Con la recente Sentenza 7089/24 [se ne legga già sulle nostre pagine, N.d.R.], il Consiglio di Stato si è pronunciato su un caso di presunta violazione del diritto all’inclusione scolastica di uno studente con disabilità, concludendo che «il diritto all’inclusione scolastica, pur essendo fondamentale, non è assoluto». In pratica, i giudici di Palazzo Spada motivano tale loro decisione richiamando direttamente il concetto di “accomodamento ragionevole”, sancito dall’articolo 3 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Tale principio, infatti, a loro modo di vedere implica che gli Stati, pur dovendo garantire il diritto all’inclusione, non sono tenuti a sostenere oneri sproporzionati, considerando dunque eccessivi quelli relativi all’assistenza all’autonomia e alla comunicazione degli alunni/alunne con disabilità.
La controversia era nata dalla decisione di un Comune di ridurre le ore di assistenza scolastica – in particolare quelle destinate all’autonomia e alla comunicazione – assegnate ad uno studente per l’anno scolastico 2022/2023, rispetto a quanto previsto nel PEI (Piano Educativo Individualizzato) e richiesto dalla scuola.
Pur rispettando l’autorevole parere dei magistrati di Palazzo Spada, non mi sento di condividere questa Sentenza, in quanto non ritengo giusto che i costi vengano anteposti ai diritti. Infatti, un Paese che dà priorità al contenimento della spesa rispetto ai diritti fondamentali dell’uomo, qual è ovviamente quello all’inclusione scolastica, è un Paese “malato”, che dimentica colpevolmente la Sentenza “spartiacque” della Corte Costituzionale 275/16, la quale ha stabilito in modo inequivocabile che «sono i diritti incomprimibili della persona ad incidere sull’equilibrio di bilancio e non quest’ultimo a condizionare la loro doverosa erogazione».
A parere di chi scrive, dunque, questa Sentenza del Consiglio di Stato rappresenta una brusca battuta d’arresto e rischia di far pericolosamente indietreggiare il processo d’inclusione scolastica dei nostri studenti e studentesse con disabilità, dimostrando una volta di più che, al di là di buone leggi inclusive solo “sulla carta”, in Italia è necessario ancora un cambio di paradigma, in modo che gli alunni e le alunne con disabilità siano considerati come persone uguali nella scuola e non un peso o qualcuno che drena risorse del Bilancio dello Stato.
Pertanto, anche in vista dell’imminente attuazione del Decreto Legislativo 62/24 sul progetto di vita, applicativo della Legge Delega 227/21 in materia di disabilità, e dell’ormai indifferibile emanazione dei Decreti Applicativi del Decreto Legislativo 66/17 sull’inclusione scolastica, l’auspicio è che la classe dirigente italiana si riappropri finalmente del primato della politica rispetto a quello dell’economia, rimettendo al centro della scena le persone e gli allievi con disabilità con i loro diritti fondamentali, in quanto un Paese civile è soltanto quello che riesce a rendere i cittadini più deboli “protagonisti” della collettività. Solo così facendo, infatti, riusciremo, anche in Italia, a far realizzare a tutti gli studenti e le studentesse con disabilità un progetto di vita realmente indipendente, a riconoscere effettivamente i loro sacrosanti diritti all’inclusione, all’autodeterminazione e alla cittadinanza attiva, ma, soprattutto, ad assicurare a tutti e a ciascun alunno, ora e sempre, la dignità di essere umano a trecentosessanta gradi, indipendentemente dalle loro abilità.