La Salute deve rimanere un diritto universale, senza discriminazioni nei confronti dei più vulnerabili

di Vincenzo Falabella*
«Il Disegno di Legge su “Misure di garanzia per l’erogazione delle prestazioni sanitarie e altre disposizioni in materia sanitaria” – scrive Vincenzo Falabella -, e in particolare un emendamento di esso, in discussione al Senato, solleva gravi preoccupazioni. Si rischia infatti non solo di minare i princìpi fondanti del nostro sistema sanitario, ma di mettere in serio pericolo i diritti delle persone più vulnerabili, tra cui quelle con disabilità»

Stetoscopio e omini bluIl Disegno di Legge su Misure di garanzia per l’erogazione delle prestazioni sanitarie e altre disposizioni in materia sanitaria, e in particolare l’emendamento n. 13.0.4 in discussione al Senato, sollevano gravi preoccupazioni. Questa proposta, infatti, non solo rischia di minare i princìpi fondanti del nostro sistema sanitario, ma mette in serio pericolo i diritti delle persone più vulnerabili, tra cui quelle con disabilità.

La salute, come sancito dall’articolo 32 della nostra Costituzione, è un diritto universale, garantito dallo Stato, che non può essere subordinato a criteri economici. Questo emendamento, invece, introduce una serie di cambiamenti che potrebbero trasformare questo diritto in un privilegio per pochi.
Il provvedimento in esame, infatti, permetterebbe ai fondi sanitari integrativi di erogare prestazioni anche in àmbito sanitario, rispetto a prestazioni parzialmente comprese nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza. Questo non solo creerebbe una duplicazione dei servizi, ma finirebbe per generare un’enorme confusione nei percorsi di cura.
Di fatto, il sistema sanitario rischia di frammentarsi ulteriormente, creando un sistema a due velocità, uno per chi ha accesso ai fondi privati e uno per chi dipende esclusivamente dal sistema pubblico. È chiaro quindi che le disuguaglianze nell’accesso alle cure aumenterebbero, contravvenendo al principio costituzionale di un servizio sanitario che deve essere accessibile a tutti, senza distinzioni.

Oggi più che mai è sempre opportuno ricordare che la disabilità comporta un costo aggiuntivo il quale ricade principalmente sulle persone e sulle loro famiglie. Molte persone con disabilità devono affrontare spese extra per l’acquisto di dispositivi, assistenze specialistiche e, in molti casi, per usufruire di cure costanti. Con l’introduzione di misure che favoriscono i fondi privati, come nel caso dell’emendamento di cui si parla, questo costo ulteriore diventerebbe insostenibile e le famiglie, già provate dalla gestione quotidiana della disabilità, si troverebbero a dover sostenere oneri aggiuntivi per garantire il diritto alla salute dei propri cari. Questo ne peggiorerebbe ulteriormente la condizione, con il rischio che molti non potrebbero più permettersi cure adeguate.
Il rischio è quindi che la Sanità, anziché continuare ad essere un servizio pubblico, universale e gratuito, venga progressivamente trasformata in una merce per pochi, riservata a chi possa permettersela. E le persone più fragili, quelle che, come sopra sottolineato, già affrontano difficoltà quotidiane legate alla loro condizione di disabilità, rischiano di essere le prime vittime di questa riforma.
È inaccettabile che le disuguaglianze sociali e economiche diventino ancora più marcate nel settore sanitario. La disabilità, che di per sé è una condizione che comporta difficoltà, non può e non deve essere ulteriormente penalizzata da politiche che pongono ostacoli economici all’accesso alle cure.

Mai come prima, dunque, il sistema sanitario deve essere preservato nella sua natura pubblica e universale, come sancito dalla nostra Costituzione: la salute deve essere garantita a tutti, indipendentemente dal reddito, dalla condizione sociale o da altre variabili.
Il già citato articolo 32 della Costituzione stabilisce chiaramente che «la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività». Il nostro impegno dev’essere quindi quello di garantire l’accesso alle cure per tutti, e non di rendere la salute un bene di consumo, accessibile solo a chi può permettersi di pagare per cure private.
La riforma proposta, lo ribadiamo – che in realtà non è altro che una frammentazione del sistema sanitario – rischia di creare un sistema disuguale, dove la salute diventa un lusso per chi può permetterselo e una lotta quotidiana per chi, invece, dipende esclusivamente dal sistema pubblico. È necessario, invece, un intervento che rafforzi il sistema sanitario pubblico, garantendo l’accesso alle cure per tutti, e in particolare proprio per le persone più vulnerabili.
Non possiamo permettere che il diritto alla salute venga ridotto a un privilegio e in tal senso è fondamentale che il Legislatore comprenda l’impatto devastante che quell’emendamento potrebbe avere sulla vita quotidiana delle persone con disabilità e delle loro famiglie, e apra un dibattito serio e approfondito, per trovare soluzioni che non intacchino i diritti di nessuno.

La Sanità deve essere universale, accessibile e gratuita e in grado di rispondere alle esigenze di tutti i cittadini e le cittadine, senza alcuna distinzione. Non possiamo permettere che il sistema sanitario diventi una merce in vendita. La salute è un diritto, non un privilegio.

*Presidente della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro).

 

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