Ancora una volta – e purtroppo, temo, non sarà l’ultima – è successo che una famiglia si sia sterminata dal suo interno perché non vedeva un futuro accettabile. È successo in Piemonte, in Italia, nell’anno 2024, non chissà dove o chissà quando, in un Paese incivile che stermina i più deboli e bisognosi, come tante volte si sono visti nella storia [di tale vicenda si legga già anche sulle nostre pagine, N.d.R.].
Qual è il pensiero, la percezione, la valutazione che ha portato un genitore a pensare che non aveva scampo alcuno, perché non aveva sostegno alcuno al suo disagio, che è pura sofferenza? Perché un genitore che non trova nelle Istituzioni la necessaria attenzione e risposta ai suoi bisogni – che non sono mai fisime – diventa un genitore pronto a tutto.
Esistono Leggi dello Stato e delle Regioni che impongono un modello con la persona e i suoi bisogni al centro del progetto di vita e l’obbligo di perseguirlo… ma solo se ci sono le risorse e, guarda caso, le priorità sono sempre altre.
Un esempio? Accordo di marzo 2024 tra Regione Piemonte, operatori e rappresentanti delle famiglie del settore Servizi alla Persona, per adeguare le risorse e mantenere un livello sufficiente di qualità del servizio. Risultato: quanto stabilito vale solo per alcuni servizi residenziali per persone con disabilità – non per tutti – e soprattutto non per i Centri Diurni, che sono le prime opportunità a supporto della famiglia.
E dunque, se le persone con disabilità sono sacrificabili alle esigenze di bilancio, cosa può pensare un genitore per il “dopo di lui”?
Certo, la condizione migliore sarebbe la continuità al proprio domicilio, ma la necessità di sostegni ad personam (perché di questo si tratta) è polverizzata sul territorio e nella varietà di bisogni: chi mai sarebbe in grado di sostenerla sia economicamente, sia organizzativamente? Le famiglie no di certo, se non continuando a vivere agli arresti domiciliari, fino a che resistono.
Ma se ci fosse una valida proposta di servizi adatti ai vari bisogni e con le risorse sufficienti a garantire una qualità della vita delle persone con disabilità, forse alcune paure si scioglierebbero e le famiglie non sarebbero così stressate.
E quindi? Quindi richiamiamo gli amministratori, sia a livello centrale, sia periferico, all’assunzione delle responsabilità che competono loro per il raggiungimento del benessere dei cittadini, tutti, compito a cui, ai diversi livelli di competenza, sono stati chiamati. E non a caso è bene usare il termine responsabilità, perché ciascuno deve essere ben conscio che le proprie azioni implicano risultati e nessuno si può chiamare fuori dal perimetro del rispetto delle normative e della scelta delle priorità.
E riguardo alle risorse, dispiace, ma non siamo per niente convinti che siano state negli anni – non negli ultimi anni, ma negli ultimi decenni – in Regione Piemonte, impiegate nel modo più puntuale e necessario ai bisogni delle persone con disabilità. Pensiamo ci siano state innumerevoli decisioni che hanno portato a disporre oggi di risorse limitate perché sono state impiegate altrove, per altri scopi evidentemente ritenuti più importanti della vita dei nostri cari.
Abbiamo sentito così tante volte dire che purtroppo non ci sono risorse, che devono essere distribuite in modo diverso, che ci sono diverse priorità tra sociale e sanità. Ma questi discorsi non ci hanno mai convinto.
Non vorremmo nel 2024, da un lato dover ancora spiegare che la disabilità è una condizione di vita e non una malattia. E dall’altro che non ci interessa nulla delle competenze e della distribuzione delle risorse, perché è un falso problema, un teatro messo su ad arte per gli interessi di chi gestisce le disponibilità economiche e le destina.
Non vorremmo, ma purtroppo dobbiamo, nel 2024, ricordare che le risorse a disposizione, tutte le risorse, sono pubbliche, sono tutte dello Stato italiano, arrivano tutte dal lavoro e dai cittadini. E che ai cittadini devono tornare, prioritariamente, in un sistema di servizi che dia garanzie a tutti, ciascuno per le proprie necessità. Sistema alla cui gestione sono chiamati, come dicevamo sopra, coloro i quali hanno titolo e responsabilità, per i diversi livelli di competenza.
Sanità, assistenza, sociale, competenze, forze politiche… basta! Servono risposte unitarie di programmazione, da parte di tutti e servono adesso.
Per questo, per quanto riguarda il coinvolgimento delle famiglie in tutto il processo, ribadiamo che nessuna si è mai tirata indietro: anzi, troppo spesso sono state e continuano ad essere lasciate sole a risolvere un problema che è si personale, ma non privato.
Perché dispiace davvero, sempre nel 2024, dover anche ricordare che la civiltà di un Paese di sicuro si misura su come considera e tratta i suoi cittadini che più hanno bisogno. È sempre stato e sempre sarà così, nella storia dell’umanità: i bisogni sono personali, ma il sistema di risposte è pubblico e collettivo, riguarda tutti ed è di tutti e non può essere altrimenti.
E forse allora, purtroppo, quel genitore lo possiamo ben comprendere e capire cosa ha pensato. Che vale ancora e sempre la stessa legge dell’egoismo. E così ci si gira dall’altra parte, perché la questione non ci riguarda e perché tanto a noi non è capitato.
Banale egoismo, altro che priorità e carenza di risorse: e nessun genitore può resistere se arriva a pensare una cosa del genere. Dà troppo dolore lo stigma e l’abbandono sociale: per quello non c’è altro rimedio che non esistere più.