Una guida pratica, in cui si evidenziano da una parte le buone prassi, che possono migliorare la qualità della vita di circa 40.000 persone con malattie neuromuscolari, duramente colpite dal Covid, e dall’altra le difficoltà croniche legate all’accesso ai servizi di supporto.
Si chiude con questo documento il progetto E. Re. – Esistenze Resilienti, promosso dalla UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) e finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nato con l’obiettivo di ridurre le disuguaglianze sociali e garantire il benessere delle persone con distrofie e altre malattie neuromuscolari. Il progetto si è concentrato sull’inclusione sociale e sul miglioramento dell’accesso ai servizi per le persone con disabilità, in particolare per coloro che sono state maggiormente colpite durante la pandemia da Covid (ne abbiamo parlato nei dettagli in questo pezzo).
«Il percorso fatto grazie a E.Re. ci ha permesso di raccogliere dati e spunti per costruire strumenti e strategie sempre più al servizio dei volontari UILDM e delle comunità dove operano. Da qui nasce questo documento, che si pone come una guida pratica, evidenziando le buone prassi sviluppate, tra cui percorsi formativi e iniziative sociali, volte a migliorare la qualità della vita di questa popolazione», sottolineano dalla UILDM.
Attraverso un’attenta raccolta e analisi dei dati, nel corso dell’iniziativa sono emerse non solo le difficoltà croniche legate all’accesso ai servizi di supporto, ma anche le opportunità di miglioramento che possono essere perseguite con strategie mirate. Il contesto della pandemia da Covid ha evidenziato in modo drammatico le fragilità del sistema assistenziale, mettendo in risalto l’importanza di soluzioni inclusive e resilienti. «Le buone prassi identificate, come la creazione di 46 punti di trasporto sul territorio nazionale, la formazione giuridica e amministrativa per le persone con disabilità e l’offerta di consulenze medico-scientifiche e sociali, hanno risposto a esigenze concrete della comunità neuromuscolare, ampliando le possibilità di autonomia e inclusione», si legge nelle conclusioni del documento.
«Nonostante i progressi compiuti, la conclusione del progetto ha messo in evidenza la persistenza di sfide importanti, tra cui l’accesso ineguale ai servizi nelle diverse regioni e la mancanza di continuità assistenziale, accentuata dalla pandemia. Tuttavia, l’approccio adottato e i risultati ottenuti indicano che è possibile costruire un sistema più inclusivo e resiliente, capace di rispondere in modo adeguato alle necessità delle persone con disabilità».
Insomma il cammino verso una società inclusiva è ancora lungo, ma passi compiuti con un progetto come questo dimostrano che un cambiamento è possibile. (C.C.)
Per ogni ulteriore informazione: uildmcomunicazione@uildm.it (Alessandra Piva e Chiara Santato).