L’ultima novità è l’onorificenza dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana da parte del presidente della Repubblica Mattarella, per il suo impegno nello sport paralimpico e la sua dedizione alla pratica sportiva come occasione di inclusione sociale. Egidio Marchese, paraplegico, non si ferma mai: atleta paralimpico nel curling e presidente dell’Associazione Sportiva Dilettantistica Disval – la società sportiva valdostana per persone con disabilità – ha scalato il Breithorn, 4.165 metri, montagna che fa parte della catena del Monte Rosa.
L’ho lasciata tra gli allenamenti del curling e la palestra e ora la trovo a scalare il gruppo del Monte Rosa?
«Il curling è sempre in cima ai miei pensieri, ho fatto due Olimpiadi, Torino 2006 e Vancouver 2010 e punto a fare Cortina. Quando riesco lo pratico sempre, quando sono sul ghiaccio dimentico tutta la stanchezza. Mi diverto e mi piace. E l’Olimpiade Milano Cortina è dietro l’angolo, sia temporalmente sia spazialmente».
Ma ha i numeri per andarci?
«La certezza non ce l’hai quasi mai, però ci sono delle possibilità».
Le hanno conferito l’Ordine al Merito della Repubblica.
«Abbiamo creato una palestra inclusiva e la notizia di questo progetto è arrivata al presidente Mattarella che mi ha conferito l’Onorificenza di Ufficiale della Repubblica Italiana. Una cosa veramente inattesa, non me la sarei mai aspettata».
Com’è andata?
«Mi hanno hanno telefonato che stavamo andando ad allenarci a Torino. Mi hanno detto che erano dalla Segreteria del Prsidente. Pensavo fossero dalla Segreteria del Presidente della Valle d’Aosta. E invece mi dice del presidente Mattarella. Dissero: “Siamo stati incaricati di contattarla per comunicarle che è stato insignito dell’Ordine del Merito di ufficiale della Repubblica”. Ho pensato fosse uno scherzo. Invece era vero. Siamo stati ricevuti al Quirinale, dove mi hanno dato la medaglia e la pergamena».
Ma come è giunta la notizia a Roma?
«L’ho chiesto anch’io. Mi hanno detto che c’è uno staff che cura anche questo aspetto».
Come è nato il progetto della palestra?
«È nato da un’esigenza: trovare un luogo dove potersi allenare o dove fare semplicemente attività fisica. Da lì abbiamo iniziato ad avere qualche attrezzo, abbiamo trovato una sede accessibile. Poi gli istruttori hanno iniziato a fare un’indagine sul mercato per capire quali attrezzi potessero esserci per le persone con disabilità motoria. Technogym ne produceva alcuni per il mercato canadese. Li abbiamo comprati e abbiamo presentato il nostro progetto all’INAIL che ci ha dato una mano ancora per prendere degli attrezzi per i suoi assistiti. Man mano sono arrivati tanti “normodotati” che hanno superato i primi imbarazzi. All’inizio, appena arrivava una persona con disabilità, si spostavano per lasciare l’attrezzo, lasciando a metà i loro esercizi. Ora non accade più ed è vera inclusione. Anche le persone con disabilità devono attendere il loro turno».
E poi…
«Siamo esplosi: abbiamo iniziato con 30 metri quadri, poi 170 e adesso abbiamo 700 metri quadri. È diventato una normalità allenarsi tutti insieme. Abbiamo annullato le differenze. Noi non facciamo fisioterapia. Noi facciamo benessere».
Quanti iscritti avete?
«4.500 di cui sono all’incirca 250 le persone con disabilità certificata. Adesso abbiamo un progetto importante: la Regione ci ha assegnato un edificio da riqualificare. Dobbiamo fare raccolta fondi perché inizieremo i lavori e abbiamo bisogno di due milioni».
E in tutto questo come entra la scalata a 4.165 metri?
«Mi hanno coinvolto Roberto Ferraro e Daniele Boero, uno è una guida alpina e l’altro è un accompagnatore certificato della FISIP (Federazione Italiiana Sport Invernali Paralimpici), con il progetto Alpinisti InSuperAbili… adrenalina inclusiva».
E come è arrivato in cima?
«Sono salito grazie a un monosci speciale in resina e carbonio montato su un meccanismo basculante trainato da un team formato da guide alpine, uomini del Soccorso Alpino della Guardia di Finanza, medici del 118 e altri accompagnatori di grande esperienza».
Come si è preparato?
«Ho fatto una visita medica al Centro di Medicina della Montagna della Valle d’Aosta. I ragazzi del progetto poi hanno curato ogni minimo dettaglio. Siamo andati su col monosci dove due guide ti trainavano centrale, una laterale destra, uno laterale sinistra e due dietro che tenevano la traccia per andare. Ci abbiamo messo circa un’ora e 40 per salire in totale sicurezza. È stata un’emozione unica».
E la discesa?
«Ho proposto di tornare sciando sul monosci, ma hanno preferito fare la stessa cordata dell’andata ma al contrario».