Allenamenti quotidiani, in vasca e in palestra: è questa la ricetta vincente per Francesco Bettella, campione del mondo nei 50 metri dorso categoria S1 – quella riservata agli atleti che hanno una perdita significativa della potenza muscolare e del controllo degli arti – che alle Paralimpiadi di Parigi, di cui vi sarà oggi, 28 agosto, la cerimonia di apertura, entrerà in vasca domani, 29 agosto, e il 31 agosto, per disputare rispettivamente i 100 e i 50 metri dorso. «Il mio obiettivo principale è quello di raggiungere ancora una volta il podio», spiega Bettella. «Confermare i miei tempi dell’ultimo periodo sarebbe fantastico. Non è una cosa da poco ma ci proverò».
Per il trentacinquenne padovano, volontario della UILDM di Padova (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), quella di Parigi è la quarta partecipazione alle Paralimpiadi: «È il frutto del lavoro di anni di allenamenti, in cui ci sono tappe di avvicinamento importanti come i campionati europei e i mondiali. Durante gli allenamenti mi concentro sulle gare in cui ho prestazioni migliori rispetto ai miei avversari mondiali». Si ferma un attimo, sorride e ammette: «È il mio carattere competitivo ad avermi portato fin qui».
A due anni Bettella inizia a camminare, ma i genitori notano subito che trascina un piede. Si scopre che la causa è una neuropatia assonale, una malattia genetica rara che con il tempo si estende dagli arti inferiori a quelli superiori. Francesco non si arrende e proprio grazie al suo carattere competitivo, oltre a raggiungere ottimi risultati nello sport (terzo posto nei 50 e 100 dorso alle Paralimpiadi di Tokyo 2020; secondo posto nei 50 e 100 dorso a Rio de Janeiro 2016, quinto posto nei 200 stile libero e settimo posto nei 100 stile libero a Londra 2012), si laurea in ingegneria meccanica, con una tesi sull’analisi strutturale del telaio di una carrozzina per giocare a rugby; frequenta un dottorato in neuroscienze, che terminerà il prossimo dicembre e diventa consigliere della FINP (Federazione Italiana Nuoto Paralimpico).
Francesco entra in vasca per la prima volta a 3 anni. Inizia a praticare nuoto agonistico a 15 anni, misurandosi per la prima volta con altri atleti con disabilità. «Ho avuto la mia prima convocazione in nazionale a 20 anni – spiega – e conquistando le prime medaglie ho capito che quella era la mia strada e che volevo inseguire il sogno delle Paralimpiadi. Il nuoto è uno sport individuale dove il vero avversario è il cronometro. Gli allenamenti per noi atleti paralimpici non sono diversi da quelli dei colleghi olimpici: a cambiare sono i tempi di spogliatoio. Io ogni giorno ho circa un’ora e mezzo di cambi in spogliatoio, che devo aggiungere alle due ore di allenamento in vasca o all’ora il palestra».
Prima della partenza per Parigi, gli allenamenti sono stati carichi di emozione. soprattutto perché, come racconta Bettella, «veniamo dall’esperienza particolare di Tokyo 2020 dove a causa della pandemia siamo stati isolati nel Villaggio Olimpico per evitare contagi. Invece, il Villaggio è per noi atleti il luogo dell’incontro, della condivisione e della costruzione di nuove amicizie anche con atleti di altre discipline. A Parigi potremo finalmente tornare a viverlo in piena libertà. Il momento dei pranzi, per esempio, mi piace molto perché si ha modo di conoscersi senza l’aspetto competitivo anche se, ripeto, nel nuoto l’avversario è il tempo. La consapevolezza di essere alle Paralimpiadi arriva con la cerimonia di apertura: quando si accende la torcia olimpica si prova l’emozione di essere arrivati a concretizzare gli sforzi fatti durante gli allenamenti».
La sensazione di libertà e leggerezza rispetto alla sua neuropatia, Bettella confessa di provarla solo quando entra in vasca. «Superare la disabilità non è facile, ma occorre non sentirsi diversi», conclude. «Noi atleti paralimpici abbiamo anche una missione sociale, rivolta a tanti ragazzi con disabilità più giovani di noi. Abbiamo il compito di mostrare che fare sport, anche con una disabilità severa, può dare una svolta alla propria vita. Questa è una grande responsabilità, soprattutto perché da Londra 2012 in poi, se si guarda al numero di biglietti venduti, possiamo dire che il seguito di pubblico delle Paralimpiadi è sicuramente maggiore di quello delle Olimpiadi. Dunque dobbiamo essere consapevoli che in quei giorni, anche se involontariamente, trasmettiamo dei messaggi a un vasto pubblico».