Andare oltre il pregiudizio e mettersi nei panni dell’altro non è semplice, ma a volte basta poco per trovare un punto di contatto. È questo ciò che succede in Cattedrale, racconto da cui prende il titolo una raccolta di short stories dello scrittore americano Raymond Carver, pubblicata nel 1983.
Protagonista e narratore del racconto è un uomo sposato, il quale si trova a dover dare ospitalità a un amico di vecchia data della moglie da poco rimasto vedovo. A mettere a disagio l’io narrante è il fatto che Robert, l’amico della consorte, è cieco. Su questa caratteristica l’uomo riversa tutta la sua diffidenza, e in questo modo maschera a se stesso la gelosia che prova per il rapporto che la moglie e Robert hanno consolidato negli anni. Durante la cena con cui Robert viene accolto, il protagonista, infatti, non fa altro che osservarlo, studiarne i movimenti. Guarda con fastidio gli occhi dall’iride tendente al bianco, e quelle pupille che sembrano dotate di movimento proprio.
Il personaggio principale, insomma incarna alla perfezione tutti i pregiudizi che purtroppo permangono nel senso comune rispetto a chi ha una disabilità o comunque delle caratteristiche che lo rendono un caso particolare rispetto alla maggioranza. Tali pregiudizi, tuttavia, spesso non sono che il riflesso di paure dettate dall’ignoranza – nel senso più blando del termine, dalla non conoscenza.
Si tratta quindi di convinzioni che possono essere smentite facilmente, se solo ci si impegna per fare un passo verso ciò che non si conosce.
L’uomo del racconto, ad esempio, prima di incontrare Robert afferma di avere visto i ciechi solo nei film, e di averne dedotto che si muovono molto lentamente, non sorridono mai e non fumano. All’opposto, si trova di fronte un ospite di compagnia, che si ambienta in poco tempo nella casa in cui è accolto e che accetta di buon grado la sigaretta di marijuana che gli viene offerta. Ed è proprio quando restano soli, poiché la moglie del protagonista è vinta dal sonno, che i due hanno modo di dialogare e abbattere la distanza esistente tra loro. Causa un documentario sugli edifici medievali trasmesso in televisione, finiscono a parlare di chiese e cattedrali. Il narratore allora chiede a Robert se sappia come è fatta una cattedrale, e con difficoltà cerca di spiegarglielo. Robert, quindi, ha l’idea di proporgli a sua volta di prendere un cartoncino e un pennarello. Mentre il protagonista disegna una cattedrale, Robert tiene la sua mano sopra quella dell’anfitrione, seguendone così i movimenti. A un certo punto, quando ormai il disegno ha preso forma, Robert chiede al protagonista di chiudere gli occhi e inizia a guidarne la mano, aggiungendo al disegno particolari e facendo sì che l’uomo visualizzi l’opera nella sua mente. Soddisfatto del suo lavoro, invita il narratore ad aprire gli occhi e a valutarlo. Ma il protagonista, che si è immedesimato nella condizione del suo ospite e finalmente ha capito come si può sentire, decide di tenere gli occhi chiusi ancora per qualche istante.
Come solo i grandi scrittori sanno fare, a Carver basta una situazione semplice, una cena a tre con il protagonista che si sente minacciato dalla presenza di un altro uomo, per rappresentare la possibilità che le barriere mentali vengano a cadere e si arrivi alla comprensione reciproca.
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