Come migliorare l’assistenza dei pazienti con tumori del sangue?

Superare le sfide dell’assistenza territoriale del paziente oncoematologico, conciliare innovazione e accesso in oncoematologia, migliorare la qualità del tempo di lavoro del medico ematologo, prevedere il supporto psicologico come servizio essenziale per tutti i pazienti con diagnosi di tumore e, infine, aumentare l’accesso alle cure palliative precoci. Sono le cinque proposte per migliorare la presa in carico “globale” del paziente oncoematologico in Italia, elaborate dal progetto Bridge the Gap
Un momento della conferenza stampa di presentazione del progetto "BRIDGE THE GAP"
Un momento della conferenza stampa di presentazione del progetto “Bridge the Gap”

Superare le sfide dell’assistenza territoriale del paziente oncoematologico, conciliare innovazione e accesso in oncoematologia, migliorare la qualità del tempo di lavoro del medico ematologo, prevedere il supporto psicologico come servizio essenziale per tutti i pazienti con diagnosi di tumore e, infine, aumentare l’accesso alle cure palliative precoci. Sono le cinque proposte per migliorare la presa in carico “globale” del paziente oncoematologico in Italia, elaborate da Bridge the Gap, progetto ideato da Isheo, società specializzata in ricerca e consulenza nel settore sanitario in collaborazione con La lampada di Aladino, associazione fondata da ex malati di cancro che supporta i pazienti oncologici.

«Per i pazienti, soprattutto quelli con il tumore del sangue, il fattore qualità della vita diventa fondamentale, motivo per il quale occorre colmare le lacune presenti nel percorso di cura. Cito ad esempio quella del supporto psicologico, declinato dalla letteratura scientifica come un bisogno primario, che serve al paziente per vivere meglio la sua condizione, dalla scoperta della malattia e per tutto il resto della vita. Eppure, nonostante la figura dello psicologo sia disponibile nella maggior parte dei reparti di oncologia degli ospedali italiani, nella quasi totalità dei casi sono le associazioni di pazienti o di volontariato a garantirne la presenza, togliendo fondi al proprio budget. E questa cosa a lungo andare diventa insostenibile», ha affermato Davide Petruzzelli, presidente de “La Lampada di Aladino”.

«Ciò che abbiamo in mente sono veri e propri servizi strutturati in ogni centro di ematologia e oncoematologia, che prevedano il coinvolgimento di uno psicologo, psicoterapeuta o psichiatra in grado di condurre valutazioni e fornire consulti adeguati. Il tutto includendo anche i caregiver, come nel caso di pazienti pediatrici. Ma non solo, è necessario prevedere figure specializzate come supporto tecnico-amministrativo nei reparti ospedalieri per ridurre il “burden amministrativo” dei medici. Bisogna porre maggiore attenzione alla figura del farmacista ospedaliero per favorire l’idoneo accesso all’innovazione terapeutica, e al palliativista per le cure palliative precoci, entrambe figure da integrare nella discussione multidisciplinare, che deve necessariamente prendere in maggiore considerazione i servizi di assistenza territoriale per ridurre, laddove possibile, il carico sugli ospedali», ha dichiarato Davide Integlia, general manager ISHEO.

E di figure specializzate ha parlato anche l’ematologo Paolo Sportoletti, Sezione Ematologia Dipartimento Medicina e Chirurgia Università di Perugia: «Il burnout nei medici è spesso legato all’elevato carico complessivo di lavoro, a cui si sommano anche mansioni amministrative. Queste attività sottraggono tempo ed energie alla pratica clinica e all’aggiornamento professionale, essenziali per un’assistenza di qualità. Potenziare le figure di supporto tecnico-amministrativo nei nostri ospedali può contribuire a ridurre il carico, migliorare l’efficienza e salvaguardare il benessere del personale sanitario». (C.C.)

Per maggiori informazioni e approfondimenti: Anita Fiaschetti (anitafiaschetti@gmail.com).
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