La disabilità nei fondi statali per i Centri Antiviolenza e le Case Rifugio

Nel novembre 2024 il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio ha emanato due Decreti recanti la “Ripartizione delle risorse del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità – Annualità 2024”. Uno di essi riguarda le risorse trasferite alle Regioni da destinare ai Centri Antiviolenza e alle Case Rifugio, l’altro le risorse rivolte ai Centri per uomini autori di violenza. Solo il primo prende in considerazione aspetti inerenti alla disabilità

Donne con diverse forme di disabilitàIl 28 novembre dello scorso anno il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio ha emanato due Decreti aventi ad oggetto la Ripartizione delle risorse del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità – Annualità 2024. Nello specifico, il Decreto del 28 novembre 2024 pubblicato in Gazzetta Ufficiale (Serie Generale, n. 46, 25 febbraio 2025, disponibile a questo link), provvede a ripartire tra le Regioni le risorse finanziarie da destinare ai Centri Antiviolenza (CAV) e alle Case Rifugio (CR), mentre quello prodotto nella stessa data (pubblicato in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 33, 10 febbraio 2025, disponibile a questo link) stanzia le risorse che le Regioni stesse dovranno utilizzare per i Centri per uomini autori di violenza (CUAV).
Gli importi complessivi sono i seguenti: 20 milioni di euro per i Centri Antiviolenza pubblici e privati già esistenti in ogni regione, 20 milioni per le Case Rifugio pubbliche e private già esistenti in ogni regione, 5 milioni per i Centri per uomini autori di violenza.

Ebbene, l’analisi dei due Decreti evidenzia che solo in quello relativo ai Centri Antiviolenza e alle Case Rifugio vengono presi in considerazione aspetti inerenti alla disabilità. Le note che seguono fanno dunque riferimento in specifico a questo Decreto e sono finalizzate a illustrare quale attenzione è stata riservata alle specifiche esigenze delle donne con disabilità vittime di violenza.
Entriamo quindi nel dettaglio. Il Decreto prevede che, con riferimento al Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne (2021-2023), e tenuto conto delle specifiche esigenze della programmazione territoriale, 6 milioni di euro vengano destinati per i seguenti interventi: «a) iniziative volte a sostenere la ripartenza economica e sociale delle donne nel loro percorso di fuoruscita dal circuito di violenza, nel rispetto delle scelte programmatiche di ciascuna regione; b) rafforzamento della rete dei servizi pubblici e privati attraverso interventi di prevenzione, assistenza, sostegno e accompagnamento delle donne vittime di violenza; c) interventi per il sostegno abitativo, il reinserimento lavorativo e più in generale per l’accompagnamento nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza; d) azioni per migliorare le capacità di presa in carico delle donne migranti anche di seconda generazione e rifugiate vittime di violenza; e) progetti rivolti anche a donne minorenni vittime di violenza e a minori vittime di violenza assistita; f) azioni di informazione, comunicazione e formazione» (articolo 3, comma 1).
In merito a tali disposizioni possiamo considerare che, in modo condivisibile, vi è una specifica indicazione di prestare attenzione alla presa in carico delle donne migranti e rifugiate, verosimilmente perché esse sono esposte a discriminazione multipla sulla base del genere e della condizione di migranti/rifugiate. Tuttavia anche le donne con disabilità sono esposte a decimazione multipla in ragione del genere e della condizione di disabilità, ma, inspiegabilmente, in riferimento ad esse non vi è alcuna indicazione di migliorare le capacità di presa in carico, e neppure vi è un riferimento all’accessibilità nelle azioni di informazione, comunicazione e formazione.

Sempre all’articolo 3 (ma al comma 2) si stabilisce che 9 milioni di euro siano destinati ai seguenti interventi: «a) iniziative volte a sostenere l’empowerment femminile, il reinserimento lavorativo, la ripartenza economica e sociale delle donne, in particolare nel loro percorso di fuoruscita dalla violenza, e delle donne a rischio; b) azioni di informazione, comunicazione nonché di sensibilizzazione sulle diverse forme di violenza (economica, digitale, sessuale, psicologica), nel rispetto delle scelte programmatiche di ciascuna regione, anche mediante interventi di mentoring e di coaching da realizzare nelle scuole, nelle università e in altri contesti di apprendimento, all’interno di comunità, nei centri per la famiglia, nei luoghi di lavoro, nei centri antiviolenza e nelle case rifugio, volti a promuovere nuovi modelli positivi per il superamento degli stereotipi esistenti, anche in una prospettiva di prevenzione della violenza; c) interventi di formazione, nel rispetto delle scelte programmatiche di ciascuna regione, in particolare anche di educazione finanziaria, come strumento di prevenzione e contrasto della violenza economica; d) interventi per il sostegno abitativo». Anche qui nessun riferimento alla disabilità.
Ulteriori criteri di ripartizione prevedono che 5 milioni siano destinati alla realizzazione di Centri Antiviolenza (articolo 4), mentre i rimanenti 20 milioni dovranno essere impiegati al fine di realizzare e acquistare immobili da adibire a Case Rifugio (articolo 5). Per ciascuna di queste ripartizioni il Decreto rimanda alle diverse tabelle allegate.

In merito alle disposizioni sugli Adempimenti delle regioni e del Governo (articolo 8), segnaliamo solo quelli che ci sembrano più significativi.
Il primo impegno richiesto alle Regioni è quello di assicurare la consultazione dell’associazionismo di riferimento e di tutti gli altri attori pubblici e privati che, direttamente o indirettamente, siano destinatari delle risorse statali. Riguardo a questo impegno, non è specificato se l’espressione «associazionismo di riferimento» includa anche quello dell’area della disabilità. Quindi è richiesto che le stesse mettano a disposizione del Dipartimento per le Pari Opportunità i dati e le informazioni in loro possesso, al fine di consentire lo svolgimento delle funzioni di controllo e di monitoraggio sull’utilizzo delle risorse, nonché sull’attuazione del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne (2021-2023), e anche di comunicare al medesimo Dipartimento l’elenco dei Centri Antiviolenza e delle Case Rifugio destinatari delle risorse (indicando gli importi trasferiti).
Sempre le Regioni devono presentare entro l’imminente 31 marzo una relazione riepilogativa sull’avanzamento finanziario e sulle iniziative adottate utilizzando le risorse erogate ed effettivamente impegnate.
Alle Regioni stesse è richiesto altresì di trasmettere, entro il 30 novembre prossimo, un’apposita relazione sull’utilizzo delle risorse ripartite con il Decreto in esame, nonché sui lavori dei tavoli di coordinamento. Ed è proprio in relazione alla stesura di detta relazione che è richiesto di esporre, distintamente, le azioni relative all’utilizzo delle risorse, «dando evidenza dell’ampliamento dell’offerta dei servizi dei Centri Antiviolenza in termini di creazione di nuove strutture, aumento dell’offerta di servizi delle strutture esistenti, accessibilità per le persone con disabilità e potenziamento dei servizi resi» (articolo 8, comma 6).
Nella stessa relazione le Regioni dovranno anche esporre, distintamente, le azioni relative all’utilizzo delle risorse, «dando evidenza dell’ampliamento dell’offerta dei servizi delle Case Rifugio in termini di creazione di nuove strutture, aumento dell’offerta di servizi e posti letto delle strutture esistenti, accessibilità per le persone con disabilità e potenziamento dei servizi resi» (articolo 8, comma 7).
Dunque gli aspetti dell’accessibilità dei servizi resi dai Centri Antiviolenza e dalle Case Rifugio dovrebbero essere rilevati ed esposti distintamente nella relazione di cui sopra. E questi sono gli unici riferimenti alla disabilità contenuti nel Decreto.

Sotto il profilo antidiscriminatorio rileviamo anche che è richiesto alle Regioni di adottare tutte le opportune iniziative affinché i servizi minimi garantiti dai Centri Antiviolenza e dalle Case Rifugio «siano erogati a favore delle persone interessate senza limitazioni dovute alla residenza, domicilio o dimora in uno specifico territorio regionale» (articolo 8, comma 11).

In conclusione possiamo ritenere che il riferimento agli aspetti dell’accessibilità dei servizi resi dai Centri Antiviolenza e dalle Case Rifugio, e la richiesta che le Regioni li espongano distintamente nelle relazioni sull’utilizzo delle risorse, sia un aspetto positivo, sebbene l’indicazione sia abbastanza generica. Chi rileva l’accessibilità dei servizi? I Centri Antiviolenza e le Case Rifugio hanno le competenze per rilevarla? E di quale accessibilità si sta parlando? Di quella fisica e degli ambienti, di quella delle informazioni, di quella “immateriale”, ossia della presenza di personale appositamente formato per accogliere in modo adeguato donne con disabilità diverse e, all’occorrenza, di servizi di supporto e assistenza? L’indicazione generica dovrebbe includerle tutte, si spera. Certo, la mancanza di una specifica indicazione di migliorare le capacità di presa in carico delle donne con disabilità (analoga a quella prevista per le donne migranti e rifugiate) non è molto incoraggiante.

Si ringrazia Silvia Cutrera per la segnalazione.

*Responsabile di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), nel cui sito il presente approfondimento è già apparso. Viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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