«Includere – scrive Vincenzo Falabella – significa riconoscere, non solo accogliere. Significa costruire spazi dove le persone con disabilità non siano ospiti, ma protagoniste. Per questo suscita delusione e perplessità l’esclusione delle due principali Federazioni italiane che rappresentano le persone con disabilità dal convegno del 28 aprile “NOI: pellegrini di speranza”, evento centrale del “Giubileo delle Persone con Disabilità”»
Il 28 aprile si aprirà ufficialmente il Giubileo delle Persone con Disabilità, evento che si preannuncia solenne e carico di significati simbolici [se ne legga già anche su queste pagine, N.d.R.].
Il Giubileo del 2025 è stato indetto da Papa Francesco con la Bolla Spes non Confundit. L’organizzazione dell’evento è stata affidata al Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione, è un momento di grazia per la Chiesa Cattolica, con la possibilità di ottenere l’indulgenza plenaria e rappresenta un’occasione di riflessione e inclusione che travalica i confini religiosi, toccando la sfera civile e sociale. Un momento che avrebbe potuto – e dovuto – essere un punto di svolta nel modo in cui le persone con disabilità vengono coinvolte e ascoltate nei processi decisionali che le riguardano.
Tuttavia, a poche ore dall’inizio delle celebrazioni, emerge una criticità profonda che suscita delusione e perplessità: le due principali Federazioni italiane che rappresentano le persone con disabilità, FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie, già Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità), sono state escluse dal convegno NOI: pellegrini di speranza, evento centrale del Giubileo delle Persone con Disabilità, organizzato dalla CEI (Conferenza Episcopale Italiana) e coordinato da suor Veronica Donatello, che nella stessa CEI è responsabile del Servizio Nazionale per la Pastorale delle Persone con Disabilità.
Un’assenza che non può passare inosservata, e che solleva interrogativi importanti: come si può parlare di disabilità, di speranza, di futuro, senza coinvolgere direttamente chi quella realtà la vive quotidianamente? Com’è possibile che in un evento pensato per l’inclusione vengano escluse proprio le voci che rappresentano centinaia di migliaia di persone e famiglie in Italia?
Il principio del Nulla su di Noi senza di Noi (Nothing about Us without Us), divenuto uno slogan internazionale delle persone con disabilità già dagli Anni Novanta e ispirato ai movimenti dei diritti civili, sembra essere stato dimenticato. La partecipazione attiva delle persone con disabilità alla definizione delle politiche che le riguardano non è un atto di gentilezza, ma un diritto.
E questo diritto è riconosciuto anche dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, che afferma chiaramente, all’articolo 4 (Obblighi generali), che «nell’elaborazione e nell’attuazione della legislazione e delle politiche da adottare per attuare la presente Convenzione, gli Stati Parte devono coinvolgere attivamente le persone con disabilità […] attraverso le loro organizzazioni rappresentative».
FISH e FAND non sono sigle astratte, ma realtà vive, articolate, radicate nei territori, che quotidianamente si confrontano con problemi reali: l’accessibilità, l’inclusione scolastica, il diritto al lavoro, il supporto alle famiglie, l’autonomia, la vita indipendente. Avrebbero potuto portare sul tavolo del convegno una prospettiva preziosa, concreta, fatta di esperienze dirette e di conoscenza profonda delle esigenze della comunità.
L’evento NOI: pellegrini di speranza si presenta dunque monco, privo di un elemento fondamentale: l’ascolto autentico. Non basta parlare di accoglienza e fraternità se poi, nei fatti, si escludono proprio i protagonisti di quel cambiamento che la Chiesa e la società intera dichiarano di voler sostenere.
Papa Francesco, in diverse occasioni, ha ricordato che «nessuno dev’essere escluso dalla misericordia di Dio», e nel Messaggio per la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità del 2020 affermava: «La peggiore discriminazione di cui soffrono le persone con disabilità è la mancanza di attenzione spirituale, che a volte abbiamo nei loro confronti». Parole forti, che oggi risuonano come un monito non ascoltato.
Anche Giovanni Paolo II, nel 1981, dichiarava: «Ogni uomo, anche il più debole e segnato da limitazioni fisiche o psichiche, è un valore in se stesso, e va rispettato e amato». Eppure, non si può parlare di rispetto se si nega il confronto, se si ignora la rappresentanza collettiva di chi da decenni lavora per affermare questi stessi valori.
In un momento storico in cui la disabilità è finalmente entrata nel dibattito pubblico, grazie anche alle battaglie di chi lotta da anni per i diritti e la dignità delle persone con disabilità e delle loro famiglie, ci si sarebbe aspettati un segnale diverso. Più forte, più inclusivo, più coraggioso. Un segnale che dicesse chiaramente: «Vi vediamo, vi ascoltiamo, siete parte di noi». E invece, ancora una volta, chi dovrebbe essere al centro è rimasto ai margini.
Ma il tempo del silenzio è finito. Le persone con disabilità continueranno a farsi sentire, a rivendicare il loro spazio, a chiedere non solo parole, ma scelte concrete, responsabilità condivise, e soprattutto, rispetto.
Il Giubileo delle Persone con Disabilità avrebbe potuto essere – e può ancora diventare – un segno profetico, un momento in cui la Chiesa dimostra concretamente che l’inclusione non è solo una parola, ma un gesto, una scelta, una strada da percorrere insieme.
Includere significa riconoscere, non solo accogliere. Significa costruire spazi dove le persone con disabilità non siano ospiti, ma protagoniste. Dove le loro competenze, le loro storie, le loro fatiche e le loro speranze siano parte integrante del cammino collettivo. Finché questo non accade, ogni dichiarazione rischia di restare solo una bella intenzione. E la speranza, anziché germogliare, resta soffocata.
Il tempo del Giubileo invita alla conversione: è il momento perfetto per correggere un passo falso, per riaprire il dialogo, per fare spazio a chi è stato lasciato fuori. Perché solo così il Giubileo parlerà davvero a tutti. Solo così sarà pienamente credibile. Solo così, sarà giusto.
*Presidente della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro).
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