Fino al 20 dicembre, al Palazzo delle Nazioni Unite di New York, è visitabile la mostra La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità attraverso gli occhi dei giovani. All’inaugurazione ha presenziato anche il presidente della FISH (Federazione Internazionale per il Superamento dell’Handicap) Falabella, oltreché consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), che ha incontrato poi anche il console generale d’Italia a New York Fabrizio Di Michele e la comunità italiana newyorkese. Lo abbiamo incontrato
Fino al 20 dicembre, al Palazzo delle Nazioni Unite di New York, è aperta la mostra La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità attraverso gli occhi dei giovani. All’inaugurazione ha presenziato anche il presidente della FISH (Federazione Internazionale per il Superamento dell’Handicap) e consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), Vincenzo Falabella, che ha incontrato poi anche il console generale d’Italia a New York Fabrizio Di Michele e la comunità italiana newyorkese. L’abbiamo incontrato per capire in quale misura questa missione abbia rappresentato un’occasione per rafforzare il dialogo internazionale e sensibilizzare la comunità globale sull’importanza di una piena attuazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
Non è una cosa di tutti i giorni intervenire al Palazzo delle Nazioni Unite: dopo il momento delle emozioni, può tracciare un bilancio della sua trasferta a New York? Ha assunto un significato particolare anche per le persone con disabilità e le famiglie che rappresenta?
«È stato certamente un riconoscimento del lavoro che stiamo portando a compimento nel nostro Paese. Il nostro movimento associativo è andato oltre i propri confini nazionali e quello che abbiamo fatto in questi anni, a livello politico, di empowerment, di conoscenza e consapevolezza di come bisogna rivendicare i diritti dei nostri cittadini e delle nostre cittadine con disabilità, è stato percepito chiaramente a livello istituzionale e all’interno del Palazzo di Vetro dell’ONU.
Il direttore dell’Alleanza Internazionale sulla Disabilità (IDA) José Maria Viera, e il capo di gabinetto del segretario generale dell’ONU, Courtenay Rattray, mi hanno confermato che le azioni che stiamo mettendo in campo a livello nazionale sono seguite a livello mondiale: questo è un piccolo vanto per come siamo riusciti a cambiare la cultura e i metodi di advocacy (tutela) e di rappresentanza associativa.
Abbiamo rappresentato le buone prassi che stiamo mettendo in campo, ma anche evidenziato le criticità: l’Italia ha innovato tanto, è riconosciuta a livello internazionale per la stesura di norme importanti, ma molte volte queste norme non riescono ad essere applicate e, quindi, non hanno una ricaduta concreta sulla vita dei nostri cittadini e delle nostre cittadine con disabilità.
Un passaggio che voglio ulteriormente sottolineare è che la FISH è riuscita ad arrivare in quei luoghi istituzionali che in passato non erano minimamente pensabili: lo abbiamo fatto quando è stata ratificata la Convenzione ONU nel 2006 a New York, e nel marzo dell’anno successivo, quando Giampiero Griffo sottoscrisse la Convenzione stessa insieme all’allora ministro della Solidarietà Sociale Ferrero. Lo abbiamo rifatto ora, attraverso la mia presenza, a distanza di diciotto anni».
Rispetto alla mostra sulla Convenzione vista attraverso gli occhi dei giovani, al cui taglio del nastro ha presenziato, che cos’ha di particolare questo sguardo, cosa vede che gli adulti non riescono a vedere, a suo parere?
«I nostri ragazzi, le nostre ragazze hanno una sensibilità e un’attenzione differente rispetto a noi adulti: sono privi di schemi e di barriere: riuscire ad incidere in maniera significativa sulla loro cultura, sul loro sapere, sulle loro sensibilità è lo strumento migliore per quel cambiamento che tutti noi auspichiamo.
Dalla mostra, attraverso il linguaggio del fumetto, emerge una rappresentazione della disabilità non in chiave pietistica, ma di valorizzazione della persona, quindi è un occhio diverso che non ha paura del “diverso”, non ha paura della condizione di disabilità».
Durante il suo soggiorno ha incontrato anche il Console Generale d’Italia a New York Fabrizio Di Michele: di cosa avete parlato?
«Nonostante fossimo a tantissimi chilometri dal nostro Paese, una volta varcata la soglia del Consolato, abbiamo respirato aria di casa. In attesa dell’arrivo della ministra per le Disabilità Locatelli, abbiamo avuto un incontro riservato con il Console e la viceconsole Marta Mammana: conoscevano molto bene il mondo della FISH da me rappresentato. In merito alla Legge di Bilancio per il 2025, attualmente in discussione, ci siamo soffermati sul Fondo Unico per l’inclusione delle persone con disabilità, snodo cruciale per l’applicazione e la garanzia di tutti quei princìpi che vengono annoverati all’interno della Legge Delega 227/21 in materia di disabilità».
Come è andato invece l’incontro con la comunità italiana che vive a New York?
«È stato emozionante trovarmi di fronte ad una sala gremita di cittadini e cittadine italiane che vivono ormai da tanto tempo negli Stati Uniti: ci hanno fatto sentire la loro vicinanza, il loro attaccamento al Paese Italia. Nella giornata successiva ho avuto poi anche degli incontri informali con alcune organizzazioni americane di Associazioni di persone con disabilità e dei loro familiari: mi hanno chiesto come abbiamo fatto a costruire questa autorevolezza e questa interlocuzione con la politica nazionale, mentre a livello internazionale il movimento associativo stenta ancora a ritagliarsi un ruolo politico. Mi sono dunquue soffermato su ciò che abbiamo cercato di fare, ossia di mettere da parte la sterile rabbia e l’improduttivo mugugno, studiando moltissimo, mettendo in rete le competenze e soprattutto ascoltando le istanze dei nostri cittadini e cittadine. Al mondo che rappresentiamo abbiamo chiesto in particolare quali fossero i bisogni principali insoddisfatti e da qui siamo partiti per costruire una rete di solidarietà, attraverso il confronto, a volte anche aspro, ma in grado di portare a sintesi le numerose istanze arrivate». (Carmela Cioffi)
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