (articolo 2, comma 2) prevede che qualora vengano ravvisate nuove esigenze informative per una migliore comprensione e analisi del fenomeno e per l’individuazione di più efficaci misure per il contrasto della violenza contro le donne, il Ministro con Delega per le Pari Opportunità possa proporre delle integrazioni.
Fatta questa premessa, nel Rapporto governativo è spiegato che per quanto riguarda il rapporto aggressore-vittima, l’elenco dell’insieme minimo delle variabili che devono essere previste nelle indagini ISTAT è il seguente: 1. coniuge/convivente; 2. fidanzato; 3. ex coniuge/ex partner; 4. ex fidanzato; 5. altro parente; 6. collega/datore di lavoro; 7. conoscente/amico; 8. cliente; 9. vicino; 10. compagno di scuola; 11. insegnante o persona che svolge attività assistenziale e/o affidataria; 12. medico o operatore sanitario; 13. persona sconosciuta alla vittima; 14. altro; 15. autore non identificato. Questa informazione è commentata nel seguente modo: «Ciò significa che sono state gettate le basi giuridiche affinché, nell’àmbito del rapporto aggressore-vittima, [la violenza non] possa verificarsi anche in futuro quando questo rapporto si inserisce in una relazione di vero e proprio caregiving con una donna con disabilità, soprattutto in caso di convivenza» (pagina 25).
Si può concordare sul fatto che indagare il rapporto aggressore-vittima sia un aspetto fondamentale, ma preoccupa la circostanza che non si faccia riferimento all’introduzione nel sistema di rilevazione dell’ISTAT di un dettaglio che preveda di rilevare la disabilità della vittima di reato in modo disaggregato già in fase di inserimento dei dati. Nella sostanza si tratterebbe di fare ciò che il Servizio Analisi Criminale della Direzione Centrale della Polizia Criminale ha già iniziato a fare in modo encomiabile, avendo apportato una modifica alla Banca dati SDI (Sistema di Indagine) che consente proprio tale rilevazione (se ne legga anche su queste stesse pagine). Auspichiamo caldamente che nel documento del Gruppo di Lavoro sul tema della violenza contro le donne con disabilità questa indicazione sia stata inserita, sarebbe molto grave se così non fosse.

Nel capitolo dedicato ai Servizi di supporto generali (Articolo 20 della Convenzione di Istanbul) è evidenziata l’importanza della formazione dei professionisti e delle professioniste della Rete antiviolenza, e tuttavia i dati dell’indagine ISTAT denominata Il sistema di protezione delle donne vittime di violenza mostrano che nel corso del 2021 solo il 30,9% dei Centri antiviolenza aveva svolto un percorso di formazione/aggiornamento sull’accoglienza delle donne con disabilità, mentre non risultavano corsi a cura delle Case rifugio. Quindi è specificato che i criteri di autorizzazione all’esercizio e di accreditamento dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio seguono la normativa regionale, fermo restando che le Regioni hanno competenza legislativa esclusiva in materia sociale.
E tuttavia, nel Decreto Legislativo 222/23 (in vigore dal 13 gennaio 2024) è stato stabilito che «le Pubbliche Amministrazioni erogatrici di servizi e le concessionarie di pubblici servizi (quali sono i Centri antiviolenza e le Case rifugio) sono tenute ad indicare nella carta dei servizi i livelli di qualità del servizio erogato in relazione all’effettiva accessibilità dei servizi per le persone con disabilità, evidenziando le disposizioni della normativa vigente nello specifico settore di riferimento, indicando in modo chiaro e accessibile per le diverse disabilità i diritti, anche di carattere risarcitorio, che gli utenti possono vantare nei confronti dei gestori del servizio e dell’infrastruttura e le modalità in cui far valere gli stessi, anche tramite gli organi o le autorità di vigilanza preposti».
Per “accessibilità”, viene spiegato ancora nel Rapporto governativo, si intende, tra l’altro, «l’accesso e la fruibilità, su base di uguaglianza con gli altri, dell’ambiente fisico, dei servizi pubblici, compresi i servizi elettronici e di emergenza, dell’informazione e della comunicazione, compresi i sistemi informativi e le tecnologie dell’informazione in Braille e in formati facilmente leggibili e comprensibili, anche attraverso l’adozione di misure o meccanismi di assistenza specifici per la disabilità o soluzioni ragionevoli».
A ciò si aggiunga che anche il Piano Strategico Nazionale sulla violenza maschile sulle donne 2021-2023 prevede tra le proprie Priorità (Priorità 2.4) il «potenziamento del numero verde nazionale antiviolenza 1522, attivo 24 ore su 24, attraverso l’implementazione della collaborazione tra 1522, Centri antiviolenza, Case rifugio, Reti territoriali, Forze dell’Ordine e sistema giudiziario», con «campagne di comunicazione mirate e specifiche per il 1522, ad esempio per: donne migranti regolari e irregolari, donne con disabilità, donne anziane, giovani, uomini, sulla violenza economica, sulla violenza informatica» (pagine 59-60 del Rapporto governativo).

Nel capitolo sui Servizi di supporto generali è trattato anche il tema della sterilizzazione forzata e degli aborti forzati, che sono reati previsti dalla Convenzione di Istanbul a cui sono particolarmente esposte le donne con disabilità, soprattutto se con disabilità psicosociale e istituzionalizzate (se ne legga a questo link). A tal proposito sono citati alcuni dati raccolti dall’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, che, tra le altre cose, evidenziano come tali pratiche siano correlate al tema dell’accesso alla giustizia, poiché tali donne sono spesso private della loro capacità giuridica (in quanto sottoposte a istituti di tutela), e i servizi di sostegno non sono accessibili per loro.

Nel Rapporto governativo è evidenziato che sebbene le Linee guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza (adottate con il Decreto del Presidente del Consiglio del 24 novembre 2017) affrontino il tema del “personale di supporto” per ben sei volte, e l’argomento sia stato approfondito anche in altre occasioni, uno studio sull’applicazione delle Linee guida nazionali ha mostrato che solo il 39% delle strutture sanitarie disponeva di tale personale di supporto per le donne con disabilità.
In merito a tali questioni, nel Rapporto governativo è evidenziato che la recente istituzione dell’Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità (Decreto Legislativo 20/24) potrebbe essere d’aiuto nel contrastare questo tipo di discriminazione (pagine 60-61).
Il tema delle “figure di supporto”, con riferimento ai servizi sanitari, è ripreso anche nel capitolo sui Servizi di supporto specializzati (Articolo 22 della Convenzione di Istanbul, pagina 63 del Rapporto governativo).
Senza nulla togliere alla figura del Garante, a parere di chi scrive ciò rende ancora più urgente la riforma degli istituti di tutela che il Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità chiese al nostro Paese già nel 2016 (Osservazioni Conclusive al primo rapporto dell’Italia sull’applicazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, punto 28). In particolare il Comitato ONU espresse preoccupazione «per la mancanza di dati sui trattamenti somministrati senza il consenso libero e informato della persona, compresa la sterilizzazione» (punto 63), e raccomandò «l’abrogazione di tutte le leggi che permettono di somministrare trattamenti medici, compresa la sterilizzazione, autorizzati da terzi (tutori, genitori) senza il consenso libero e informato della persona, e di fornire in merito formazione di alta qualità al personale sanitario» (punto 64).
Sarebbe molto importante che nel documento del Gruppo di Lavoro sul tema della violenza contro le donne con disabilità fosse considerato anche questo aspetto.

In conclusione evidenziamo due importanti argomenti che non sono stati trattati nel Rapporto governativo. Il primo è quello dei criteri di esclusione dall’accoglienza delle ospiti adottati dal 92,2% dalle Case rifugio, che costituisce una forma di discriminazione diretta ai danni di diversi gruppi di donne esposte a marginalizzazione sociale, tra le quali anche quelle con disabilità psichiatriche (dato del 2022; fonte: rapporto ISTAT Le Case rifugio e le strutture residenziali non specializzate per le vittime di violenza – Anno 2022 del 19 aprile 2024; un’analisi dello stesso è disponibile a questo link).
In secondo luogo segnaliamo che in tema di Valutazione e gestione dei rischi (Articolo 51 della Convenzione di Istanbul, che nel Rapporto governativo è trattato a pagina 74) è opportuno promuovere la conoscenza e l’uso dei nuovi strumenti di valutazione del rischio di recidiva della violenza disponibili dallo scorso aprile, e aggiornati in prospettiva intersezionale (se ne legga anche su queste stesse pagine), perché quelli precedenti (e ancora in uso) hanno esposto (e continuano ad esporre) le donne con disabilità a una sistematica sottovalutazione e sottostima del rischio che la violenza nei loro confronti possa ripetersi, arrecando anche, nei casi più gravi, danni irreversibili o letali.

Nota: Nel Rapporto di valutazione sull’Italia del 2020 il GREVIO incoraggia vivamente le autorità italiane a rafforzare le misure per prevenire e combattere la violenza che colpisce le donne che sono o potrebbero essere esposte alla discriminazione intersezionale (e, tra le altre, cita espressamente le donne con disabilità); a integrare la prospettiva di tali donne nella progettazione, attuazione, monitoraggio e valutazione delle politiche di prevenzione e lotta alla violenza contro le donne, sostenendo, finanziando e cooperando strettamente con le ONG femminili che le rappresentano; a integrare le questioni di genere e la prevenzione della violenza di genere nelle attività dell’organismo nazionale incaricato di combattere la discriminazione e nei programmi adattati alle esigenze specifiche di queste donne, anche mediante lo sviluppo di programmi mirati volti a raggiungerle in modo proattivo; ad accrescere la consapevolezza delle vittime in merito ai loro diritti e al diritto di accesso ai servizi di protezione e di supporto; a sviluppare e migliorare l’accessibilità dei servizi di protezione e di sostegno; a sostenere la ricerca e aggiungere indicatori specifici nella raccolta dei dati relativi alla violenza contro le donne che si riferiscano a donne e ragazze che sono o potrebbero essere esposte alla discriminazione intersezionale; ad assicurare l’effettiva applicazione dell’obbligo di dovuta diligenza per prevenire, indagare, punire e provvedere al risarcimento adeguato delle vittime (punto 27).

Ringraziamo Silvia Cutrera per la segnalazione.

Responsabile di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), nel cui sito il presente approfondimento è già apparso. Viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, insieme allimmagine utilizzata, per gentile concessione.

Per approfondire ulteriormente i temi trattati nel presente approfondimento, si può fare riferimento, nel sito del Centro Informare un’h, al Dossier – Convenzione di Istanbul e donne con disabilità – 2018-2024 e alle Sezioni su La violenza nei confronti delle donne con disabilità e su Donne con disabilità.

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