Riflessioni su quella Sentenza del Consiglio di Stato

«Presenta tre fondamentali aspetti negativi – scrive Salvatore Nocera – quella Sentenza del Consiglio di Stato che ha ritenuto legittima la riduzione del numero di ore di assistenza per l’autonomia e la comunicazione ad un alunno con disabilità. Ma gli scarsissimi fondi assegnati per il prossimo anno scolastico e per quelli successivi, non solo per l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione, ma addirittura pure per il progetto di vita, lascia pensare che, a parte quella Sentenza a dir poco discutibile, si sia in presenza di una grande illusione»

Particolare di alunno con disabilità in aula scolasticaL’8 agosto scorso il Consiglio di Stato ha pronunciato la Sentenza 7089/24, confermando una decisione di primo grado con la quale era stata ritenuta legittima la riduzione del numero di ore di assistenza per l’autonomia e la comunicazione ad un alunno con disabilità rispetto a quelle assegnate dal Comune l’anno precedente.
Si tratta di una Sentenza che lascia quanto meno perplessi, presentando tre aspetti fondamentali negativi, per i quali mi rifaccio a quanto sottolineato anche dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e ripreso su queste stesse pagine, nonché all’ampia disamina del collega avvocato Marcellino, al commento dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down) e ad altri ulteriori interventi.
Sono sostanzialmente tre gli aspetti negativi da sottolineare in quella Sentenza:
° La negazione del diritto costituzionalmente garantito all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione, che il Consiglio di Stato ritiene un semplice interesse legittimo, cioè un diritto condizionato alle disponibilità di bilancio degli Enti Locali.
° L’affermazione che le richieste formulate nel PEI (Piano Educativo Individualizzato) dal GLO (Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione) possono essere disattese dal preside e dall’Ufficio Scolastico Regionale.
° Un’interpretazione riduttiva e deformante dell’accomodamento ragionevole di cui all’articolo 3, comma 2 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall’Italia con la Legge 18/09.

Sul primo punto (diritto all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione) esiste invero un’ampia giurisprudenza della Corte Costituzionale – una delle ultime Sentenze è la 275/16 – secondo la quale gli Enti Locali non possono violare il diritto allo studio degli studenti con disabilità adducendo motivi di bilancio. Sul punto è stato pubblicato un profondo volume dal consigliere parlamentare avvocato Daniele Piccione, che ha seguito l’iter di approvazione della Legge Delega 227/21 in matteria di disabilità. Il volume si chiama Costituzionalismo e disabilità (Giappichelli, 2023) e in esso l’Autore confuta la dottrina tradizionale secondo la quale i diritti sociali, tra i quali si colloca quello all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione, sono “diritti condizionati” dalla disponibilità delle risorse finanziarie e pertanto non sono costituzionalmente garantiti. Questa teoria stabilisce apoditticamente, pertanto, che i cittadini con disabilità non possano pretendere dagli Enti Locali prestazioni che gli Enti stessi ritengano di non poter sufficientemente finanziare. Ebbene, il Consiglio di Stato, con la Sentenza dell’8 agosto scorso, sposa acriticamente quest’ultima dottrina, ignorando la giurisprudenza citata dal consigliere Piccione.
Invero il Consiglio di Stato stesso trova un appiglio letterale nell’articolo 3, comma 5 e 5 bis del Decreto Legislativo 66/17, in cui, a proposito delle prestazioni degli Enti Locali, è presente l’espressione «nei limiti delle risorse disponibili». Tale espressione, però, va collegata alla previsione dello stesso comma 5 bis, secondo il quale il tutto deve essere preceduto da una Conferenza Stato-Regioni; da sempre, infatti, lo Stato assegna per tali compiti alle Regioni e agli Enti Locali dei contributi ad integrazione delle loro risorse finanziarie. Pertanto Stato ed Enti Locali debbono finanziare l’assistenza scolastica in modo da garantire la fruizione del diritto costituzionale allo studio, di cui quella per l’autonomia e la comunicazione è parte ineliminabile del “nucleo essenziale”, che non può essere violata neppure “per motivi di bilancio”, come stabilito appunto dalla giurisprudenza costituzionale. Occorre tuttavia che, laddove vi siano degli Ambiti Territoriali, vengano attuati chiari accordi tra questi ultimi e i Comuni che ne fanno parte, onde evitare un rimpallo di competenze. E occorre anche far sì che le ore di assistenza non vengano richieste per colmare carenze nel numero di ore di sostegno, o che gli Enti Locali destinino tali fondi impropriamente per pagare pure gli assistenti materiali per l’assistenza igienica, dal momento che tale competenza spetta alle scuole tramite i collaboratori e le collaboratrici scolastiche (articoli 2 e 7 del citato Decreto Legislativo 66/17 e Decreto Interministeriale 182/20, come integrato dal Decreto Ministeriale 153/23).

Sul secondo punto indicato, riguardante il PEI (Piano Educativo Individualizzato), esiste una sentenza dello stesso Consiglio di Stato (2023/17), secondo la quale le richieste formulate in esso non possono essere modificate neppure dall’Ufficio Scolastico Regionale, poiché a formularle è il Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione (GLO), composto dai docenti, dalla famiglia e dagli operatori sociosanitari, che conoscono più di tutti i bisogni educativi degli studenti con disabilità.

Sul terzo punto, infine, il Consiglio di Stato travisa il concetto di “accomodamento ragionevole”, rispetto al quale il Legislatore dice che «in casi particolari il diritto degli studenti con disabilità deve essere assicurato in ogni modo evitando oneri finanziari spropositati». In tal senso l’interpretazione del Consiglio di Stato è che i casi di oneri finanziari spropositati siano quelli dell’assistenza per l’autonomia e la comunicazione, ciò che contraddice la lettera e lo stesso spirito del concetto di accomodamento ragionevole, ripreso dall’articolo 22 del Decreto Legislativo 62/24 sul diritto al progetto di vita personalizzato e partecipato dalla persona con disabilità: con tale interpretazione travisata del Consiglio di Stato, infatti, non si tratterebbe più un diritto, ma di un semplice interesse legittimo.

Dato dunque il conflitto tra questa Sentenza e la precedente giurisprudenza fissata dalla Corte Costituzionale, dallo stesso Consiglio di Stato e alla luce della corretta interpretazione del concetto di accomodamento ragionevole, si è certi che presto si convocherà un’adunanza generale del Consiglio di Stato in cui tutte le Sezioni dello stesso adotteranno un orientamento certo, che siamo convinti sia contrario a quello contenuto in quest’ultimo pronunciamento.
Conflitti di sentenze sono sempre esistiti e sempre esisteranno, specie se si parla di Sentenze che si ispirano a vecchie dottrine o a quelle che sono orientate dall’evoluzione interpretativa del diritto. Si pensi alle prime decisioni della Corte Costituzionale che ritenevano i princìpi fondamentali sanciti in essa, come il diritto di eguaglianza, contenuti in “norme programmatiche”, cioè in norme che per essere applicabili a casi concreti necessitano dell’emanazione di leggi o regolamenti; tale orientamento conservatore e riduttivo è stato superato dall’interpretazione che tali princìpi sono contenuti in norme “imperative” e cioè che debbono essere immediatamente applicate.
Se però leggo un recente articolo sui temi trattati, assai critico e talora sarcastico, allora mi rendo conto, per i dati puntuali sugli scarsissimi fondi assegnati per il prossimo anno scolastico e per quelli successivi, non solo per l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione, ma addirittura pure per il progetto di vita, di cui al citato Decreto 62/24, che qui, a parte la discutibile Sentenza del Consiglio di Stato, siamo in presenza di una grande illusione. Infatti, quell’assai scarsa erogazione di somme, stando all’interpretazione corretta della giurisprudenza costituzionale (oltreché alla citata Sentenza 275/16, penso anche alla Sentenza 83/19) e dello stesso Consiglio di Stato, costituisce una palese violazione di tutti i fondamentali diritti delle persone con disabilità a partire dagli studenti.
Ecco perché, come detto, è indispensabile un’urgente “adunanza generale” di tutte le Sezioni del Consiglio di Stato e un ricorso alla Corte Costituzionale rispetto agli articoli del Decreto Legislativo 66/17  che negano il diritto pieno all’assistenza scolastica e quindi l’esigibilità di esso; non è concepibile, infatti, che affermazioni contenute in leggi avallate dalla giurisprudenza costituzionale,  si riducano a come le definisce molto duramente lo storico Raffaele Iosa: «È verosimile che negli ultimi 10/15 anni la normativa sull’inclusione prodotta dal Ministero sia un pastone parolaio che a voler dire troppo (per mille mediazioni) finisce per non dire nulla di sicuro. Ho chiamato questa fase “militarizzazione normativa”, con abbondanti tiri a salve e tante chiacchiere che non contrastano il degrado a cui stiamo assistendo…».

Il presente contributo è già apparso nella testata «La Tecnica della Scuola» e viene qui ripreso, con una serie di modifiche e integrazioni, per gentile concessione.

Sulla Sentenza del Consiglio di Stato su cui si sofferma Salvatore Nocera, abbiamo già pubblicato sulle nostre pagine i contributi: Da quella Sentenza un duro colpo per i diritti degli studenti con disabilità, Mai anteporre i costi ai diritti! di Gianluca Rapisarda e L’intangibilità del diritto allo studio per gli alunni e le alunne con disabilità.

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