Il Tribunale Civile di Catanzaro ha accolto il ricorso riguardante il caso di un alunno con disabilità (con bisogno molto elevato di sostegni) al quale il proprio Comune aveva ridotto a sole tre ore di assistenza per l’autonomia e la comunicazione le trenta ore richieste nel Piano Educativo Individualizzato. Presentiamo qui di seguito un’ampia analisi dell’Ordinanza prodotta in tal senso
Il Tribunale Civile di Catanzaro, in persona del giudice monocratico in data 18 febbraio 2025, ha pronunciato l’Ordinanza 517/2025 su ricorso con richiesta di provvedimento cautelare urgente, per discriminazione di un alunno con disabilità (con bisogno molto elevato di sostegni) frequentante la scuola media. I ricorrenti lamentavano il fatto che il Comune avesse ridotto a sole tre ore di assistenza per l’autonomia e la comunicazione le trenta ore richieste nel PEI (Piano Educativo Individualizzato) dell’alunno, approvato nel mese di giugno del 2024.
Dopo un’ampia disamina delle questioni pregiudiziali nel merito, il Tribunale ha accolto il ricorso. Diamo atto qui di seguito del ragionamento svolto dal Giudice nel dipanarsi tra le richieste dei ricorrenti, difesi dall’avvocato Marco Tavernese del Foro di Roma, e le numerose eccezioni sollevate dalla Difesa del Comune coinvolto.
1.
Il Giudice ha in primo luogo affrontato l’eccezione di incompetenza, dal momento che il Comune sosteneva che il ricorso andava fatto avanti al TAR (Tribunale Amministrativo Regionale). Il Tribunale ha sostenuto invece che, trattandosi di un diritto costituzionalmente garantito, quale quello allo studio, la causa era di competenza del Tribunale Civile; che si fosse poi in presenza di un diritto, è dimostrato dal fatto che il numero delle ore era già stato indicato nel PEI.
Il Tribunale si è basato per questo sulla Sentenza a Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 25101 del 2019, secondo la quale «in tema di sostegno all’alunno in situazione di handicap, il “piano educativo individualizzato”, definito ai sensi della L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 12, obbliga l’amministrazione scolastica a garantire il supporto per il numero di ore programmato, senza lasciare ad essa il potere discrezionale di ridurne l’entità in ragione delle risorse disponibili, e ciò anche nella scuola dell’infanzia, pur non facente parte della scuola dell’obbligo».
Solo «le controversie concernenti la declaratoria della consistenza dell’insegnamento di sostegno, ed afferenti alla fase che precede la redazione del piano educativo individualizzato, sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a. [Codice del Processo Amministrativo, N.d.R.], atteso che, in tale fase, sussiste ancora, in capo all’amministrazione scolastica, il potere discrezionale espressione dell’autonomia organizzativa e didattica, di individuazione della misura più adeguata al sostegno, il cui esercizio è precluso, invece, dalla successiva formalizzazione del piano suddetto, che determina il sorgere dell’obbligo dell’amministrazione di garantire il supporto per il numero di ore programmato ed il correlato diritto dell’alunno disabile all’istruzione come pianificata, nella sua concreta articolazione, in relazione alle specifiche necessità dell’alunno stesso».
2.
Il Giudice ha dovuto pure analizzare la seconda eccezione sollevata dal Comune, secondo la quale esso non sarebbe tenuto a fornire l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione agli alunni con disabilità. Tale eccezione, però, è stata rigettata dal Giudice sulla base della normativa specifica, e in particolare dell’articolo 13 comma 3 della Legge 104/92 e dell’articolo 139, comma 1, lettera c del Decreto Legislativo 112/98, che attribuisce espressamente al Comune il compito di assicurare il supporto organizzativo all’inclusione degli alunni con disabilità nelle scuole del primo ciclo.
3.
Entrando poi nel merito, il Giudice ha verificato la sussistenza delle due condizioni di ammissibilità di un provvedimento di urgenza, e cioè il fumus boni iuris, ossia la seria probabilità a prima vista dell’esistenza del diritto vantato dai ricorrenti, e quello del periculum in mora, ossia il rischio che se si dovesse attendere l’esito della causa, il diritto accertato risulterebbe ormai inutile.
Sul primo punto, il Tribunale ha accertato l’esistenza di un contributo statale stanziato a favore dei Comuni espressamente per l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione; ciò al fine di rendere effettivo l’esercizio del diritto allo studio degli alunni con disabilità, secondo la normativa sopra citata.
Sul secondo punto, poi, è evidente che, se si fosse atteso l’esito della causa, sarebbe finito l’anno scolastico e quindi l’eventuale Sentenza di accoglimento sarebbe risultata ormai inutile.
4.
Riguardo poi alla discriminazione, il Comune aveva eccepito, sulla base della Sentenza 7089/24 del Consiglio di Stato «che il PEI non costituisce un atto vincolante per i Comuni ma una mera proposta e che in ogni caso gli enti locali provvedono ad assicurare nei limiti delle risorse disponibili gli interventi necessari per garantire l’assistenza di loro competenza, inclusa l’assegnazione del personale come previsto dall’art.13 comma 3 legge 104 del 1992». Per converso, il Giudice, rifacendosi invece a una costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, ha smontato tale eccezione del Comune, sostenendo che non possono addursi problemi di bilancio per violare il diritto allo studio degli alunni con disabilità, e così si è espresso: «Quest’ultimo orientamento è stato fatto proprio da quella condivisibile giurisprudenza che ha affermato il dovere delle competenti amministrazioni di porre in essere ogni adempimento per attribuire agli alunni disabili i diritti riconosciuti dal legislatore in modo che gli alunni e le loro famiglie non debbano proporre ricorsi giurisdizionali per ottenere ciò che è loro dovuto».
Sul punto, il Giudice ha concluso rafforzando la soluzione con la citazione sia dell’articolo 14 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (ratificata dall’Italia con la Legge 18/09) sul diritto allo studio degli alunni con disabilità, sia della Sentenza della Corte Costituzionale 275/16, secondo la quale i problemi di bilancio degli Enti Locali non possono condizionare il diritto allo studio degli alunni con disabilità, diritto affermato già con la famosa Sentenza 215/87 della stessa Corte Costituzionale, in base alla quale il diritto allo studio degli studenti con disabilità non deve essere solo “facilitato” ma “assicurato”.
5.
Per tutti i motivi sopra esposti, la violazione del diritto allo studio operato dal Comune, con la riduzione da 30 a 3 del numero delle ore di sostegno, costituisce per il Giudice un’effettiva discriminazione indiretta ai sensi della Legge 67/06. Il Comune, dal canto suo, ha obiettato che non ha inteso discriminare quell’alunno con disabilità, dal momento che la contrazione è avvenuta nello stesso modo per tutti gli alunni con disabilità del circondario. Il Giudice ha tuttavia osservato che la discriminazione, per la Legge 67/06, consiste nel trattare l’alunno con disabilità in modo diverso dai compagni senza disabilità in situazioni simili. Pertanto, non vi sarebbe stata discriminazione se contemporaneamente fossero state ridotte le ore dei docenti curricolari ai compagni senza disabilità. Un argomento, questo, che è alla base di numerose Sentenze della Corte di Cassazione (25101/14, 9966/17).
6.
Acclarata quindi la sussistenza della discriminazione, il Giudice ha smontato un’errata interpretazione dell’“accomodamento ragionevole” avanzata dal Comune. Infatti, l’articolo 2 della Convenzione ONU prevede che l’accomodamento ragionevole debba sì garantire i diritti degli alunni con disabilità, però a condizione che ciò non comporti «un onere sproporzionato o eccessivo». Tale onere vi sarebbe, secondo il Comune, se non si dovesse ridurre il numero delle ore di assistenza. Il Tribunale, però, ha ribadito che l’interpretazione del Comune si infrange contro la citata Sentenza 275/16 della Corte Costituzionale, che fa appunto prevalere l’effettività del diritto allo studio degli alunni con disabilità sui problemi di bilancio.
7.
Al termine di questa lunga dissertazione, il Tribunale ha condannato il Comune a far cessare la discriminazione, riattribuendo all’alunno tutte le 30 ore precedentemente decurtate, e per stimolare una rapida esecuzione di tale disposizione, si è avvalso dell’articolo 614 del Codice di Giustizia Amministrativa, imponendo al Comune stesso il «pagamento di euro 100,00 per ogni giorno di ritardo nell’assegnazione dell’assistente OEPAC, a decorrere dall’ottavo giorno successivo alla notifica del presente provvedimento».
Non è stata invece accolta la domanda di risarcimento dei danni, in quanto non specificamente documentati.
Sono state infine compensate le spese fra le parti.
Alcune osservazioni
Questa Sentenza è molto ampia e articolata e certamente recepisce numerose argomentazioni prospettate validamente dalla difesa dei ricorrenti. Essa elabora una serie di argomenti sulla base della recente normativa e giurisprudenza di legittimità, sia della Cassazione che del merito.
Assai interessante è il passaggio in cui, per dimostrare il carattere vincolante del numero delle ore di assistenza indicate nel PEI, si copia integralmente un brano della Sentenza 2023/17 del Consiglio di Stato, che era stata pronunciata a proposito del numero di ore di sostegno, ma che il Tribunale ritiene pienamente applicabile anche al numero di ore di assistenza. Sembra utile, in tal senso, riportare il brano della sentenza del Consiglio di Stato citata dal Tribunale, perché esso offre argomentazioni che neutralizzano l’obiezione sollevata nella Sentenza del Consiglio di Stato 7089/24, secondo la quale le proposte indicate dal PEI non avrebbero un carattere vincolante e che comunque la Sentenza 2023/17 sarebbe applicabile solo al sostegno e non anche all’assistenza. In senso opposto, infatti, si è espresso lo stesso Consiglio di Stato nella più recente Sentenza 9323/24 (20 novembre 2024), non citata dal Tribunale, ma che riprende proprio gli argomenti sostenuti nel brano della Sentenza 2023/17 che si riporta.
Il brano segue con l’analitica descrizione del procedimento amministrativo di assegnazione delle ore, che sembra pure opportuno riportare per una doverosa diffusione anche a favore della conoscenza da parte delle famiglie: «30.5. In relazione alla “fase procedimentale intermedia” nel corso della quale si deve pronunciare l’Ufficio scolastico, nessuna disposizione di legge – nemmeno l’art. 4 del D.P.C.M. n. 185 del 2006 – ha attribuito al dirigente preposto dell’Ufficio scolastico regionale il potere di “ridurre”, tanto meno senza una motivazione, il numero di ore di sostegno, individuate dal G.L.O.H. [Gruppo di Lavoro Operativo Handicap, N.d.R.] nelle sue “proposte” a favore dei singoli alunni disabili. L’art. 10, comma 5, ha attribuito il nomen iuris di “proposte” agli atti del G.L.O.H. sulla determinazione delle ore, non perché altre autorità – peraltro non aventi specifiche competenze di natura medica o didattica sulle esigenze degli alunni disabili – possano esercitare un “potere riduttivo di merito”, ovvero ridurre le ore assegnate, ma per la semplice ragione che tali “proposte” sono atti interni al procedimento, e cioè sono redatte quando non sono ancora state rilevate le effettive esigenze e non sono stati assegnati gli insegnanti di sostegno. Le proposte hanno invece la funzione di attivare dapprima la fase di competenza degli Uffici scolastici e poi la fase finale, di attribuzione delle ore da parte del dirigente scolastico.
30.6. Poiché nessuna disposizione ha attribuito agli Uffici scolastici il potere di sottoporre a un riesame di merito quanto proposto dal G.L.O.H., l’art. 4. del D.P.C.M. n. 185 del 2006, che definisce “autorizzazione” l’atto del dirigente preposto dell’Ufficio scolastico regionale, va allora interpretato nel senso di prevedere un atto meramente ricognitivo, il quale constata che sussistono i relativi presupposti di spesa, senza poterli modificare, e giustifica l’impegno e il pagamento delle relative somme.
31.Per le ragioni che precedono, ad avviso della Sezione, il procedimento si articola nel modo seguente: a) il G.L.O.H. elabora i P.E.I. all’interno dei singoli Istituti scolastici, al termine delle fasi procedimentali previste dall’art. 12, comma 5, della legge n. 104 del 1992; b) il dirigente scolastico trasmette le relative risultanze agli Uffici scolastici; c) gli Uffici scolastici, a seguito dell’acquisizione dei dati, devono attribuire ai singoli Istituti tanti insegnanti di sostegno, quanti ne sono necessari per coprire tutte le ore che sono risultate oggetto delle “proposte”, salva la possibilità di esercitare un potere meramente correttivo, sulla base di riscontri oggettivi (è questo il caso, ad esempio, di errori materiali, ovvero del fatto che singoli alunni non siano più iscritti presso un dato istituto, perché trasferitisi altrove); d) il dirigente scolastico – tranne i casi in cui prenda atto della correzione di errori materiali o delle circostanze ostative, specificamente e motivatamente individuate dagli Uffici scolastici – deve attribuire a ciascun alunno disabile un numero di ore di sostegno corrispondente a quello oggetto della singola proposta del G.L.O.H, dalla quale non si può discostare; e) pertanto, i procedimenti riguardanti gli alunni disabili si devono concludere con gli atti del dirigente scolastico di attribuzione delle ore di sostegno, in conformità alle risultanze del G.L.O.H.».
*L’AIPD è l’Associazione Italiana Persone con Down, aderente alla FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie).
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