La continuità didattica dei docenti di sostegno a tempo determinato: questa è la giusta prospettiva

«Di fronte alla posizione assunta dalla UIL Scuola – scrive Vincenzo Falabella – sulla bozza di Decreto prodotta dal Ministero, rispetto alle misure per la continuità didattica dei docenti a tempo determinato su posto di sostegno, sono necessarie alcune precisazioni, per fornire una panoramica completa e corretta sulla questione, come sempre si dovrebbe fare, specie trattando problemi tanto complessi e delicati, quale quello dell’inclusione scolastica»

Insegnante di sostegno con un'alunna«Per il prossimo anno scolastico è possibile che un docente non specializzato sia confermato sul posto occupato quest’anno a discapito di un docente specializzato che potrebbe aspirare a quel posto per diritto di graduatoria. Ciò è lesivo non solo per il docente specializzato, perché non si garantisce il diritto di graduatoria, ma soprattutto per l’alunno disabile, che rischierà per il secondo anno consecutivo di non avere l’insegnante di sostegno specializzato»: lo ha dichiarato Giuseppe D’Aprile, segretario generale della UIL Scuola, a proposito della bozza di Decreto prodotta dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, riguardante le misure per la continuità didattica dei docenti a tempo determinato su posto di sostegno per l’anno scolastico 2025/2026.
La bozza di Decreto, ha aggiunto D’Aprile «stabilisce che, entro il 31 maggio 2025, il dirigente scolastico raccolga l’eventuale richiesta di conferma del docente di sostegno da parte della famiglia» e che «dopo aver verificato le condizioni necessarie, comunichi l’esito all’Ufficio Scolastico Provinciale, al docente e alla famiglia entro il 15 giugno. La conferma è possibile anche per i docenti senza specializzazione già nominati».
«Un metodo che affida la scelta ai genitori – afferma il rappresentante sindacale -, soprattutto in contesti familiari difficili, rischia di favorire logiche clientelari e influenzare il consenso, compromettendo l’imparzialità del sistema scolastico statale, garante di laicità, trasparenza e pluralismo. Scegliersi i docenti equivale a trasformare l’istruzione costituzionalmente definita quale funzione essenziale dello Stato, in un servizio a domanda che risponderebbe solo ai “desiderata delle famiglie”. Per tali motivi abbiamo chiesto il ritiro del provvedimento e ci riserviamo, in caso contrario, di impugnarlo anche in sede giudiziaria, oltre a valutare la violazione dei diritti dei lavoratori in relazione al sistema di reclutamento e individuazione del personale scolastico con particolare riferimento ai docenti specializzati».

A questo punto alcune precisazioni sono certamente necessarie, rispetto a una serie di elementi trascurati dal segretario generale D’Aprile.
Innanzitutto lascia a dir poco stupiti che il segretario generale di una rappresentanza sindacale nazionale, quale la UIL Scuola, ignori il fatto che quella norma oggi contestata era già presente ben otto anni fa nel Decreto Legislativo 66 del 2017 (Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera c), della legge 13 luglio 2015, n. 107), dove all’articolo 14 (comma 3) si scriveva testualmente che: «al fine di agevolare la continuità educativa e didattica […] e valutati, da parte del dirigente scolastico, l’interesse della bambina o del bambino, dell’alunna o dell’alunno, della studentessa o dello studente e l’eventuale richiesta della famiglia, ai docenti con contratto a tempo determinato per i posti di sostegno didattico possono essere proposti, non prima dell’avvio delle lezioni, ulteriori contratti a tempo determinato nell’anno scolastico successivo, ferma restando la disponibilità dei posti e le operazioni relative al personale a tempo indeterminato».
Detto poi che il provvedimento riguarderebbe solo i docenti precari non di ruolo, esso non impedirebbe affatto ai docenti specializzati aspiranti a quel posto di ruolo o precari di impedirne l’applicazione, poiché la normativa già stabilisce che non sia possibile nominare docenti non specializzati quando siano presenti e disponibili docenti specializzati.
E ancora, non è corretto parlare di «metodo che affida la scelta ai genitori»: la famiglia, infatti, non sceglie, ma impedisce solo che il docente presente precario per un anno venga licenziato, come per legge.
Infine, anziché chiedere il ritiro del provvedimento, come vorrebbe la UIL Scuola, sarebbe sufficiente sostituire, nel testo della norma, la richiesta della famiglia con quella del Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione (GLO), inserendola nel Piano Educativo Individualizzato (PEI), essendo la famiglia, all’interno dello stesso GLO, solo uno dei tanti membri. Di fronte infatti alla richiesta di conferma del docente precario da parte della famiglia, spetterebbe all’intero GLO di approvarla o meno.

Questa, a parer nostro, è la panoramica completa e corretta della questione di cui si tratta, come sempre si dovrebbe fare, specie trattando problemi tanto complessi e delicati, quale quello dell’inclusione scolastica degli alunni e delle alunne con disabilità.

*Presidente della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro).

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