Annalisa Dall’Asta, un’esistenza al servizio dell’educazione

di Filippo Visentin
Nel suo ruolo di dirigente scolastica, Annalisa Dall’Asta porta avanti la propria missione forte della sua esperienza personale di donna con disabilità, divenuta uno strumento di sensibilizzazione, un esempio per studenti e insegnanti su cosa significhi davvero superare le barriere, non solo quelle fisiche, ma anche quelle culturali e mentali. Il suo impegno è la dimostrazione concreta che l’inclusione non è solo una teoria, ma una pratica possibile e necessaria
Annalisa Dall'Asta
Annalisa Dall’Asta

La prima cosa che più mi colpisce, sentendo Annalisa al telefono la prima volta, è la sua voce: una voce che da subito ti trasmette calore, accoglienza, entusiasmo. Fatte le presentazioni, le chiedo di parlarmi del suo lavoro.
Annalisa Dall’Asta è preside della Scuola Elementare Paritaria Edith Stein di Parma, ispirata per l’appunto al pensiero della filosofa e monaca tedesca. Annalisa è una donna con una disabilità motoria, ma la sua condizione non ha mai rappresentato un limite alla sua passione per l’infanzia e per la formazione. Al contrario, la sua esperienza personale è diventata una risorsa che le ha permesso di dare vita a una scuola che pratica l’inclusione in ogni aspetto della vita scolastica. La “Scuola di Edith”, infatti, segue i programmi ministeriali, ma si distingue per un approccio didattico che pone al centro la collaborazione e la condivisione come strumenti di apprendimento. «L’educazione – mi dice – non si basa esclusivamente sulla trasmissione di informazioni, ma sul lavoro di gruppo e sull’esperienza condivisa. Gli studenti vengono valutati non solo per le loro competenze disciplinari, ma anche per la loro capacità di collaborare e valorizzare il contributo degli altri».
Mi spiega poi che per i primi due anni non si utilizzano voti numerici, ma una valutazione che considera diversi aspetti, come le competenze disciplinari, quelle di cittadinanza e le abilità trasversali. L’obiettivo è favorire un ambiente in cui non ci sia competizione, ma crescita collettiva, aiutando i bambini a sviluppare autonomia e responsabilità.
Un altro elemento distintivo è il Consiglio di Scuola, un momento in cui i bambini possono esprimere dubbi, pareri e proposte sulla vita scolastica e sulla convivenza con i compagni. Tra gli strumenti educativi c’è infatti anche il “Quaderno delle Regole”, un elenco di norme stabilite insieme, che i bambini rileggono quando si verificano situazioni di conflitto, imparando così a riflettere sui propri errori e a rispettare le regole condivise.
«Alla “Scuola di Edith” – aggiunge Annalisa – l’apprendimento non si limita alle aule: sono previste infatti numerose attività collaterali aperte ai bambini e ai loro genitori, spesso organizzate il sabato, proprio per favorire la partecipazione delle famiglie. I laboratori artistici e creativi, inoltre, sono un elemento centrale, perché permettono ai bambini di esprimere il loro potenziale e di imparare attraverso il gioco e la sperimentazione».

Il lavoro di Annalisa nella scuola, tuttavia, è solo l’ultimo capitolo di un lungo percorso dedicato all’infanzia: prima di diventare preside, ha collaborato con Associazioni, Cooperative Sociali e realtà culturali di Parma, per promuovere progetti educativi innovativi, sempre con un’attenzione particolare ai bambini più fragili e alle loro famiglie. La sua visione dell’educazione si fonda sull’idea che nessuno debba essere lasciato indietro e che la scuola abbia un ruolo fondamentale nel costruire una società più giusta e inclusiva. Questa convinzione non è solo il frutto di studi pedagogici e filosofici, ma anche di una vita vissuta con determinazione, affrontando con coraggio le difficoltà della disabilità, senza mai smettere di credere nella bellezza dell’insegnare.

Oggi, nel suo ruolo di preside, Annalisa continua a portare avanti con energia e passione la sua missione. La sua esperienza personale diventa uno strumento di sensibilizzazione, un esempio per studenti e insegnanti su cosa significhi davvero superare le barriere, non solo quelle fisiche, ma anche quelle culturali e mentali.
Il suo impegno è la dimostrazione concreta che l’inclusione non è solo una teoria, ma una pratica possibile e necessaria. La sua scuola, così come la sua storia, sono la prova che l’educazione può essere davvero un atto di amore, verso i bambini, verso la società, verso un futuro in cui le differenze siano viste non come ostacoli, ma come una ricchezza da valorizzare.

Share the Post: