Ci sono tanti e diversi buoni motivi per parlare oggi del ruolo e della funzione degli insegnanti di sostegno nella scuola italiana. Si tratta del pilastro che sorregge l’esperienza, tutta italiana, dell’inclusione dei bambini e dei ragazzi con disabilità nella scuola. Una professione di successo, almeno dal punto di vista quantitativo, dal momento che i numeri crescono di anno in anno; che però non gode di una particolare considerazione sociale e di cui è facile parlare dei problemi piuttosto che dei meriti.
Abitare le differenze (Edizioni Conoscenza, 2024) è il titolo del libro di Mario Paolini – pedagogista, formatore e docente di didattica per la formazione degli insegnanti di sostegno – che prova a invertire questa tendenza, cercando di fare luce sulle “responsabilità e passioni del fare sostegno”, come recita il sottotitolo del volume.
Agile e di facile lettura, questo libro si occupa delle principali questioni che un insegnante di sostegno deve affrontare nel corso del suo lavoro: l’accoglienza l’identità, il significato dell’inclusione, il tempo dell’ascolto, la visione della relazione di aiuto, l’autodeterminazione, l’affettività e la sessualità e in generale il senso del lavoro educativo.
Non si tratta di un manuale né di un foglietto di istruzioni o di un semplice mansionario. Agli insegnanti, di sostegno e non, così come a tutte le persone che hanno a cuore l’inclusione scolastica, viene offerta un’opportunità di analisi, studio e riflessione su come gli insegnanti di sostegno possano interpretare il loro impegno e il loro lavoro.
Una visione che non nasconde certo le difficoltà: note e meno note. Una proposta che offre anche la possibilità di pensare e vivere il sostegno all’inclusione scolastica come ad una bella opportunità e ad una grande sfida.
«L’obiettivo principale di questo scritto è di fornire ai lettori qualche elemento di “scomodità” per riflettere – si legge nell’introduzione -. Piccoli input per imparare ad amare una professione complessa e a volte difficile ma allo stesso tempo profondamente restitutiva; per guardarsi intorno e trovare un proprio modo per entrare con curiosità e disponibilità nell’incontro con l’inatteso, nella relazione tra differenti: senza pietismo e senza certezze, condividendo le cose che funzionano oltre a quelle che non vanno bene, i successi prima e più degli insuccessi».
Direttore della LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità). Il presente contributo è già apparso in “Persone con disabilità.it” e viene qui ripreso – con minime modifiche dovute al diverso contenitore – per gentile concessione.
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