Fra ricostruzione e pianificazione: il congresso dell’RP Sardegna

di Pierfrancesco Lostia
Cultura, autonomia personale, formazione lavorativa e uno sguardo attento al mondo nel suo complesso: pochi, ma qualificanti punti programmatici hanno animato il recente congresso dell’RP Sardegna, l’Associazione dei Ciechi, degli Ipovedenti e dei Retinopatici Sardi. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Martini, già dipendente della Regione Sardegna e riconfermato presidente dell’Associazione
"Biblioteca sulle Disabilità" allestita dall'RP Sardegna
Gli scaffali della “Biblioteca sulle Disabilità” allestita dall’RP Sardegna

Cultura, autonomia personale, formazione lavorativa e uno sguardo attento al mondo nel suo complesso: pochi, ma qualificanti punti programmatici hanno animato il congresso dell’RP Sardegna, l’Associazione dei Ciechi, degli Ipovedenti e dei Retinopatici Sardi, aderente alla FISH Sardegna (Federazionen Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), svoltosi il 6 marzo scorso.
Abbiamo chiesto a Giuseppe Martini, già dipendente della Regione Sardegna e riconfermato presidente del sodalizio, di spiegarci come l’organizzazione abbia saputo crescere, in un periodo in cui il Terzo Settore mostra segni di stanchezza. «Per la verità, anche noi abbiamo affrontato un periodo di ristrutturazione e rilancio». Così Martini, che prosegue: «Non è solo l’associazionismo in generale e quello della disabilità in particolare ad attraversare un momento delicato, ma è l’intera società. In periodi come questi occorre guardarsi attorno e capire qual è il tuo posto in un mondo che cambia di continuo. Forse è in questo che siamo stati bravi».

Parla dello sviluppo esponenziale delle nuove tecnologie?
«Anche. Ma quello è, semmai, la risposta a una situazione più ampia. In Sardegna, a partire dal 2016, le competenze provinciali sono diventate regionali. La gran parte delle Pubbliche Amministrazioni oggi hanno sede a Cagliari, capoluogo sardo. Ciò ha cambiato il rapporto fra associazioni, istituzioni e cittadini. Specie se pensiamo che la mobilità interna dell’isola è tutt’altro che ideale».

Il supporto informatico dell’RP Sardegna per le persone con disabilità visiva sembra riscuotere molto consenso, presidente…
«Come Associazione abbiamo cercato di coprire quegli spazi che, a nostro avviso, chiedevano di essere maggiormente presidiati. Abbiamo investito molto sull’informatica e oggi i nostri preziosi collaboratori supportano i soci con lezioni individuali e di gruppo. Soccorrono i meno digitali fra noi nel disbrigo di pratiche burocratiche ostiche e tramite la tecnologia possiamo farlo anche per gli utenti più lontani dal capoluogo regionale. Inoltre, abbiamo cercato di creare un supporto formativo per chi necessita dell’informatica per motivi professionali. Seguiamo sia utenti in cerca di occupazione, che chi un lavoro già lo ha».

Oggi vi è una figura professionale, quella del tecnico per l’autonomia personale delle persone con disabilità visiva, che la Sardegna attendeva da trent’anni, presidente Martini, e due di quei tecnici appartengono allo staff dell’RP. È stato un traguardo ostico da raggiungere?
«È stata dura sì, specialmente per Margherita Orgiana e Valentino Puddu, i nostri collaboratori. Per un anno hanno dovuto sobbarcarsi l’attività ordinaria dell’Associazione e anche qualcosa di più. E al contempo sostenere un corso di formazione complesso».

Giuseppe Martini
Giuseppe Martini, riconfermato presidente dell’RP Sardegna

Non avete perso tempo e già offrite percorsi individuali di autonomia a parecchi utenti. Soddisfatti della risposta dei vostri soci?
«Direi di sì. Ci stiamo impegnando per fare questo servizio al meglio. Anche in collaborazione con l’Istituto Europeo per la Formazione e l’Orientamento Professionale, lo IERFOP, l’ente che ha organizzato il corso svolto dai nostri Valentino e Margherita. Avere istruttori vedenti edotti di cosa significa muoversi nel mondo senza la vista è importante. La Sardegna ora ha questa figura. Tocca a noi valorizzarla tramite la progettazione, attività con cui ci cimentiamo sempre con maggior sicurezza e con buoni risultati».

In passato, il mondo delle persone con disabilità è apparso è apparso frammentato, chiuso. RP Sardegna invece, sembra credere nelle collaborazioni.
«Ci crediamo sì, specialmente in àmbito culturale, dove l’accessibilità è in gran parte da costruire. Abbiamo realizzato la “Biblioteca sulle disabilità”, cioè testi specialistici che prestiamo gratuitamente agli operatori sociali, agli insegnanti e a tutti coloro i quali si occupano di disabilità. Pare che la nostra biblioteca sia un unicum nazionale. L’intento è far circolare informazione e formazione a favore di chiunque si occupi del tema.
Curiamo poi gli appuntamenti con il cinema audiodescritto: periodicamente, infatti, nella nostra sede di Via Pasquale Tola, 30 a Cagliari, vengono proiettati film arricchiti con una voce fuoricampo che descrive le scene non parlate.
Detto questo, ci siamo aperti a tante collaborazioni. A parte il già citato IERPOF, penso all’ANPVI di Cagliari (Associazione Nazionale Privi della Vista ed Ipovedenti), con la quale abbiamo curato alcuni eventi all’interno di monumenti aperti sempre nella città di Cagliari».

L’ex Istituto dei Ciechi, oggi Agenzia Pubblica di Servizi alla Persona, sarebbe dovuto diventare la “casa delle persone sarde con disabilità visiva”, occupandosi di varie linee di attività, dalla scuola alla riabilitazione, fino al mondo del lavoro. Perché da noi questo risultato sembra lontano, mentre in altre regioni gli ex istituti sono delle eccellenze?
«I margini per ottenere questo risultato ci sono ancora».

Sta parlando dell’ipotetico ritorno dell’Università nei locali di Viale Fra Ignazio?
«Sì. Chi conosce la città di Cagliari e la sua storia, sa che l’ex Istituto dei Ciechi, sito nelle Vie Nicolodi e Fra Ignazio, ha ospitato per anni tre Facoltà universitarie, mentre si ragionava sul come restituirlo al ruolo per cui è nato».

In aggiunta, da un paio d’anni si prospetta l’idea di fare dell’ex carcere di Viale Buon Cammino, poco distante dall’ex Istituto, un campus universitario, mentre si attende la riqualificazione urbana di quella storica parte della città.
«Sì, l’ex carcere è proprietà ministeriale, quindi dovremo attendere di capire come andrà il dialogo fra Istituzioni. Intanto, la trasformazione urbana di Cagliari può essere l’opportunità di riparlare dell’Istituto, i cui destini competono alla Regione. Forse dovremmo fare un ragionamento ampio sulle problematiche generali riguardanti la Sardegna. Anni fa si propose all’allora amministrazione dell’Istituto di procedere a uno scambio di edifici con l’università».

Rifiutare fu un errore secondo lei?
«Preferisco pensare al presente. L’Istituto dei Ciechi sembra proprio pensato per un’università. Convertire la struttura, enorme, alle esigenze attuali di persone con disabilità visiva, diverse da quelle di 100 anni fa, è dispendioso. E forse la collocazione all’interno della città non sarebbe comunque ideale. Forse si dovrebbe rivalutare la possibilità di uno scambio equo».

Ad esempio?
«Se Regione e Università si accordassero, la Casa dello Studente di Via Trentino, anche questa non tanto lontana dal sito dove attualmente sorge l’istituto, potrebbe essere una buona alternativa. Il mio è un esempio puro e semplice, non compete a me fare simili proposte. Dico solo – e chi conosce Cagliari lo sa – che la Casa dello Studente che ho nominato e il punto della città dove sorge è assai più congeniale alla mobilità di persone con deficit visivo».

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