«Anche quest’anno – scrivono dalla LEDHA – sul palco del Festival di Sanremo si è parlato di disabilità e purtroppo, come spesso è già accaduto in passato, lo si è fatto male. Per questo, dunque, abbiamo lanciato una raccolta firme su Change.org, per chiedere che il Festival di Sanremo si prenda “un anno sabbatico” dalla disabilità e che, approfittando di questa pausa, gli autori del Festival stesso si prendano il tempo per studiare e informarsi meglio su questo tema»
Anche quest’anno ci siamo lasciati alle spalle il Festival di Sanremo. La più importante vetrina della musica italiana è un evento totalizzante: oltre alla diretta su RaiUno, i quotidiani e i loro siti internet, le radio e i social fanno a gara per pubblicare quanti più contenuti possibile (interviste, retroscena, meme e gossip) su cantanti, ospiti e conduttori. Nel bene e nel male, dunque, ignorare Sanremo è impossibile.
Anche quest’anno sul palco dell’Ariston si è parlato di disabilità. Purtroppo, come spesso è già accaduto in passato, lo si è fatto male. Prima con un ricordo di Sammy Basso, presentato come «essere umano meraviglioso» che «nonostante tutto amava la vita» e poi con uno spettacolo del Teatro Patologico i cui attori sono stati presentati come «persone affette da disabilità» da Carlo Conti. Ed è stato detto che «senza di loro la vita sarebbe una noia mortale».
Già durante la serata tante persone con disabilità attente ai temi del linguaggio hanno stigmatizzato questi episodi, soprattutto sui loro profili social. Per Lisa Noja, avvocato e consigliera regionale in Lombardia, il modo in cui Conti ha presentato il Teatro Patologico «è un concentrato da manuale di abilismo indecente».
Iacopo Melio, consigliere regionale in Toscana, ha stigmatizzato sia l’uso della storia di Sammy Basso come «inspiration porn» sia l’infantilizzazione degli attori del Teatro Patologico.
E ancora, la giornalista Marina Cuollo ha sottolineato come il «purché se ne parli» non possa più essere «un alibi per comunicare la disabilità senza una reale competenza».
Le persone con disabilità e le loro storie meritano rispetto, meritano di essere raccontate con dignità, senza paternalismo e senza pietismo. Soprattutto, le loro storie non devono essere ridotte a “modelli” di coraggio, di sopportazione, di “capacità di superare le barriere”. Le persone con disabilità non devono “ispirare” nessuno. Non sono modelli di determinazione per il semplice fatto di alzarsi al mattino, andare a scuola o all’università, lavorare, fare sport e così via.
Per questo la nostra Federazione [LEDHA] lancia una raccolta firme su Change.org, per fare una richiesta al direttore generale della Rai, Roberto Sergio, all’amministratore delegato Rai, Giampaolo Rossi, e al direttore artistico di Sanremo, Carlo Conti: nell’edizione 2026 del Festival di Sanremo non occupatevi di disabilità. Non invitate persone con disabilità sul palco, a meno che in gara non ci sia un cantante con disabilità, ovviamente. Niente monologhi, niente celebrazioni, niente testimonianze. Niente.
Chiediamo che il Festival di Sanremo si prenda “un anno sabbatico” dalla disabilità. E che, approfittando di questa pausa, gli autori del Festival si prendano il tempo per studiare e informarsi meglio su questo tema, ascoltando – ad esempio – le parole di Franco Bomprezzi e il Ted Talk della giornalista inglese Stella Young (I’m not your inspiration, thank you very much).
Li invitiamo a parlare con i giornalisti che si occupano da anni di questi argomenti e lo fanno con grande attenzione alle parole e alla rappresentazione delle persone con disabilità. Li invitiamo a confrontarsi con le Associazioni di persone con disabilità, siamo qui anche per questo.
*Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità, componente lombarda della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie).
Sul medesimo tema qui trattato, segnaliamo anche, sulle nostre pagine, il testo Teatro Patologico: attori e attrici, non persone che “soffrono di disabilità”! (a questo link).
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