Da tempo, le famiglie di alunni con disabilità e le loro Associazioni segnalano l’insufficiente formazione degli attuali insegnanti di sostegno, i quali conseguono la specializzazione polivalente con un solo anno di specializzazione, costituito da 60 Crediti Formativi Universitari (CFU). Infatti, questa attuale formazione ha sostituito dal 1986 quella monovalente di due anni; cioè sino ad allora esistevano vari tipi di specializzazione per il sostegno a seconda delle diverse tipologie di minorazione, per ciechi, per sordi segnanti e per “psicofisici”, tipologia nella quale erano inseriti tutti gli altri casi di minorazione. Questa pluralità di specializzazioni creava problemi organizzativi nelle nomine, non essendo sempre possibile trovare nello stesso Comune un numero di docenti specializzati pari al numero di alunni con quella determinata minorazione. Così, nel 1986, il Ministero dell’istruzione istituì una commissione per la formulazione di corsi polivalenti, da svolgersi inizialmente in due anni. Nel corso degli anni, si è passati alla durata annuale di queste specializzazioni, e di recente, con il Decreto Legge 71/24, essa è stata addirittura ridotta a un semestre per i supplenti che abbiano comunque svolto almeno tre anni di sostegno senza specializzazione.
Tutto ciò ha ovviamente indebolito la formazione di questa fondamentale figura professionale, e le lagnanze non provengono solo dalle famiglie e dalle Associazioni, ma lo stesso ministro Valditara di recente ha invocato una maggiore specializzazione per i casi in cui tale formazione non è sufficiente a rispondere ai bisogni educativi degli alunni con disabilità.
Ora, un’opportunità per il ripristino della durata biennale delle specializzazioni polivalenti viene offerta da una correzione apportata dal Decreto Legge 130/21, che con l’articolo 4, comma 2, ha modificato l’articolo 12, comma 5 del Decreto Legislativo 66/17, portando da uno a due anni la durata delle specializzazioni per i docenti di sostegno delle scuole dell’infanzia e primarie.
Questo il testo modificato del comma 5: «Con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, di concerto con il Ministro dell’istruzione, sono definiti, a decorrere dall’anno accademico 2025/2026, i piani di studio e le modalità attuative e organizzative del corso di specializzazione in pedagogia e didattica speciale per le attività di sostegno didattico e l’inclusione scolastica, nonché i criteri per il riconoscimento, ai sensi e per gli effetti del comma 3, dei crediti formativi universitari relativi alle didattiche dell’inclusione e gli ulteriori requisiti necessari per l’accesso al medesimo corso di specializzazione».
La nuova norma prevede dunque la necessità di un “concerto” promosso dal Ministero dell’Università e della Ricerca con il Ministero dell’Istruzione e del Merito. È auspicabile, pertanto, che le organizzazioni FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità), le due principali Federazioni di Associazioni di persone con disabilità, chiedano ai due Ministeri di predisporre le modalità per avviare all’inizio del prossimo anno gli incontri per la formulazione dei programmi dei nuovi corsi biennali, in modo tale che essi possano partire con il successivo anno accademico.
Questo invito non sembri prematuro, perché i ritardi di attuazione di moltissimi articoli del citato Decreto Legislativo 66/17, non addebitabili solo al presente Governo, ma attualmente non colmati, fanno temere a molti di noi che anche questa nuova importantissima normativa possa non essere tempestivamente attuata, dal momento, anche, che non se ne sente parlare negli ambienti appositi.
Quanto ai docenti delle scuole secondarie, a ciò potrebbe provvedere la Proposta di Legge attualmente in discussione al CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), promossa dal consigliere Falabella, che è anche presidente nazionale della FISH, la quale prevede espressamente l’introduzione della specializzazione biennale in luogo di quella annuale. Tale Proposta di Legge, infatti, prevede l’istituzione di apposite classi di concorso per il sostegno, cui si accede tramite una qualunque laurea magistrale seguita dall’anno abilitante per il sostegno più l’anno di specializzazione. Pertanto, i 60 Crediti Formativi Universitari dell’anno abilitante più i 60 del corso di specializzazione annuale darebbero origine alla specializzazione biennale.
Il fatto che una laurea magistrale in qualunque disciplina possa portare a una nuova classe di concorso con i due anni successivi è previsto dai nostri ordinamenti; tant’è vero che un laureato in Lingua e Letteratura Italiana, con tre esami aggiuntivi di latino e greco, può divenire titolare della cattedra di discipline letterarie, latino e greco. Inoltre, il fatto che alla nuova classe di concorso si possa accedere con una qualunque laurea smentisce l’accusa mossa da taluni alla nuova classe di concorso, secondo cui essa “condannerebbe” i docenti di sostegno a vita a rimanere in tale cattedra, discriminandoli rispetto a tutti gli altri docenti. Invero, i nuovi docenti di sostegno avrebbero per un verso il diritto di trasferimento su altra cattedra di sostegno come tutti gli altri docenti, e per altro verso, così come gli stessi, avrebbero il diritto del “passaggio di cattedra” su altra cattedra disciplinare, acquisendo quei pochi Crediti Formativi Universitari che integrano l’anno abilitante, facendo conseguir loro l’abilitazione all’insegnamento della disciplina in cui sono laureati.
La Proposta di Legge discussa dagli organi del CNEL dovrebbe essere presentata in Parlamento nei primi mesi del prossimo anno, e se venisse approvata in tempo utile anche per i docenti delle scuole secondarie, a partire dal successivo anno accademico potrebbero avviarsi i corsi biennali di specializzazione, dal momento che i laureati di scuola secondaria potrebbero accedere immediatamente al corso biennale costituito dalla laurea abilitante sul sostegno e dall’anno di specializzazione ad essa collegato.
Ciò posto, si ribadisce l’auspicio che le due Federazioni FISH e FAND riescano ad ottenere dai Ministeri competenti il rispetto dei tempi nell’adempimento delle procedure previste. A ciò potrebbe giovare il clima culturale e politico determinatosi a seguito del G7 Inclusione e Disabilità, svoltosi in Umbria dal 14 al 16 ottobre scorsi, e conclusosi con l’approvazione della Carta di Solfagnano, in cui le Associazioni italiane, e segnatamente quelle della FISH, hanno trasfuso il frutto dei risultati positivi dell’inclusione realizzata in Italia da svariati decenni.