La quarta Paralimpiade di Francesco Bettella, libero solo in vasca

Già medagliato nel nuoto a Rio de Janeiro 2016 e Tokyo 2020 e ben piazzato anche nella sua prima Paralimpiade di Londra 2012, Francesco Bettella sarà in gara nei prossimi giorni anche alle Paralimpiadi di Parigi, di cui vi sarà oggi, 28 agosto, la cerimonia di apertura. La sensazione di libertà e leggerezza rispetto alla sua neuropatia assonale, malattia genetica rara, Bettella confessa di provarla solo quando entra in vasca e aggiunge: «Noi atleti paralimpici abbiamo anche il compito di mostrare che fare sport, anche con una disabilità severa, può dare una svolta alla propria vita»

Francesco Bettella

Francesco Bettella (foto di CIP-Comitato Italiano Paralimpico)

Allenamenti quotidiani, in vasca e in palestra: è questa la ricetta vincente per Francesco Bettella, campione del mondo nei 50 metri dorso categoria S1 – quella riservata agli atleti che hanno una perdita significativa della potenza muscolare e del controllo degli arti – che alle Paralimpiadi di Parigi, di cui vi sarà oggi, 28 agosto, la cerimonia di apertura, entrerà in vasca domani, 29 agosto, e il 31 agosto, per disputare rispettivamente i 100 e i 50 metri dorso. «Il mio obiettivo principale è quello di raggiungere ancora una volta il podio», spiega Bettella. «Confermare i miei tempi dell’ultimo periodo sarebbe fantastico. Non è una cosa da poco ma ci proverò».

Per il trentacinquenne padovano, volontario della UILDM di Padova (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), quella di Parigi è la quarta partecipazione alle Paralimpiadi: «È il frutto del lavoro di anni di allenamenti, in cui ci sono tappe di avvicinamento importanti come i campionati europei e i mondiali. Durante gli allenamenti mi concentro sulle gare in cui ho prestazioni migliori rispetto ai miei avversari mondiali». Si ferma un attimo, sorride e ammette: «È il mio carattere competitivo ad avermi portato fin qui».

A due anni Bettella inizia a camminare, ma i genitori notano subito che trascina un piede. Si scopre che la causa è una neuropatia assonale, una malattia genetica rara che con il tempo si estende dagli arti inferiori a quelli superiori. Francesco non si arrende e proprio grazie al suo carattere competitivo, oltre a raggiungere ottimi risultati nello sport (terzo posto nei 50 e 100 dorso alle Paralimpiadi di Tokyo 2020; secondo posto nei 50 e 100 dorso a Rio de Janeiro 2016, quinto posto nei 200 stile libero e settimo posto nei 100 stile libero a Londra 2012), si laurea in ingegneria meccanica, con una tesi sull’analisi strutturale del telaio di una carrozzina per giocare a rugby; frequenta un dottorato in neuroscienze, che terminerà il prossimo dicembre e diventa consigliere della FINP (Federazione Italiana Nuoto Paralimpico).

Francesco entra in vasca per la prima volta a 3 anni. Inizia a praticare nuoto agonistico a 15 anni, misurandosi per la prima volta con altri atleti con disabilità. «Ho avuto la mia prima convocazione in nazionale a 20 anni – spiega – e conquistando le prime medaglie ho capito che quella era la mia strada e che volevo inseguire il sogno delle Paralimpiadi. Il nuoto è uno sport individuale dove il vero avversario è il cronometro. Gli allenamenti per noi atleti paralimpici non sono diversi da quelli dei colleghi olimpici: a cambiare sono i tempi di spogliatoio. Io ogni giorno ho circa un’ora e mezzo di cambi in spogliatoio, che devo aggiungere alle due ore di allenamento in vasca o all’ora il palestra».

Prima della partenza per Parigi, gli allenamenti sono stati carichi di emozione. soprattutto perché, come racconta Bettella, «veniamo dall’esperienza particolare di Tokyo 2020 dove a causa della pandemia siamo stati isolati nel Villaggio Olimpico per evitare contagi. Invece, il Villaggio è per noi atleti il luogo dell’incontro, della condivisione e della costruzione di nuove amicizie anche con atleti di altre discipline. A Parigi potremo finalmente tornare a viverlo in piena libertà. Il momento dei pranzi, per esempio, mi piace molto perché si ha modo di conoscersi senza l’aspetto competitivo anche se, ripeto, nel nuoto l’avversario è il tempo. La consapevolezza di essere alle Paralimpiadi arriva con la cerimonia di apertura: quando si accende la torcia olimpica si prova l’emozione di essere arrivati a concretizzare gli sforzi fatti durante gli allenamenti».

La sensazione di libertà e leggerezza rispetto alla sua neuropatia, Bettella confessa di provarla solo quando entra in vasca. «Superare la disabilità non è facile, ma occorre non sentirsi diversi», conclude. «Noi atleti paralimpici abbiamo anche una missione sociale, rivolta a tanti ragazzi con disabilità più giovani di noi. Abbiamo il compito di mostrare che fare sport, anche con una disabilità severa, può dare una svolta alla propria vita. Questa è una grande responsabilità, soprattutto perché da Londra 2012 in poi, se si guarda al numero di biglietti venduti, possiamo dire che il seguito di pubblico delle Paralimpiadi è sicuramente maggiore di quello delle Olimpiadi. Dunque dobbiamo essere consapevoli che in quei giorni, anche se involontariamente, trasmettiamo dei messaggi a un vasto pubblico».

Il presente servizio, segnalatoci dalla UILDM Nazionale (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), è stato pubblicato da «Vita.it» e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti dovuti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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