Nel luglio scorso l’ISTAT ha pubblicato il rapporto di ricerca denominato Le molestie: vittime e contesto. Anno 2022-2023 (il testo integrale, completo di nota metodologica, e l’appendice statistica sono reperibili a questo link). Le rilevazioni sono state effettuate nell’àmbito di un’indagine sulla sicurezza dei cittadini svolta nell’anno 2022-2023, al cui interno era stato inserito un modulo dedicato alle molestie a sfondo sessuale subite in àmbito lavorativo e alle molestie non soltanto sessuali subite al di fuori di questo contesto. Il campione utilizzato era composto di persone in età compresa tra i 14 e i 70 anni, intervistate sia telefonicamente sia di persona.
L’ISTAT ha già indagato il tema delle molestie in precedenti edizioni della stessa indagine, a partire dal 1997-1998 (se ne legga a questo link), ma nell’ultima edizione è stata posta una specifica attenzione alle molestie sul luogo di lavoro e a quelle facilitate dalla tecnologia.
Prima di entrare nel merito dei dati, è opportuno ricordare che l’Italia (con la Legge 4/21) ha ratificato la Convenzione n. 190 dell’ILO, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, sull’eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro.
Da parte nostra abbiamo esaminato il rapporto dell’ISTAT per verificare se il tema della disabilità sia stato preso in considerazione, anche memori del fatto che la letteratura scientifica in tema di violenza è concorde nell’evidenziare che le donne con disabilità siano esposte a questo fenomeno più delle donne senza disabilità e degli uomini (con e senza disabilità). Dunque faremo cenno a qualcuno dei dati generali contenuti nel rapporto e segnaleremo l’unico riferimento alla disabilità contenuto nell’elaborato.
Com’era prevedibile, dal rapporto è emerso che le molestie sul lavoro colpiscono soprattutto le donne. «Nel 2022-2023 si stima che il 13,5% delle donne di 15-70 anni, che lavorano o hanno lavorato, abbia subito molestie sul lavoro a sfondo sessuale nel corso dell’intera vita (soprattutto le più giovani di 15-24 anni, 21,2%) e il 2,4% degli uomini di 15-70 anni – è scritto nel rapporto –. In particolare si tratta di sguardi offensivi, offese, proposte indecenti, fino ad atti più gravi come la molestia fisica. Limitatamente agli ultimi tre anni precedenti la rilevazione del 2022-2023, le quote si fermano al 4,2% per le donne e all’1% per gli uomini. Le molestie vengono subite anche al di fuori del mondo del lavoro: nello stesso periodo di riferimento, ne sono state vittime il 6,4% delle donne dai 14 ai 70 anni e il 2,7% degli uomini della stessa età. Poco più della metà di queste molestie avviene tramite l’uso della tecnologia (messaggi email, chat o social media)» (pagina 1; grassetti nostri in questa e nelle successive citazioni testuali).
In termini assoluti si parla di 2,322 milioni di persone di età compresa tra i 15-70 anni che hanno subito almeno una molestia sul lavoro nel corso della vita, l’81,6% delle quali sono donne, pari a un milione e 900mila.
Nel complesso, nel rapporto sono contenuti dati disaggregati per il genere (uomo/donna, ma non, ad esempio, persone che si dichiarano di genere non binario), per età, per tipo di molestia (ad esempio: offese, proposte inappropriate, molestie fisiche), per titolo di studio, per condizione professionale, per il giudizio di gravità espresso dalle vittime riguardo alla molestia subita, per i soggetti con i quali si sono confidate le vittime, per il genere del molestatore, per le tecnologie impiegate per attuare la molestia, per i luoghi in cui la molestia si è verificata, per ripartizione geografica e tipo di Comune, e altri ancora.
Tuttavia l’unico riferimento alla disabilità contenuto nel rapporto è il seguente: «Avere limitazioni (gravi e non gravi) pesa sull’essere vittima di molestie sessuali: per le donne 16,4% e per gli uomini il 3,8%» (pagina 4). Ne risulta uno svantaggio del genere femminile di 12,6 punti percentuali. Un dato rilevante e tuttavia non sufficiente a programmare interventi mirati per questo target. La disabilità non è considerata nell’appendice statistica.
Proprio perché lo stesso ISTAT ammette che la disabilità (nel caso specifico, come abbiamo visto, si parla della presenza di limitazioni funzionali più o meno gravi) «pesa sull’essere vittima di molestie sessuali», sarebbe stato utile conoscere, ad esempio, che tipo di disabilità hanno le persone che dichiarano di avere subito molestie, quale sia il loro profilo, quale quello dell’aggressore, a quali tipi di molestie siano soggette oltre a quella sessuale, quali conseguenze ne siano derivate. Come si fa, infatti, a fare prevenzione, a proteggere le vittime con disabilità, a punire i colpevoli, a definire politiche coordinate adeguate alle loro caratteristiche senza questi dati?
È la domanda che continuiamo a porre pubblicamente all’ISTAT e alle Istituzioni, restando in attesa di risposte. (Simona Lancioni)
Ringraziamo per la segnalazione Paola Cavalieri e Maria Tarallo.
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minime modifiche dovute al diverso contenitore, per gentile concessione.