Monica (nome di fantasia) vive in Lombardia e frequenta la prima media. Ha una disabilità motoria e cognitiva dalla nascita, le sue condizioni di salute richiedono particolari attenzioni e una certa dimestichezza, i suoi genitori sanno meglio di tutti come prestarle la dovuta assistenza, ma hanno il diritto di avere un adeguato supporto che, oltre ad “alleggerire” il loro lavoro di cura, permetta alla figlia di condurre una vita il più possibile “normale” con i suoi coetanei.
Dall’età di tre anni Monica si reca a scuola e alle terapie mediche avvalendosi di un servizio di trasporto erogato dal suo Comune. Nel corso del tempo si sono alternati autisti e assistenti che hanno consentito alla famiglia una certa tranquillità, pur non cancellando i problemi che sono quelli di tante altre famiglie nella stessa situazione, famiglie dove uno dei genitori, nella maggior parte dei casi la madre, deve rinunciare al lavoro per assistere il figlio o la figlia con disabilità, scelta obbligata anche per la mamma di Monica.
Tutto è andato bene fino al mese di giugno di quest’anno, quando, come un fulmine a ciel sereno, ai genitori della bambina è arrivata un’e-mail nella quale si annunciava la sospensione del servizio. A nulla sono valse le legittime rimostranze degli interessati, più che legittime, perché per quanto concerne il trasporto scolastico si entra nell’ambito del diritto all’istruzione degli alunni e delle alunne con disabilità che va ascritto alla categoria dei diritti fondamentali; il trasporto dall’abitazione alla scuola, infatti, è un diritto soggettivo funzionale alla realizzazione del diritto all’istruzione.
Proprio per questo motivo, il Consiglio di Stato, con la Decisione n. 2631 del 20 maggio 2008, ha confermato l’obbligo di offrire gratuitamente il servizio di trasporto (con assistenza), per gli studenti con disabilità o, in caso di impossibilità, di garantire un trasporto pubblico efficiente e a misura del soggetto, garantendo tempi di percorrenza adeguati. Il Consiglio di Stato, inoltre, ha specificato che il trasporto scolastico è un servizio pubblico da erogare a titolo gratuito, in conformità con l’articolo 28, comma 1, della Legge 118/71 e con il principio del divieto di discriminazione di cui agli articoli 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e all’articolo 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, senza dimenticare, aggiungiamo noi, l’articolo 24 (Educazione) della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
Per ottenere dunque quanto spetta alla figlia, i genitori di Monica si sono rivolti ad un avvocato che a sua volta ha coinvolto la UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) e la LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità, componente lombarda della FISH-Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), resesi disponibili al dialogo per trovare insieme un’adeguata soluzione.
Da giugno si è arrivati a novembre per avere un primo riconoscimento dei diritti della bambina. Cinque mesi perché il Comune concedesse il rimborso delle spese sostenute dalla famiglia per il trasporto scolastico di Monica, effettuato da un’Associazione con la quale i genitori hanno stipulato un accordo, cinque mesi nei quali il papà ha comunque dovuto rinunciare a ore di lavoro per accompagnare la figlia alle terapie mediche, dal momento che questi tragitti non sono attualmente coperti da nessun servizio e sono totalmente a carico della famiglia che subisce quindi anche un danno economico, dal momento che soltanto il papà ha un impiego.
Il riconoscimento del rimborso, spiegano i genitori di Monica, è un traguardo importante ma parziale. Questo rimborso verrà sempre erogato, oppure un giorno, come già accaduto per il trasporto scolastico, un’e-mail lo sospenderà? La normativa prevede che per il tragitto casa-scuola degli alunni e delle alunne con disabilità che frequentano la scuola secondaria di primo grado (scuole medie) gli organi competenti siano gli uffici comunali; dovrebbero essere loro ad organizzare e finanziare in prima battuta il servizio, non delegando alla famiglia questo impegno, limitandosi ad un rimborso spese come nel caso di Monica.
Rimane poi in sospeso il nodo delle terapie mediche, se è vero che per queste, finora, non è stato previsto nessun servizio né alcun rimborso, è sempre la famiglia a farsene carico in toto.
Auspicando insieme alla famiglia il ripristino del trasporto della bambina nelle modalità precedenti al mese di giugno di quest’anno, rammarica constatare che nel 2024 ancora si debba interpellare un legale e chiedere l’intervento delle Associazioni di categoria, per vedere garantito l’esercizio di un diritto previsto dalle normative nazionali, europee e internazionali.