«Vorrei centrare la mia attenzione – scrive Enrichetta Alimena – sulle persone con disabilità che hanno alti livelli di formazione, ma che pure non riescono ad avere un lavoro stabile, che possa garantire loro un progetto di vita dignitoso. Una situazione non più sostenibile, perché il lavoro, un lavoro che segua le aspirazioni della persona, è l’unico strumento per un percorso di vita dignitoso»
Sulle pagine di Superando nelle ultime settimane si è sviluppato nuovamente il dibattito sul lavoro per le persone con disabilità; ricordo ad esempio l’articolo scritto da Marino Bottà, direttore generale dell’ANDEL (Agenzia Nazionale Disabilità e Lavoro) che si concentra sulle scarse opportunità lavorative per chi ha una disabilità ad alta necessità di supporto e bassi livelli di istruzione e formazione [“Lavoro e disabilità: serve un cambio totale di strategia”, N.d.R.].
Io vorrei invece spendere qui la mia attenzione sulle persone con disabilità che hanno alti livelli di formazione, ma che pure non riescono ad avere un lavoro stabile, che possa garantire loro un progetto di vita dignitoso.
Se guardiamo i dati dell’ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca) del 2022 abbiamo una rappresentazione chiara della situazione. Dall’anno accademico 1999-2000 il numero di studenti con disabilità è quadruplicato da 4.443 a 17.073 nell’anno accademico 2019-2020. In particolare l’81% degli studenti con DSA (disturbi specifici dell’apprendimento) risulta iscritto ad un corso di laurea triennale, contro il 63 % degli studenti con disabilità; per quanto poi riguarda le lauree magistrali e magistrali a ciclo unico, le percentuali degli studenti con DSA si fermano all’8-9% e sono invece più alte quelle degli studenti con disabilità. Gli studenti con disabilità che accedono al dottorato, infine, sono una novantina in tutta Italia.
Questi dati ci dimostrano dunque che il sistema di istruzione e formazione italiano inclusivo, pur con tutti i limiti che conosciamo, riesce ad offrire una prospettiva di futuro a tante ragazze e ragazzi con disabilità, qualcosa che solo qualche decennio fa era impensabile.
Le Università si stanno attrezzando, offrendo i supporti e gli accomodamenti ragionevoli necessari a rendere l’ambiente universitario accogliente per chi abbia a una disabilità o diverse situazioni di svantaggio.
Tutto risolto, quindi? Certo che no, ci sono ancora diverse barriere da abbattere, ma la strada è stata intrapresa con una certa convinzione e sistematicità. E penso anche alle Linee Guida da poco rese pubbliche sull’inclusione degli studenti con disabilità nelle Università [su di esse si legga un nostro ampio approfondimento a questo link, N.d.R.], dove si descrivono tutte le strategie e metodologie da mettere in campo, il monitoraggio delle barriere, la diversificazione degli strumenti e dei supporti didattici ecc.
Si fa poi riferimento al tema dell’autonomia e indipendenza delle persone con disabilità per puntare ad un percorso di vita soddisfacente, ed è qui che torniamo al tema del lavoro. Sì, perché nonostante gli alti livelli di scolarizzazione e formazione, i livelli di occupazione sono ancora molto bassi, se è vero che secondo gli ultimi dati ISTAT, solo il 32% delle persone con disabilità ha un lavoro e le donne, tanto per cambiare, sono le più penalizzate. A lavorare, infatti, sono solo il 26% delle donne, e questo anche se, come dimostrano i dati dell’ANVUR, le donne studiano di più degli uomini: ad esempio, tra il totale delle persone con disabilità che studiano in università, il 52,9% sono donne e il 47,1% uomini; per quanto poi riguarda la frequenza di Master di Primo e Secondo Livello, il 70,3% sono donne con disabilità, mentre tra gli uomini la percentuale si ferma al 29,7% e il divario tra donne e uomini con disabilità c’è anche tra chi frequenta i corsi di laurea triennale, magistrale e le scuole di specializzazione; le percentuali vanno di nuovo a vantaggio degli uomini con disabilità, solo quando si parla di dottorato. Dunque, si torna qui al tema della doppia e multipla discriminazione delle donne con disabilità.
Tornando a quel 32% di persone con disabilità occupate, il dato prodotto non distingue tra i livelli di formazione, ma non è difficile sapere quanto il lavoro, per chi ha una disabilità, se arriva, arriva molto più tardi rispetto agli atri, è precario e spesso non rispondente agli studi conseguiti.
Dobbiamo quindi lavorare tutti insieme per colmare questi divari tra donne e uomini con disabilità ma anche tra persone con disabilità che si formano, ma che non trovano uno sbocco lavorativo.
Le cause di questi divari sono tante. Prima di tutto vi è un fattore culturale che vede le persone con disabilità come “eterni bambini e ragazzi” che devono sempre imparare, e non sono mai pronte a prendersi delle responsabilità, verso se stessi e gli altri, coltivando un fenomeno di infantilizzazione davvero mortificante. In questo i giovani con disabilità pagano il pregiudizio di essere giovani, che in Italia vuol dire non crescere mai, figuriamoci se hanno una disabilità…
Ma il fatto che il problema dell’occupazione in Italia sia generale, non ci deve fornire l’alibi per non agire, perché nel caso delle persone con disabilità la situazione non è più sostenibile e di questa situazione devono essere consapevoli tutti, persone con disabilità, politici, associazioni di categoria e Terzo Settore, tenendo conto anche del fatto che molte persone con disabilità lavorano e si impegnano all’interno di Associazioni ed Enti del Terzo Settore, ma svolgono spesso attività di volontariato.
Abbiamo bisogno inoltre dell’alleanza con le Università, con il mondo della formazione e naturalmente degli enti pubblici e privati, e dobbiamo agire presto, perché le persone con disabilità non possono aspettare ancora, perché anche il loro tempo, come quello di tutti, ha un valore. Senza mai dimenticare che il lavoro, un lavoro che segua le aspirazioni della persona, è l’unico strumento per un percorso di vita dignitoso; altrimenti, quando si parla di inclusione sociale e di percorso di vita, si rischia di fare solo retorica.
*Attivista per i diritti delle persone con disabilità, docente e formatrice sui temi della disabilità e disability manager. Autrice del libro “Lotta per l’inclusione. Il movimento delle persone con disabilità negli anni Settanta in Italia”, ha realizzato due radio-documentari con Rai Radio 3 (“Il confino. Disabilità e lockdown” e “Tutto normale. Un altro sguardo sulla disabilità”). Fa parte della RIDS (Rete Italiana Disabilità e Sviluppo) ed è “esperta junior” in Cooperazione Inclusiva. Nel 2024 ha ricevuto il Premio AIFO “Donne per l’inclusione”.
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