Essendo originaria e amante del Lago d’Orta (Piemonte), vado fiera delle iniziative promosse sul territorio a favore delle persone con disabilità, e ne scrivo sempre con una punta di orgoglio. Già un paio di anni fa, in sede diversa da questa, avevo parlato di una giornata dedicata agli sport acquatici che si era svolta presso la Canottieri Lago d’Orta.
Agli inizi di agosto, lo stesso centro sportivo ha ospitato l’Adventure Camp, un campo estivo per una ventina di ragazzi sia con disabilità (spina bifida o patologie fisiche simili), sia “normodotati”, di età compresa tra i 10 e i 16 anni, provenienti da tutta Italia. La settimana, organizzata dall’ASBI (Associazione Spina Bifida Italia), in collaborazione con l’Associazione Freerider Sport Events, ha avuto come finalità principale l’avvio verso l’autonomia, in particolare attraverso l’attività sportiva.
II Camp è stato concepito per i piccoli ospiti come un momento di divertimento e di svago in un ambiente protetto e sicuro, grazie alla presenza di personale qualificato, in particolare dal punto di vista infermieristico.
I due rispettivi presidenti di ASBI e Freerider Sport Events, Maria Cristina Dieci e Nicola Busata, mi hanno invitata a trascorrere una mattinata al Camp: un momento molto interessante e particolare. Sono convinta che se venissero organizzate più iniziative con la stessa visione e lo stesso approccio alla disabilità, in poco tempo faremmo passi da giganti per quanto riguarda l’inclusione. Se non fosse stato per la presenza di alcune sedie a rotelle (per lo più con su nessuno, poiché i bambini erano in acqua o in canoa), non si sarebbe detto che ci trovavamo in un Camp dove c’erano anche bimbi con disabilità. Un normalissimo accampamento di una decina di tende, con annessa una cucina da campo molto ben attrezzata; servizi igienici e docce, anche questi da campo, solo un po’ più grandi rispetto a quelli standard, per essere accessibili.
I bambini apparivano molto contenti: tutti in gruppetti misti impegnati in diverse attività di tipo artistico, e sportive. Molti erano in acqua, a pochi metri dalla riva, giocavano, quelli con maggior difficoltà erano aiutati e sostenuti dai più grandi o dai volontari delle due Associazioni.
Come mi ha spiegato Busata, «lo sport è il fulcro del Camp, concepito in modo innovativo, uno strumento per raggiungere l’autonomia, vero scopo dell’iniziativa. Un traguardo da ottenere non solo individualmente, ma anche grazie alla collaborazione di gruppo».
L’attività sportiva è sempre stata al centro dei Camp proposti dai due enti nel corso degli anni, in particolare in quelli organizzati durante l’inverno, per avviare i ragazzi con disabilità allo sci alpino. Quello sul Lago d’Orta è stato concepito per un’età più piccola, rispetto ai Camp organizzati negli anni scorsi. Perché per l’autonomia, risulta più facile, e soprattutto più proficuo, lavorare sui più piccini che non hanno ancora delle strutture mentali e psicologiche rigide. I bambini, infatti, sono più inclini a rompere gli schemi e ad adattarsi alle novità.
Maria Cristina e Nicola mi hanno confessato che quella stessa mattina sono stati sorpresi, quando svegliandosi, hanno scoperto che i bambini avevano dormito fuori dalle tende, sotto le stelle. Un’esperienza davvero insolita per i più piccoli, specialmente per quelli in sedia a rotelle. Mentre parlavamo di questo aspetto, Maria Cristina ha introdotto un discorso molto complesso, ma altrettanto importante: la reticenza della maggior parte dei genitori verso i Camp. «Di solito, infatti, dobbiamo fare un lavoro di persuasione nei loro confronti. Noi familiari (io stessa sono mamma di una ragazza con disabilità fisica) siamo, per lo più, inclini, ad assumere un atteggiamento di iperprotezione nei confronti dei nostri figli, a sostituirci a loro, a scegliere per loro, ma così facendo li rendiamo fragili e impediamo loro di crescere, di diventare adulti».
Sempre inerente al tema della famiglia, il Camp è stato aperto anche ai sibling (fratelli/sorelle di persone con disabilità) e anche loro hanno potuto vivere un’esperienza particolare. Infatti, come mi hanno raccontato Busata e Dieci, nella maggior parte dei casi i fratelli/sorelle dei bimbi con disabilità, specialmente se più grandi, sentono il peso della responsabilità; per questo durante il Camp quelli presenti non sono stati messi nello stesso gruppo per una doppia finalità: dare la possibilità al bambino con disabilità di staccarsi dalla consueta figura del fratello, e alleggerire per qualche giorno il senso di responsabilità dei fratelli che, nello stesso tempo, potranno mettere a frutto l’esperienza maturata in casa con gli altri bambini del Camp che hanno bisogno.
Da ricordare, in conclusione, che la realizzazione dell’Adventure Camp è stata resa possibile grazie alla collaborazione di varie importanti realtà legate alla disabilità a livello nazionale, come la FISH (Federazione Italiana Superamento Handicap), la FAIP (Federazione Associazioni Italiane di Persone con Lesione al Midollo Spinale)), il Sub Novara Laghi, i Canottieri Orta San Giulio, il Club Vela Orta, il Comune di Orta San Giulio e al sostegno di sponsor quali la Chiesa Valdese, Triride, Caleffi, Teleflex e la Pro Loco di Fontaneto d’Agogna.