«Considerare le differenze di genere significa migliorare l’appropriatezza e la tempestività delle cure, con benefìci tangibili per tutti i pazienti»: è stato questo il concetto costantemente ribadito durante un recente convegno a Roma, dedicato, nello specifico, al caso del carcinoma uroteliale e al quale, insieme a specialisti del settore, hanno partecipato anche esponenti di Associazioni
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«L’oncologia di genere rappresenta un aspetto emergente e sempre più rilevante nella personalizzazione delle cure oncologiche. Le differenze biologiche, ormonali e metaboliche tra uomini e donne influenzano, infatti, in modo significativo l’insorgenza, la progressione e la risposta ai trattamenti antitumorali. Tuttavia, il genere non incide solo sugli aspetti fisiologici della malattia, ma anche sulla prevenzione in oncologia, sull’accesso alle cure, specie se sperimentali e sulla gestione degli effetti collaterali. L’integrazione della prospettiva di genere nella ricerca clinica e nei protocolli terapeutici è pertanto essenziale per ridurre le disuguaglianze e migliorare l’efficacia delle cure. Solo attraverso un approccio sensibile al genere possiamo garantire un’assistenza oncologica realmente personalizzata, equa ed efficace per tutti i pazienti. L’oncologia di genere non è dunque un’opzione, ma un dovere scientifico ed etico per la medicina del presente e del futuro»: lo ha dichiarato Rossana Berardi, ordinaria di Oncologia all’Università Politecnica delle Marche e direttrice della Clinica Oncologica all’Azienda Ospedaliera Universitaria delle Marche, nel corso del recente convegno di Roma sul tema Differenza di genere in medicina: il caso del carcinoma uroteliale, promosso da ISHEO, società italiana specializzata in ricerca e consulenza nel settore sanitario, operante a livello nazionale e regionale. L’organizzazione dell’incontro si è avvalsa del contributo della Società Astellas.
Considerare le differenze di genere significa quindi migliorare l’appropriatezza e la tempestività delle cure, con benefìci tangibili per tutti i pazienti. «Integrare le differenze di genere nella medicina – ha dichiarato durante lo stesso convegno Davide Integlia, general manager di ISHEO, economista sanitario ed esperto di percorsi terapeutico-assistenziali – significa non solo adattare i trattamenti alle specificità biologiche di ciascun sesso, ma anche affrontare le disuguaglianze sociali e culturali che influenzano la salute. Riconoscere e affrontare le disuguaglianze di genere è fondamentale per migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria e garantire che tutte le persone ricevano trattamenti adeguati, tempestivi e personalizzati. Questo approccio non riguarda solo le malattie fisiche, ma anche il benessere psicologico, dove le differenze di genere sono altrettanto significative».
«La consapevolezza attuale della centralità della persona affetta da cancro – ha aggiunto dal canto suo Sarah Scagliarini dell’Unità Operativa Complessa di Oncologia dell’Ospedale Cardarelli di Napoli – ci induce finalmente a partire dal vissuto, dai sintomi, dalle condizioni psicologiche e sociali, per poi arrivare alla valutazione strettamente oncologica. Ed è proprio in questo nuovo modo di riflettere che emerge la differenza di genere nel carcinoma uroteliale, con differenze nell’àmbito dei fattori di rischio, del ritardo alla diagnosi, della stadiazione iniziale e della risposta ai trattamenti oncologici. Sensibilizzare, accogliere, cambiare la rotta del cancro oltre che curare è il nostro prossimo obiettivo».
Non solo medici, ma anche esponenti di Associazioni hanno partecipato al convegno di Roma, quale Edoardo Fiorini, presidente dell’Associazione PaLiNUro (Pazienti Liberi dalle Neuroplasie Uroteliali), che ha dichiarato: «Allo stato attuale non esiste uno screening né alcuna forma di prevenzione per il tumore alla vescica. Nelle campagne di sensibilizzazione sulla diagnosi precoce, cerchiamo di porre una particolare enfasi sulla donna, stimolando un maggiore coinvolgimento dei medici di medicina generale e dei ginecologi che hanno una scarsa sensibilità in merito. Lo facciamo attraverso i nostri canali di comunicazione, i gruppi di auto aiuto, i webinar informativi urologi, congressi ed eventi come quello di oggi».
Nello specifico del tema centrale trattato nel convegno, va detto che il tumore della vescica rappresenta tra il 90% e il 95% dei carcinomi uroteliali, ed è quindi la principale neoplasia del tratto urinario la cui sintomatologia, diagnosi e prognosi mostrano quanto sia essenziale un approccio di medicina di genere. Se è vero, infatti, che gli uomini hanno un rischio maggiore di sviluppare la malattia, le donne presentano stadi più avanzati, con prognosi ed esiti peggiori.
Diverse sono state le soluzioni proposte per risolvere tali problemi, quali richiamare l’attenzione dei medici e dei pazienti alla specificità di genere nella diagnosi della malattia; sensibilizzare le donne a prendere in seria considerazione tutti i sintomi del tumore alla vescica e a familiarizzare maggiormente con la figura dell’urologo. Infine, ci si è soffermati anche sulla necessità di aumentare i corsi di formazione sulla medicina di genere.
Per ulteriori informazioni: Anita Fiaschetti (anitafiaschetti@gmail.com).
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