30.000 chilometri nelle Americhe per sensibilizzare sulla disabilità

30.000 chilometri attraverso le Americhe: è il viaggio del trentanovenne spagnolo José Antonio Martín García, cui è stata diagnosticata una paralisi cerebrale fin dalla nascita, che per 5 mesi e con i risparmi accumulati in 11 anni di lavoro, sta viaggiando attraverso 15 Paesi lungo la costa orientale degli Stati Uniti, l’America Centrale e il Sud America, visitando destinazioni iconiche come Cancun, le piramidi azteche e inca e le cascate di Iguazu. «Uno dei miei obiettivi – dice – è dimostrare che la disabilità non è un impedimento a vivere grandi avventure». Andiamo a conoscerlo

José Antonio Martín García in viaggio nelle Americhe

José Antonio Martín García durante una delle tappe del suo viaggio nelle Americhe

30.000 chilometri attraverso le Americhe, questa è l’impresa di José Antonio Martín García, 39 anni, ingegnere informatico di Granada, Spagna. José Antonio, cui è stata diagnosticata una paralisi cerebrale fin dalla nascita, per cinque mesi e con i risparmi accumulati in undici anni di lavoro, sta viaggiando attraverso quindici Paesi lungo la costa orientale degli Stati Uniti, l’America Centrale e il Sud America, visitando destinazioni iconiche come Cancun, le piramidi azteche e inca e le cascate di Iguazu (sul suo profilo Instagram il resoconto del viaggio).
«Uno dei miei obiettivi – dice – è ispirare gli altri e dimostrare che la disabilità non è un impedimento a vivere grandi avventure. Sapevo che una delle maggiori sfide di questo viaggio sarebbe stata l’accessibilità e ho preparato una lunga lista di prodotti e strumenti che mi sarebbero serviti durante il viaggio rivolgendomi al sito di e-commerce, Temu, per acquistare gli articoli essenziali, per ottimizzare il budget e sfruttare al meglio i miei risparmi». Poi José ha creato un piano dettagliato, che comprende il noleggio di un’auto, l’alloggio e tutto ciò che è stato adattato alle sue esigenze.

Cominciamo con la sua storia personale.
«Sono sempre stato un bambino felice e mi sono sempre sentito incluso nella mia cerchia di amici e familiari. Sono il più giovane di quattro fratelli e siamo cresciuti in una tipica famiglia spagnola tradizionale».

Com’è stato il suo percorso scolastico?
«Per i miei genitori è stato molto difficile trovare una scuola per me: negli Anni Novanta c’erano poche scuole accessibili a Granada. Per tre anni ho dovuto frequentare una scuola in cui gli studenti avevano disabilità mentali o cognitive. La mia insegnante, Mari Carmen, mi ha insegnato tutte le materie con grande impegno, mentre i miei compagni, a causa delle loro limitazioni, facevano solo attività con materiali come l’argilla o il legno. Senza la dedizione della mia insegnante, sono sicuro che ora la mia storia sarebbe diversa. Il preside parlò con i miei genitori dicendo che dovevo andare in una scuola normale perché ero molto intelligente… E così fu, andai in una scuola normale, mi adattai e mi sentii incluso. Giocavo a calcio e partecipavo a tutte le attività che un bambino è normale che faccia».

Si è laureato in ingegneria.
«Ho iniziato gli studi in Ingegneria Informatica presso la Scuola Tecnica Superiore di Ingegneria Informatica e Telecomunicazioni di Granada e mi sono laureato nel 2011. Nel frattempo, ho svolto uno stage presso l’ormai defunta Caja Granada. Purtroppo, quando la cassa di risparmio è crollata, il team informatico è stato sciolto. Il mio progetto di fare una lunga carriera alla Caja Granada (come mio padre) è stato interrotto. Invece di accontentarmi dei miseri stipendi che le società di consulenza informatica pagavano all’epoca (2011-2012), decisi di fare il salto e di trasferirmi a Berlino per costruire una buona carriera come sviluppatore di software. Ho intrapreso un’avventura senza lavoro e gli inizi non sono stati affatto facili. Il mio primo lavoro è stato uno stage di 40 ore settimanali per 500 euro in un’azienda che lasciava molto a desiderare, e in quei primi mesi ho prosciugato un bel po’ dei miei risparmi. In seguito, ho gradualmente scalato e migliorato la mia posizione personale e professionale in Germania».

Qual è la situazione delle persone con disabilità in Spagna?
«La Spagna è un Paese molto aperto e tollerante. Come ho già detto, negli Anni Novanta l’accessibilità era piuttosto problematica, ma nel corso degli anni le città si sono adattate alle persone con ridotta mobilità».

Quando le è venuta l’idea di intraprendere un lungo viaggio che la porterà a visitare 15 Paesi in 5 mesi?
«Ho vissuto in Germania per molti anni e nel 2022 ho deciso di tornare nel mio Paese. Il viaggio era una cosa che avevo preso in considerazione, ma non ero sicuro di quando sarei stato in grado di realizzarlo. L’azienda per cui lavoravo (Amazon Spagna) decise di porre fine alla politica di smart working, imponendo a tutti i dipendenti di tornare in ufficio. Hanno cercato di costringermi a trasferirmi a Madrid e quello è stato il momento di decidere. Dopo quasi sette anni di lavoro, ho presentato le mie dimissioni l’8 gennaio 2024».

Perché l’America Latina?
«Durante i dieci anni in cui ho vissuto all’estero, ho provato molta nostalgia per la Spagna, che mi ha portato a leggere molti libri e articoli sul “Secolo d’Oro” spagnolo (XVI e XVII secolo). Per anni ho immaginato e fantasticato di visitare tutti i territori dell’ex Impero spagnolo, e finalmente ho trovato il momento perfetto per farlo».

Qual è l’itinerario?
«Percorrerò più di 30.000 chilometri. Gli Stati che attraverserò sono Florida, Texas, Messico, Guatemala, El Salvador, Honduras, Nicaragua, Costarica, Panama, Colombia, Ecuador, Perù, Bolivia, Cile, Argentina, Paraguay e Uruguay. Non ho giorni prestabiliti o un itinerario rigido. Se voglio rimanere in un posto per più giorni, lo faccio».

Quali mezzi utilizzerà?
«Per il viaggio sto utilizzando i risparmi di undici anni di lavoro. Inoltre, ho deciso di acquistare un’auto negli Stati Uniti, che intendo vendere in Argentina, la mia destinazione finale».

Lo fa da solo?
«Sto facendo il viaggio da solo. Per alcuni giorni sono stato accompagnato da un amico conosciuto in Germania, ma sto pianificando e sperimentando il viaggio da solo. Se c’è un posto dove voglio rimanere più a lungo, lo faccio».

Il suo viaggio serve a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla condizione delle persone con disabilità?
«Fin da bambino, grazie soprattutto all’educazione, all’amore e al sostegno che ho ricevuto dalla mia famiglia e dalle persone a me più vicine, ho dimostrato che non ci sono limiti al raggiungimento dei miei sogni e dei miei obiettivi. Questo viaggio è molto importante per dimostrare alle persone con disabilità o limitazioni che possono realizzare ciò che si prefiggono. Voglio incoraggiare le persone con disabilità a essere ambiziose, a lottare per una vita migliore, a esplorare il mondo e a rendersi conto delle molte possibilità a loro disposizione se smettono di pensare “non posso” e iniziano a pensare “come posso trovare un modo per farlo?”».

Il presente servizio è già apparso in “La forza dei fragili”, blog di «Oggi», con il titolo “José Antonio Martín García: «30 mila chilometri in America per sensibilizzare sulla disabilità»”. Viene qui ripreso, con diverso titolo e minimi riadattamenti dovuti al differente contenitore, per gentile concessione.

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