Quel che davvero serve in tema di affettività, sessualità e disabilità

Parte il CoorDown (Coordinamento Nazionale Associazioni delle Persone con Sindrome di Down) da una serrata critica alla Proposta di Legge sull’“Istituzione della figura professionale dell’operatore per l’emotività, l’affettività e la sessualità delle persone con disabilità”, approdata alla Commissione Affari Sociali della Camera, per allargare poi il campo in generale al tema dell’affettività e della sessualità delle persone con disabilità e a come dovrebbe essere affrontato, ovvero guardando alla cultura, alla formazione, a strumenti adeguati e all’accompagnamento

Daniele Segre, "A proposito di sentimenti"

Un fotogramma di “A proposito di sentimenti”, documentario di Daniele Segre del 1999, che tra i primi affrontò nel nostro Paese il tema dell’affettività e della sessualità delle persone con disabilità

Parte il CoorDown (Coordinamento Nazionale Associazioni delle Persone con Sindrome di Down) da una serrata critica alla Proposta di Legge concernente l’Istituzione della figura professionale dell’operatore per l’emotività, l’affettività e la sessualità delle persone con disabilità, approdata il 5 agosto scorso alla Commissione Affari Sociali della Camera (ad essa il nostro giornale ha già dedicato due diversi interventi, a questo e a questo link), per allargare poi il campo in generale al tema dell’affettività e della sessualità delle persone con disabilità.
«Quella Proposta di Legge – affermano innanzitutto dal CoorDown – appare purtroppo incerta sotto il profilo tecnico ed esito di una visione parziale, riduttiva e per molti versi pericolosa in termini culturali del tema dell’affettività e della sessualità delle persone con disabilità, a cui la nostra organizzazione dedica da anni attenzione e impegno. Si tratta infatti di un testo che riduce il campo ad un’improbabile prestazione sessuale preordinata, ignorando come la sessualità riguardi persone profondamente differenti e non un tipo standard (maschio con disabilità motoria), eludendo quindi il fatto che sussistano evidenti differenze di genere. Un testo, quindi, lontanissimo dalla nostra visione e da quella di molte altre organizzazioni, professionisti, persone e famiglie. Se è vero, quindi, che quella Proposta di Legge ha il merito di riaccendere i riflettori sul tema della disabilità e della sessualità, riteniamo però necessario riaffermare alcuni elementi, per inquadrare al meglio ponderate riflessioni e conseguenti azioni».

«Cultura, formazione, strumenti, accompagnamento – sottolineano in tal senso dal Coordinamento -: sono queste le parole chiave che possono garantire alcuni dei diritti di ognuno. Non si tratta perciò di un diritto al mero atto sessuale – momento personalissimo che non si può rinchiudere in una norma – quanto piuttosto del diritto a ricevere un’educazione affettiva sessuale comprensibile e adeguata alle proprie peculiarità. Questo vale per ogni adolescente e dunque anche per le persone con differenti disabilità. È il diritto a decidere se intraprendere relazioni affettive e sessuali, a scegliere il partner, a decidere responsabilmente se essere o meno attivi sessualmente. Il diritto, quindi, a ricercare una vita sessuale soddisfacente, sicura e piacevole, nonché il diritto alla salute sessuale e riproduttiva, inclusa la prevenzione consapevole e accessibile. E infine, il diritto all’integrità fisica, che non è affatto scontato, visto l’ancora presente ricorso a trattamenti farmacologici che inibiscono forzosamente le pulsioni sessuali. Merita inoltre di essere ricordato che la sterilizzazione forzata, anche in Paesi “civilissimi”, non è poi così lontana nel tempo».

«Il primo ostacolo nel rendere effettivi questi diritti – spiega Antonella Falugiani, già presidente del CoorDown e oggi delegata in esso per il tema dell’affettività e della sessualità – è di natura culturale; sono cioè gli stereotipi, ancora persistenti nonostante tutto: considerare la persona con disabilità come “un eterno bambino”, asessuato o privo di stimoli; ricondurre le sue umane pulsioni fra i comportamenti-problema a cui rispondere con soluzioni “sanitarie” o di contenimento o più banalmente ignorandole. Sono ignorate le voci e i desideri delle persone con disabilità, e la necessità di superare il tabù che vuole la sessualità delle persone con disabilità esclusa dal discorso pubblico. Sono stereotipi trasversali e stratificati che influenzano anche moltissime famiglie, lasciandole disorientate, prive di strumenti e di supporti per affrontare al meglio la crescita e lo sviluppo dei propri figli e delle proprie figlie. È questa la prima urgenza che dovrebbe trovare una sponda anche normativa: favorire percorsi di formazione consolidati, ma anche con un affiancamento personalizzato per persone con disabilità e per le loro famiglie, che siano davvero corrispondenti alle esigenze di crescita e autodeterminazione».

«Gli ultimi dieci anni – ricordano per altro dal CoorDown – non sono trascorsi inutilmente: esistono infatti esperienze e buone prassi di formazione, sono maturate professionalità e diffusi approcci e conoscenze sui percorsi di educazione affettiva e sessuale. Le abbiamo perseguite noi, ma anche altre organizzazioni, pur con metodologie diverse, ma accomunate da visioni sovrapponibili. Se il Legislatore ha davvero a cuore questi temi può agire rafforzando questi modelli e mettendoli a sistema in modo da renderli fruibili davvero da tutti».
«Parallelamente – proseguono dal Coordinamento – è indispensabile consolidare una più diffusa formazione degli operatori e degli educatori, rafforzando i percorsi di aggiornamento, le occasioni formative, gli stessi piani di studio, per diffondere consapevolezza, conoscenze, condividere esperienze e soluzioni. In tal senso, la scuola può rappresentare un’occasione formidabile per educare tutti all’affettività e alla sessualità, ma per sfruttarla appieno, i momenti educativi devono essere adeguati ai linguaggi e alle particolarità di ognuno in modo da garantire uguali opportunità. Non mancano le Associazioni con esperienze rodate che possono mettersi a disposizione delle scuole che intendano perseguire queste strade».

«C’è un gran parlare di progetto di vita delle persone con disabilità – è la conclusione – complice anche la recentissima riforma in via di attuazione. Perseguire una transizione alla vita adulta e investirvi risorse senza considerare la dimensione affettiva e sessuale, senza educare a raggiungere una maturità affettiva, senza occuparsi delle emozioni e dell’immaginario personale, è una volontà destinata a prevedibili fallimenti di qualsiasi progetto di vita. È questo il momento storico più opportuno per raccogliere queste sfide e istanze, facendo tesoro di ciò che di positivo è stato sperimentato, puntando sulla consapevolezza, sulla formazione, ma anche sull’affiancamento pratico alle persone e alle famiglie». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: ufficiostampa@coordown.it (Paola Amicucci).

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