Persone con disabilità e privazione della capacità giuridica: un nuovo rapporto

Nessun Paese dell’Unione Europea protegge completamente le persone con disabilità dalla perdita del loro diritto di prendere decisioni: è quanto emerge da un nuovo rapporto di ricerca del Forum Europeo sulla Disabilità che indaga i regimi relativi alla capacità giuridica adottati dai diversi Stati dell’Unione nei confronti delle persone con disabilità. E le cose peggioreranno ancora se verrà approvato il “Regolamento dell’Unione Europea sulla protezione transfrontaliera degli adulti”, attualmente in discussione. L’Italia, purtroppo, è tra i 12 Paesi con le politiche peggiori su questa materia

Rapporto EDF 2024 sulla capacità giuridica

Il rapporto del Forum Europeo sulla Disabilità riguardante la capacità giuridica delle persone con disabilità

È stato diffuso il 5 settembre scorso un nuovo rapporto di ricerca dell’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, che indaga i regimi relativi alla capacità giuridica* adottati dai diversi Paesi dell’Unione Europea nei confronti delle persone con disabilità. L’importante documento, dal titolo Rapporto sui diritti umani in Europa. Numero 8 – 2024. Capacità giuridica: scelta personale e controllo, è disponibile in lingua inglese (e liberamente scaricabile) a questo link.
Si tratta, appunto, dell’ottavo rapporto di ricerca sui diritti umani in Europa pubblicato dall’EDF nel quale si evidenzia che nessun Paese dell’Unione Europea protegge completamente le persone con disabilità dalla perdita del loro diritto di prendere decisioni, ciò che consente violenze e abusi contro di loro. Il rapporto avverte inoltre che la proposta di Regolamento dell’Unione Europea sulla protezione transfrontaliera degli adulti (il cui testo è disponibile a questo link), se si arriverà all’approvazione nella forma attuale, aggraverà ulteriormente la situazione (a tal proposito si legga anche la seguente nota). Infatti questo Regolamento porterebbe gli adulti che si trasferiscono in un altro Paese dell’Unione Europea a essere comunque soggetti a misure più restrittive rispetto al loro Paese di origine, anche se nel nuovo Paese fossero in atto politiche più progressiste.

Il rapporto rivela come le politiche regressive contribuiscano a far sì che le persone con disabilità siano esposte a violenza fisica, emotiva e sessuale con scarse possibilità di fuga o supporto. Tra queste rientrano abusi gravi come essere sottoposte a ripetuti stupri, elettroshock e sterilizzazione forzata, con esigue possibilità di aiuto e risarcimento.
Una donna della Bulgaria ha testimoniato la propria esperienza di elettroshock. «[…] hanno parlato con mia madre, lei ha dato il consenso e ha firmato il documento – racconta –, ma nessuno mi aveva spiegato esattamente in cosa consistesse la terapia elettroconvulsiva. Inizialmente pensavo che fosse un’anestesia che aiuta il farmaco a raggiungere tutte le parti del corpo, ma dopo ho capito che non era così».
La privazione della capacità giuridica può portare direttamente alla sterilizzazione forzata, come conferma la testimonianza di Rosario Ruiz. Ruiz riferisce di essere stata minacciata di venir separata dal suo compagno se non si fosse sottoposta all’operazione (si veda il filmato pubblicato a questo link). Nonostante l’evidente desiderio della donna di diventare madre, i suoi genitori avevano il potere legale di privarla dei suoi diritti riproduttivi.

Capacità giuridica nei Paesi dell'Unione Europea

Una realizzazione grafica del Forum Europeo sulla Disabilità in cui si distinguono i Paesi dell’Unione Europea in quelli che ammettono la “piena tutela”, quelli che ammettono solo la “tutela parziale”, e quelli che hanno abrogato i “regimi di tutela” (ossia i regimi decisionali sostitutivi in favore di quelli supportati). Purtroppo l’Italia fa parte del primo gruppo

Il documento individua i dodici Paesi con le politiche “peggiori”: Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Francia, Grecia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia e Ungheria. Questi Stati consentono ancora la cosiddetta “piena tutela” (che in Italia corrisponde all’istituto dell’interdizione) e la sostituzione dell’autonomia decisionale. Per questo motivo il Forum raccomanda ad essi di passare da regimi decisionali sostitutivi a sistemi decisionali supportati, ma anche di vietare e criminalizzare pratiche coercitive come le sterilizzazioni e altri trattamenti forzati.
Il rapporto evidenzia anche che alcuni Paesi, come l’Irlanda, si sono mossi nella giusta direzione riformando i loro quadri giuridici per consentire maggiore autonomia alle persone con disabilità.

Tamara Byrne, un’auto-rappresentante e componente del Comitato per i Giovani dell’EDF, ha proposto la seguente riflessione: «Se non sei d’accordo con le mie scelte, ciò non significa che puoi togliermi il mio diritto di scelta, nello stesso modo in cui io non posso dirti cosa fare della tua vita. Questo non è giusto e deve cambiare il prima possibile». (Simona Lancioni)

*In merito alla traduzione dell’espressione inglese legal capacity, segnaliamo che, in linea con le traduzioni comunemente proposte in Italia, essa è stata resa con l’espressione “capacità giuridica”, ma deve intendersi come comprensiva sia della “capacità giuridica” propriamente detta (l’attitudine alla titolarità di diritti e obblighi), sia della “capacità di agire” (l’attitudine del soggetto a compiere atti giuridici finalizzati ad acquistare o ad esercitare i propri diritti e ad assumere obblighi). La precisazione è necessaria perché solitamente gli istituti di tutela giuridica negano o limitano proprio la “capacità di agire” del soggetto con disabilità. Va infine ricordato che nel 2016 l’Italia è già stata richiamata su questi aspetti dal Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (punti 27 e 28 delle Osservazioni Conclusive al primo rapporto dell’Italia sull’applicazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità). 

Per ulteriori informazioni e approfonbdimenti: André Félix (coordinatore delle comunicazioni dell’EDF), andre.felix@edf-feph.org; Marine Uldry (coordinatrice delle politiche sui diritti umani dell’EDF), marine.uldry@edf-feph.org.
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, insieme all’immagine utilizzata, con minime modifiche dovute al diverso contenitore, per gentile concessione.

Alcune testimonianze
Donna, 29 anni, Bulgaria
«Ho avuto due crisi, la prima nel 2000, la seconda nel 2005. Poi nessuno mi ha chiesto niente, hanno parlato con mia madre, lei ha dato il consenso e ha firmato il documento, ma nessuno mi ha spiegato esattamente in cosa consistesse la terapia elettroconvulsiva. Inizialmente ho pensato che fosse un’anestesia che aiuta il farmaco a raggiungere tutte le parti del corpo, ma dopo ho capito che non era così».
Fonte: Agenzia per i Diritti fondamentali dell’Unione Europea, Collocamento involontario e trattamento involontario di persone con problemi di salute mentale, 2012.

Uomo, 55 anni, Grecia
«Probabilmente mi hanno fatto un’iniezione sulla mano, ma ora non me lo ricordo e mi sono addormentato subito. Ho chiuso gli occhi. Subito dopo mi hanno dato delle scosse elettriche senza che io lo sapessi. L’ho scoperto dopo. Mi hanno rovinato la vita».
Fonte: Agenzia per i diritti fondamentali dell’Unione Europea, Collocamento involontario e trattamento involontario di persone con problemi di salute mentale, 2012.

Rosario Ruiz
Una vittima di sterilizzazione forzata, Rosario Ruiz, è stata minacciata di venire separata dal suo compagno se non si fosse sottoposta all’operazione. Queste le riflessioni di Ruiz sull’operazione subita: «Cosa hanno fatto della mia vita? Sono inutile? Possono tutte essere madri tranne me? Da allora, mi sento vuota ogni giorno della mia vita». Nonostante l’evidente desiderio della donna di divenire madre, i suoi genitori avevano il potere legale di privarla dei suoi diritti riproduttivi.
Fonte: Euronews, Vedo la cicatrice e voglio morire”: perché l’UE consente la sterilizzazione delle donne con disabilità, 5 giugno 2023.

Istituzionalizzazione e abusi in Polonia
«L’incubo di mia figlia è durato circa un anno e mezzo. È stata picchiata e rinchiusa in un letto-gabbia, a volte per l’intera giornata o addirittura per due giorni». Così una madre ha descritto il calvario che la figlia Kasia (uno pseudonimo) ha dovuto affrontare in un istituto residenziale per ragazze e donne con disabilità intellettive a Jordanów, una cittadina nel sud della Polonia. La sua famiglia ha dichiarato che Kasia è entrata in istituto due mesi prima del suo 18° compleanno, e quando ne è uscita, quasi due anni dopo, riusciva a malapena a parlare o camminare, ciò per un effetto collaterale dei farmaci che le erano stati somministrati.
Fonte: Human Rights Watch, Rapporto Orrore dietro le porte chiuse dell’istituto residenziale polacco: donne e ragazze con disabilità intellettive picchiate, legate e rinchiuse in un letto-gabbia, giugno 2022.

Istituzionalizzazione e sterilizzazione forzata in Austria
L’istituzionalizzazione può anche rendere le donne più vulnerabili alla sterilizzazione, come nel caso di una donna di 34 anni del Tirolo (Austria). Nel 2009 è stata costretta a firmare il modulo di consenso per essere sottoposta alla legatura delle tube senza leggere i termini dell’operazione. Inoltre, l’istituzione l’ha minacciata di escluderla dalle cure se non si fosse sottoposta all’operazione. Incapace di sfidarne l’autorità e dipendente da quelle cure, la donna è stata sterilizzata. Queste le sue considerazioni sull’operazione: «Non avevo più fiducia nelle persone, ero così delusa e così ferita. Non mi sento più una donna».
Fonte: Zwangssterilisationen in Österreich, ORF, 8 aprile 2017.

Detenzione in un ospedale psichiatrico in Bulgaria
Il signor Stanev, un uomo con disabilità psicosociale, è stato privato della sua capacità giuridica e posto sotto tutela parziale di un tutore pubblico su richiesta dei suoi parenti. Il tutore lo ha messo in un istituto contro la sua volontà, dove è vissuto in cattive condizioni di vita ed è stato sottoposto a violenza fisica. Il signor Stanev non aveva la possibilità di contestare questa situazione, poiché non poteva avviare alcun procedimento legale, incluso un procedimento per far revocare la sua tutela, senza il consenso del suo tutore.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), chiamata a pronunciarsi sul caso, ha ritenuto che il signor Stanev fosse stato illegittimamente privato della sua libertà, che fosse stato sottoposto a trattamento degradante e che gli fosse stato negato il diritto ad un giusto processo. Significativamente, la CEDU ha anche riconosciuto che la capacità giuridica di un individuo è vitale per l’esercizio di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali.
Fonte: Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), Sentenza sul caso Stanev contro Bulgaria, gennaio 2012.

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