«Quanto accaduto durante il concerto di Antonello Venditti dimostra come sia ancora lunga la strada per arrivare a una vera e propria consapevolezza e rispetto della dignità delle persone con disabilità. Non è un caso isolato, quindi è inutile puntare il dito: serve una nuova cultura della disabilità. E chi ha fama e successo – che sia un cantante o un campione dello sport – può aiutarci a costruirla»: così Gianfranco Salbini, presidente nazionale dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down), interviene sul “caso Venditti”, ovvero sulla vicenda accaduta durante un concerto a Barletta, sintetizzabile con uno dei vari titoli prodotti dagli organi d’informazione, ossia Antonello Venditti insulta per errore una giovane disabile poi si scusa: “Non sono un mostro, mi metterei a piangere”.
«Benissimo le scuse – aggiunge Salbini -, tutti possono sbagliare: non dobbiamo costruire “mostri”, come ha detto il cantautore, questo non serve a nessuno. Bisogna però capire che le parole hanno un grande potere, specialmente se vengono pronunciate da figure pubbliche. Come ha sottolineato il padre della ragazza, la disabilità non è “speciale” e forse è proprio questo temine – suggerito nell’orecchio al cantautore sul palco – il primo che dovremmo eliminare, quando ci riferiamo alle persone con disabilità: un termine tanto diffuso quanto fuorviante, perché finché considereremo “speciale” una persona per la sua disabilità, non costruiremo una società inclusiva».
«Visto dunque che le parole pesano – sottolinea ancora il Presidente dell’AIPD -, non parliamo più di persone “speciali”, quando ci riferiamo alle persone con disabilità e anche in occasione delle Paralimpiadi di Parigi, che sono ai nastri di partenza, cerchiamo di non cadere nell’errore: quelli non sono “atleti speciali”, sono semplicemente atleti, che grazie alla loro tenacia e alla capacità di affrontare gli ostacoli, sono capaci di risultati straordinari. Come tutti gli atleti olimpici».
Tornando quindi alla vicenda che ha visto per protagonista Antonello Venditti, Salbini conclude così: «Dopo questo fatto spiacevole, il cantautore ha detto alla famiglia che “si farà perdonare”. Sarebbe bello che lo facesse impegnandosi, d’ora in avanti, nella costruzione di una nuova cultura della disabilità e dell’inclusione: dal palco, le parole risuonano più forti. Noi siamo a disposizione, come associazione storicamente impegnata su questi temi, per aiutarlo a trovare le parole migliori».
Proprio recentemente, ricordiamo, l’AIPD ha voluto rilanciare e rafforzare il proprio impegno per l’inclusione sociale, tramite il progetto AIPD per tutti, tutti per AIPD, realizzato con il finanziamento del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e già ampiamente presentato anche sulle nostre pagine. (S.B.)
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