Un po’ del mio tempo, per generare il cambiamento sulla disabilità

di Martina Dei Cas*
Da dieci anni Chiara Soma di Arco (Trento) vive in carrozzina, a causa di una lesione midollare, e lavora come impiegata in un’azienda di Trento che si occupa, tra le altre cose, di aggiornamento professionale per il personale sociosanitario. Nel tempo libero va in bicicletta, ma non solo, è anche volontaria dell’AsTrID (Associazione Trentina per l’Inclusione e la Disabilità) e si impegna assiduamente assieme al resto del gruppo per mappare e far rimuovere le barriere architettoniche ancora presenti nei paesi e nei sentieri del proprio territorio. L’abbiamo incontrata
Chiara Soma
Chiara Soma

Chiara Soma, 34 anni, di Arco (Trento), lavora come impiegata in un’azienda di Trento che si occupa, tra le altre cose, di aggiornamento professionale per il personale sociosanitario e, nel tempo libero, va in bicicletta, «anche se – scherza – di recente non ho battuto record né vinto titoli mondiali». «Insomma – continua – sono una persona piuttosto nella media».
Magari le persone “nella media” fossero tutte come te, verrebbe da risponderle. Chiara, infatti, è anche volontaria dell’AsTrID, acronimo di Associazione Trentina per l’Inclusione e la Disabilità e si impegna assiduamente assieme al resto del gruppo per mappare e far rimuovere le barriere architettoniche ancora presenti nei paesi e nei sentieri del proprio territorio.

Chiara, dieci anni fa esatti, nel novembre 2014, la tua vita è cambiata per sempre.
«Esatto, a causa di una lesione midollare dovuta a un incidente d’auto, ho iniziato a convivere con la carrozzina. Ogni anno, trascorro il giorno di quell’anniversario come se fosse una sorta di secondo compleanno. Mi piace celebrare il tempo trascorso organizzando qualcosa con gli amici e la famiglia, oppure prendendomi una pausa per stare sola con me stessa. I primi anni, lo facevo per ricordarmi che ero sopravvissuta. Adesso, invece, è un modo per dare valore ai progetti e agli obiettivi raggiunti, nonché – soprattutto – alle persone che mi sono vicine».

Quali sono le principali difficoltà che hai dovuto affrontare nella tua nuova quotidianità?
«Esordiamo dicendo che la mia vita mi piace. Mi sono costruita una quotidianità che mi porta naturalmente a interagire con persone che hanno una visione e sensibilità sulla disabilità simile alla mia. Di conseguenza, non mi capita quasi mai di sentirmi infastidita o discriminata. Tuttavia, a volte, succede. Rispetto a trent’anni fa, viviamo in una società molto più aperta e consapevole nei confronti dei diritti delle persone con disabilità. Pensiamo a come sono state raccontate le Paralimpiadi di Parigi: dando spazio a un po’ di sana ironia invece che allo stereotipo del “disabile supereroe”. Ma se oggi siamo qui, è grazie alle battaglie di chi è venuto prima. Perciò, credo che destinare parte del mio tempo a generare il cambiamento sia, in un certo senso, un dovere morale.
I primi anni dopo il mio incidente sono stata sostenuta e aiutata da molte persone. Nel 2020, ho deciso di entrare in AsTrID perché spero di poter, anche in minima parte, fare a mia volta lo stesso».

Di cosa si occupa l’Associazione?
«Ho conosciuto AsTrID nei mesi successivi all’incidente, mentre ero ricoverata in riabilitazione. Fin da subito mi ha colpito il taglio pratico dei progetti portati avanti. Così, ho deciso di aderire in prima persona. L’Associazione, nello specifico, conta sessantuno soci e si occupa di sensibilizzazione e formazione in materia di barriere architettoniche e di sport praticato all’aria aperta, in chiave inclusiva e accessibile».

Volontari AsTrID
Chiara insieeme ad altri volontari dell’AsTrID, in occasione di un evento organizzato ad Arco (trento)

All’aria aperta, quindi anche in montagna?
«Sì. L’accessibilità delle vette è un tema relativamente nuovo. La prima cosa da tenere presente è che in montagna le barriere naturali esistono e vanno rispettate. Dunque, non si tratta di costruire o cambiare la conformazione dei luoghi. A volte, banalmente, il sentiero esiste, ma manca la relativa segnaletica. Oppure sul sito web che descrive la zona non è prevista una sezione con le percentuali di pendenza, il tipo di fondo stradale, la presenza di panchine, zone d’ombra o fontanelle. In Trentino da questo punto di vista qualcosa si sta muovendo. Con AsTrID, qualche mese fa, abbiamo partecipato a uno shooting fotografico che servirà all’APT di Madonna di Campiglio per promuovere un sentiero accessibile a persone con disabilità motoria: la passeggiata verso il Lago Nambino».

E invece dal punto di vista dei centri urbani?
«Portiamo avanti il progetto Paesi senza Barriere, ovvero la mappatura – realizzata dai volontari dell’Associazione – delle barriere architettoniche presenti in un’area urbana predefinita. L’idea è venuta al presidente di AsTrID, Andrea Facchinelli, unendo la sua professionalità di geometra alla sensibilità di chi usa la carrozzina per muoversi, visto che anche lui convive con una disabilità motoria dal 2008. L’iniziativa consiste nel creare delle schede tecniche da utilizzare per le rilevazioni, scaricabili liberamente dal sito di AsTrID».

Come funziona?
«I volontari escono a verificare in prima persona, per esempio quanto è largo un marciapiede o come si accede a un determinato palazzo pubblico. Una volta terminata la rilevazione, le schede vengono raccolte, se necessario corrette, sintetizzate e presentate all’Ufficio Tecnico del Comune in cui è stata effettuata la mappatura. Ovviamente, la mappatura viene realizzata in dialogo con le Pubbliche Amministrazioni, in modo da agevolare l’effettiva rimozione delle barriere una volta che queste vengono segnalate. Per esempio, abbiamo contribuito alla costituzione del PEBA (Piano di Eliminazione delle Barriere Architettoniche) del Comune di Trento e mappato le barriere presenti nella Circoscrizione di Mattarello e del Comune di Arco. Ad Arco, poi, abbiamo tenuto una formazione per le Associazioni dell’Alto Garda, presentando un vademecum con una serie di indicazioni pratiche per organizzare eventi pubblici “senza barriere”».

E rispetto ai sentieri?
«Abbiamo creato un database di tracce che stiamo raccogliendo tramite Komoot, dedicato agli itinerari praticabili con handbike da sterrato. Siamo partiti dall’Altopiano della Vigolana, dove abbiamo mappato ventidue itinerari per un totale di oltre cinquecento chilometri e stiamo lavorando per fare la stessa cosa in altre zone del Trentino. Io stessa mi sto allenando e organizzando per poter trascorrere la maggior parte del tempo che ho all’aria aperta, esplorando nuovi sentieri e condividendoli con quante più persone possibile».

Il presente contributo è già apparso nella testata «Oltre gli ostacoli» e viene qui ripreso, con minime modifiche dovute al diverso contenitore, per gentile concessione.

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