«Oltre un milione e mezzo di persone con disabilità nell’Unione Europea – scrive Haydn Hammersley del Forum Europeo sulla Disabilità – vivono ancora segregate in strutture residenziali. In occasione dunque della Giornata Europea della Vita Indipendente, abbiamo voluto ribadire ancora una volta il nostro appello all’Unione Europea, ma anche ai governi nazionali, affinché abbandonino gli istituti segreganti a favore di servizi per la vita indipendente e basati sulla comunità»

Oltre un milione e mezzo di persone con disabilità nell’Unione Europea vivono ancora segregate in strutture residenziali. In occasione dunque della Giornata Europea della Vita Indipendente del 5 maggio (The European Independent Living Day), la nostra organizzazione [EDF-Forum Europeo sulla Disabilità] ha voluto ribadire ancora una volta il proprio appello all’Unione Europea, ma anche ai governi nazionali, affinché abbandonino urgentemente gli istituti segreganti a favore di servizi per la vita indipendente e basati sulla comunità.
Già con il nostro documento su tale tema, prodotto nel marzo dello scorso anno, avevamo delineato le ragioni per cui non possiamo rimanere in silenzio di fronte alla continua istituzionalizzazione delle persone con disabilità in tutta Europa e alla sconvolgente realtà che in molti Stati Membri dell’Unione Europea il numero di persone con disabilità istituzionalizzate continua ad aumentare.
Gli istituti segreganti negano alle persone con disabilità il diritto di scegliere come, dove e con chi vivere, ma possono anche diventare scenari di gravi violazioni dei diritti umani. Qui di seguito riportiamo alcuni esempi significativi di casi che hanno ricevuto particolare attenzione dagli organi d’informazione.
Whorlton Hall, una struttura ospedaliera specializzata nel Regno Unito, dove persone adulte con disabilità sono state sottoposte ad abusi fisici e psicologici. La morte di una donna con disabilità in un istituto in Repubblica Ceca per mano di un membro del personale. E ancora, gravi violazioni dei diritti umani sono state denunciate in centri di assistenza per persone con disabilità in Romania, dove le persone con disabilità ivi residenti hanno dovuto affrontare carestia, torture e sfruttamento.
E tuttavia, per ogni caso che riceve l’attenzione degli organi d’informazione, innumerevoli altri rimangono sconosciuti. È stato dimostrato, inoltre, che le persone ricoverate in istituti psichiatrici corrono un rischio maggiore di abusi sessuali e fisici e di severe misure disciplinari, tra cui punizioni corporali e contenzioni, nonché casi di sterilizzazione forzata. In particolare le donne sono segnatamente più a rischio di tali abusi.
Abbiamo anche osservato, in anni recenti, quanto possano essere pericolose le strutture chiuse in periodi di crisi: si pensi alla pandemia da Covid, quando alcuni istituti sono diventati da una parte focolai di infezioni, dall’altra vere e proprie “centrali di abusi”. E con l’invasione russa dell’Ucraina, abbiamo anche visto quanto fossero isolate le persone negli istituti e quanto le autorità fossero impreparate ad evacuare i residenti in luoghi sicuri, con il conseguente numero incalcolabile di vittime.
Torniamo dunque a invitare i responsabili politici a riconoscere quanto siano dannosi gli ambienti istituzionali segreganti per oltre un milione e mezzo di persone con disabilità nell’Unione Europea che ancora vi vivono, e a impegnarsi finalmente ad abbandonare questa pratica obsoleta e dannosa.
*Settore Politiche Sociali dell’EDF (Forum Europeo sulla Disabilità). Traduzione e adattamento in italiano a cura della redazione di Superando.
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