La Carta Europea della Disabilità, strumento voluto per abbattere barriere e costruire ponti

«La Carta Europea della Disabilità è uno strumento voluto per abbattere barriere e costruire ponti, che servirà sempre più a garantire la piena inclusione delle persone con disabilità nella vita sociale e culturale, anche in reciprocità con gli altri Paesi europei»: lo ha detto Vincenzo Falabella, coordinatore dell’Osservatorio Inclusione e Accessibilità del CNEL e presidente della FISH, durante l’incontro denominato “Disability Card, strumento di inclusione per le persone con disabilità”
CNEL, 28 marzo 2025
Un’immagine dell’incontro tenutosi presso la sede del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro)

Presentato nei giorni scorsi anche sulle nostre pagine, si è tenuto a Roma l’incontro denominato Disability Card, strumento di inclusione per le persone con disabilità, promosso dall’Osservatorio Inclusione e Accessibilità del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), Osservatorio di cui è coordinatore il consigliere dello stesso CNEL Vincenzo Falabella, che è anche presidente nazionale della FISH (già Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, oggi Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie).
Realizzato in Italia proprio dalla FISH, il progetto Disability Card, lo ricordiamo, riguarda una Carta, come si può leggere nel portale della Commissione Europea, che dovrà servire come prova dello stato di disabilità in tutti i Paesi dell’Unione Europea, garantendo ai titolari parità di accesso a condizioni speciali e trattamenti preferenziali ovunque nell’Unione stessa. Dopo l’approvazione, nell’ottobre dello scorso anno, da parte del Consiglio dell’Unione, della versione finale del testo di Direttiva sulla Carta Europea di Invalidità e sul Contrassegno Europeo di Parcheggio, i vari Paesi dell’Unione dovranno ora rendere le Carte una realtà al più tardi entro il 2028.

«Rispetto ad altri – ha dichiarato Falabella, durante l’incontro al CNEL – l’Italia è un Paese all’avanguardia nel campo dell’inclusione, ma c’è ancora molta strada da fare, sia a livello economico che sociale e nel campo del lavoro, in particolare, la situazione delle persone con disabilità è ancora sin troppo difficile, anche a causa di stigma e pregiudizi. Per questo ritengo importante che un organo costituzionale come il CNEL si occupi concretamente di questi temi, riguardanti la vita di oltre 12 milioni di persone in vario modo riconducibili alla sfera della disabilità».
«In tal senso – ha aggiunto – il lavoro che stiamo svolgendo nel CNEL attraverso l’Osservatorio Inclusione e Accessibilità è indirizzato a questo obiettivo. vogliamo cioè promuovere politiche che abbiano un impatto concreto e lo faremo appunto anche attraverso la potestà legislativa attribuita al CNEL dall’articolo 99 della Costituzione, ossia in un luogo in cui mettere insieme tutte le parti coinvolte e dove fornire un contributo concreto all’implementazione, ad esempio, della Disability Card, strumento voluto per abbattere barriere e costruire ponti, che servirà sempre più a garantire la piena inclusione delle persone con disabilità nella vita sociale e culturale, anche in reciprocità con gli altri Paesi europei».

Nell’aprire i lavori, Renato Brunetta, presidente del CNEL, ha affermato: «Come CNEL stiamo lavorando da tempo a un’inversione di paradigma, ovvero che l’inclusione conviene, perché una società capace di includere è non solo più giusta, ma anche più efficiente e produttiva. Sotto il profilo storico l’esclusione è figlia dei processi di industrializzazione, quando il sistema economico contadino lascia il posto ai meccanismi del lavoro in fabbrica e quindi alla separazione tra famiglia e dimensione lavorativa. Quel meccanismo basato sulla separatezza e l’esclusione sta ora venendo meno. In ragione poi dell’innovazione tecnologica, con l’avvento dell’intelligenza artificiale e anche con il diffondersi di una coscienza nuova che si è andata sviluppando nel tempo, viene meno l’idea che l’inclusione sia un costo. Perché l’inclusione è uno dei fattori fondanti della coesione sociale e siccome una società non coesa è una società costosa e inefficiente, ecco che si impone il cambiamento di paradigma, ciò che vale per tutte le sfere dell’inclusione, come anche quella di genere».
«Ben venga allora la Disability Card – ha concluso -, ben venga uno strumento di ottimizzazione dell’inclusione. Ora serve l’impegno di tutti per proseguire su questa strada. Lavoriamo insieme. Con un messaggio di fondo che intendo ribadire: l’inclusione è un investimento e non un costo!».

All’incontro sono intervenute anche la viceministra del Lavoro e delle Politiche Sociali Maria Teresa Bellucci e, in videocollegamento, la ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli.
«Dobbiamo creare alleanze, creare ponti – ha sottolineato Bellucci -, per far sì che ciascuno possa contribuire a raggiungere soluzioni adeguate, lasciando fuori la contrapposizione ideologica su una materia come questa. La Disability Card crea accessibilità, possibilità di vivere una vita dignitosa, ma anche il diritto ad essere felici. Abbiamo di fronte grandi sfide. Pensiamo agli impatti della transizione demografica. C’è un aumento di fragilità e di richiesta di assistenza. Servono obiettivi ambiziosi. Un passaggio epocale lo abbiamo avuto sul Terzo Settore con il via libera della Commissione Europea alla fiscalità agevolata. Ci siamo riusciti perché abbiamo voluto lavorare tutti insieme, raccogliendo un patrimonio di esperienze che rende l’Italia unica al mondo sull’economia sociale».

«Il CNEL e la FISH – ha dichiarato infine Locatelli – sono preziosi alleati per rivoluzionare il paradigma sul tema dell’inclusione, che da costo diventa opportunità. Perché puntare sulle competenze di tutti vuol dire non lasciare nessuno indietro, ma al tempo stesso conviene. Non ce la facciamo a livello economico se pensiamo che dobbiamo solo assistere. Ed è poi fondamentale avere una strategia comune, una sfida che gli Enti del Terzo Settore hanno saputo cogliere, mettendo a frutto i talenti e le competenze delle persone, da cui sono nate imprese di successo».
«Stimolare l’autonomia delle persone – ha concluso – vuole anche dire minor carico socio-assistenziale e sanitario a carico dello Stato: l’introduzione della Disability Card va in questa direzione e in tale àmbito l’Italia ha sempre svolto un ruolo da pioniere, se è vero che dapprima abbiamo preso parte alla sperimentazione europea della Carta e poi siamo stati tra i Paesi più avanzati nella messa a terra dello strumento».

All’incontro, ricordiamo in conclusione, sono intervenuti tra gli altri, in rappresentanza della FISH, anche Roberto Speziale, vicepresidente vicario della Federazione e presidente nazionale dell’ANFFAS (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo) e Pier Raffaele Spena, presidente della FAIS (Federazione Associazioni Incontinenti e Stomizzati). (S.B.)

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