La persona con disabilità è tale perché una malformazione congenita, un trauma o una malattia l’ha resa tale. Ognuna di queste cause primarie deve essere compensata da una società solidale verso chi ha più bisogno nella maniera più efficace possibile in ogni ambiente di vita (ospedale, famiglia, scuola, gioco ecc.).
La specializzazione diventa sempre più importante via via che la scienza (genetica, farmacologia, abilitazione fisica e psicopedagogica) fa nuove scoperte: «Seguire un ragazzo non vedente richiede competenze diverse rispetto a quelle necessarie per un ragazzo autistico» [si tratta di una dichiarazione del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, rilasciata durante un’intervista per la testata «Orizzonte Scuola» pubblicata il 13 agosto scorso a questo link, N.d.R.]: un plauso va al ministro Valditara che ha fatto una dichiarazione che non coincide soltanto con i desiderata delle famiglie (alle quali spetta la scelta del tipo di educazione dei figli, come agli insegnanti la libertà di impartire istruzione), ma anche con la necessità dei progetti di vita di svolgersi coerentemente in tutti gli ambienti di vita (che noi chiamiamo concerto educativo) e con continuità, quando la verifica del piano dimostra efficacia.
Purtroppo, i due anni di specializzazione monotematica dei tempi passati sono diventati un anno per tutte le disabilità e poi mezzo anno accademico (30 Crediti Formativi Universitari) per chi ha fatto tre anni di servizio (senza nessuna valutazione critica) e di questo ci siamo scandalizzati.
L’esperienza non è sufficiente per sopperire alla mancata formazione: l’esperienza può essere la ripetizione all’infinito degli stessi errori! L’esperienza è utile quando è preceduta da una solida base teorica, quando riceve una valida supervisione in situazione e una valida formazione permanente nel corso di tutta l’attività lavorativa.
Un passo verso la specializzazione è stato fatto con la Legge sugli interpreti della LIS (Lingua dei Segni Italiana) e della LIST (Lingua dei Segni Italiana Tattile) in atto dal 2022, che istituisce un elenco presso la Presidenza del Consiglio, e con il DPCM del 10 gennaio 2022, che ha promosso corsi triennali specifici in varie Università italiane (se ne legga a questo link). Possiamo sperare che l’esigenza di specializzazione debba essere riconosciuta anche per gli insegnanti e gli AEC/Educatori [Assistenti Educativi Culturali, N.d.R.].
Secondo l’ISTAT in tutte le scuole italiane, nell’anno 2022-2023, dall’infanzia alla secondaria di secondo grado, erano 107.000 gli allievi certificati ad avere Disturbi evolutivi globali dello sviluppo psicologico, raggruppamento simile a quello dei Disturbi dello spettro autistico: essi hanno diritto a un’assistenza specialistica come i sordi segnanti!
Comprendendo la complessità di cambiare un sistema che non risponde alle necessità degli allievi con autismo, abbiamo da tempo proposto degli interventi da attuare in maniera prioritaria, in attesa di definire un piano organico di formazione permanente e di istituire corsi universitari per la formazione iniziale di laureati triennali e magistrali sull’Analisi del Comportamento, in specie applicata all’autismo, ossia:
1. Favorire l’ingresso nelle scuole di operatori esterni specializzati (di fiducia delle famiglie) in attesa che venga formato adeguatamente il personale dipendente.
2. Verificare che gli operatori degli Sportelli Autismo/Scuole Polo/CTS siano formati correttamente nell’educazione speciale basata sull’analisi applicata del comportamento [ABA – Applied Behavior Analysis, N.d.R.]. Soddisfare il bisogno formativo avrebbe un impatto economico molto limitato dato che un corso introduttivo viene già ora offerto dai privati a 200-300 euro/persona e ci sarebbe la possibilità di ridurre la spesa pro capite utilizzando la formazione permanente oggi praticata e la formazione a distanza sul modello utilizzato da EDUISS [piattaforma dedicata alla Formazione a Distanza (FAD) in salute pubblica dell’Istituto Superiore di Sanità, N.d.R.] per diffondere fra oltre 60.000 operatori scolastici la Comunicazione Aumentativa Alternativa.
3. Pianificare l’inserimento di almeno un insegnante tutor qualificato in ognuna delle 5.338 istituzioni scolastiche del primo ciclo al fine di fornire supporto a tutto il team educativo. Tale soluzione, basata sul modello Hub & Spoke, con gli Hub rappresentati dalle scuole polo, permetterebbe di iniziare a gestire l’enorme aumento dei nuovi alunni certificati che si verifica principalmente nelle scuole dell’infanzia e nelle primarie. Questa modalità potrebbe essere assimilata a quanto è in via di implementazione nello Stato del South Australia (se ne legga a questo link), dove è stato formato un nucleo iniziale di 417 “insegnanti di sostegno per l’autismo” operativi dal primo trimestre 2023 (su una popolazione di 1,77 milioni di abitanti di cui 18.000 insegnanti del primo ciclo).
4. Inserire nei Decreti di prossima emissione, che assegnano per il 2024 una dotazione di oltre 224 milioni di euro per i servizi di assistenza all’autonomia e alla comunicazione degli alunni con disabilità (se ne legga a questo link), e in particolare dopo il riferimento alla Legge 104/92, i riferimenti alla normativa specifica in favore delle persone con disturbo dello spettro autistico: la Legge 134/15 (Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie), l’articolo 60 del DPCM del 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502), e la Linea Guida sulla diagnosi e sul trattamento di bambini e adolescenti con disturbo dello spettro autistico dell’Istituto Superiore di Sanità. Questa implementazione a “invarianza di spesa” avrebbe una ricaduta su tutti i bandi emessi dagli Enti Locali per selezionare gli operatori che forniscono il servizio di assistenza all’autonomia e alla comunicazione, permettendo di avere personale adeguatamente formato, contrariamente a quanto avviene ora.
Il ministro Valditara ha evidenziato che oltre 85.000 insegnanti di sostegno sono senza specializzazione, allora, se non si interviene urgentemente con una formazione adeguata, dobbiamo dare alle famiglie la possibilità di chiedere non la conferma, ma la sostituzione dell’insegnante di sostegno non specializzato nella disabilità dei propri figli!
Ringraziamo il Centro Informare un’h per la collaborazione.
Presidente dell’APRI (Associazione Cimadori per la ricerca italiana sulla sindrome di Down, l’autismo e il danno cerebrale), già docente di Programmazione e Organizzazione dei Servizi Sociali e Sanitari nelle Università di Modena e Reggio Emilia e di Bologna.
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