La nostra organizzazione [UTIM-Unione per la Tutela delle Persone con Disabilità Intellettiva, N.d.R.] continua a registrare tentativi di trasferimento automatico di utenti con disabilità dei servizi residenziali (come Comunità Alloggio e RAF-Residenze Assistenziali Flessibili per Disabili) in strutture RSA per anziani non autosufficienti al compimento dei 65 anni di età. Un problema, questo, che non è limitato alla sola Regione Piemonte, ma è esteso anche in altre Regioni italiane, evidenziando una criticità diffusa a livello nazionale.
Le Aziende Sanitarie Locali, nei casi che abbiamo seguito e dei quali abbiamo impedito il cambio di progetto di vita e l’interruzione del setting di cura e assistenza attuale, sottopongono le persone con disabilità ad una forzata revisione della loro valutazione socio-sanitaria nella relativa commissione (UMVD-Unità Multidisciplinare di Valutazione delle Disabilità o altre sigle analoghe) e decretano il trasferimento dell’utente alla residenzialità per gli anziani.
Tale pratica non considera le specifiche esigenze della persona e comporta conseguenze gravi per la qualità della vita degli utenti. Le ASL non potrebbero farlo, se non dopo avere provato che non sussistono più le condizioni di disabilità e che il bisogno è “solamente” di natura geriatrica. Questo passaggio, tuttavia, viene spesso ignorato, con una valutazione superficiale che mira esclusivamente a ridurre i costi per il sistema sanitario.
L’interruzione del ricovero in una struttura per persone con disabilità – spesso il loro luogo di vita da decenni – è una pratica crudele e illegittima, che le ASL mettono in atto o tentano di attuare, soprattutto quando non vi è opposizione da parte dei familiari, che o non ci sono più o non sono adeguatamente informati, nonché da parte dei loro tutori/amministratori di sostegno.
La motivazione alla base di questa pratica risiede nel risparmio economico: infatti, il costo per il Servizio Sanitario del ricovero in una RSA per anziani è circa un terzo di quello di una piccola struttura residenziale per persone con disabilità. Questo approccio ignora pertanto il benessere degli utenti, privilegiando esclusivamente il contenimento dei costi.
Come UTIM consigliamo dunque di resistere alle pressioni per il trasferimento, inviando una formale e argomentata lettera (tramite Raccomandata A/R o PEC) al Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria Locale di residenza dell’utente con disabilità e al Direttore della struttura di attuale vita e ricovero, nonché alla nostra organizzazione o ad altra organizzazione di rappresentanza e tutela degli utenti.
È fondamentale, infatti, agire tempestivamente e formalmente, per evitare che la decisione diventi irreversibile. I riferimenti normativi, che sottolineano l’importanza di garantire continuità assistenziale ed evitare cambiamenti automatici nei servizi basati solo sull’età anagrafica, sono per altro stati rafforzati di recente a seguito della Legge Delega 227/21 in materia di disabilità (articolo 27 del Decreto Legislativo 62/24) e di quella sugli anziani non autosufficienti (articolo 33 del Decreto Legislativo 29/24). Questi riferimenti normativi evidenziano come sia essenziale rispettare la specificità dei bisogni individuali, evitando approcci standardizzati che penalizzano le persone più deboli.
Dal canto nostro rimaniamo eventualmente disponibili a fornire consulenza gratuita ai familiari/tutori di persone con disabilità per l’opposizione al trasferimento in soluzioni residenziali diverse rispetto a quelle attuali, come più sopra riportato.