Persone con disabilità e lavoro: collocate assai poco!

di Marino Bottà*
«A oltre 25 anni di distanza dall’entrata in vigore della Legge 68/99 (“Norme per il diritto al lavoro dei disabili”) e del passaggio di competenze dal Ministero del Lavoro alle Regioni, ci sono oltre un milione di iscritti al Collocamento Disabili, mentre ne risultano occupati solo 360.000» lo scrive Marino Bottà introducendo questo suo approfondimento, dedicato anche a come funziona l’avviamento al lavoro delle persone con disabilità
Persone con disabilità impegnate nell'orticoltura
Persone con disabilità impegnate nell’orticoltura

A oltre 25 anni di distanza dall’entrata in vigore della Legge 68/99 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili) e del passaggio di competenze dal Ministero del Lavoro alle Regioni, la situazione occupazionale delle persone con disabilità non è per nulla migliorata. Alcune Associazioni storiche desidererebbero addirittura un ritorno alla vecchia normativa (Legge 482/68) e al collocamento obbligatorio. Ci sono infatti oltre un milione di iscritti al Collocamento Disabili, mentre ne risultano occupati solo 360.000, pari al 35,85%, contro il 51,3% della media europea.
Il lavoratore con disabilità occupato ha in media un’età di 59 anni (solo il 17,5% ha meno di 40 anni) e uno stipendio medio di circa 18.000 euro all’anno. Nella quasi totalità dei casi appartiene alla categoria dei cosiddetti “disabili-abili” (titolati, professionalizzati e privi di problemi intellettivi, mentali e sensoriali). Infatti, Il 63% è laureato e il 42,7% è diplomato. Solo il 16,9% lavora nell’industria, il 6,4% nell’agricoltura e la restante parte in settori non produttivi. Al contrario i disoccupati cosiddetti “disabili-disabili” non lavorano e dispongono delle cooperative sociali (diffuse prevalentemente al nord) e di strutture occupazionali diurne; mentre la maggior parte trascorre il proprio tempo in famiglia.

Vista l’età degli occupati, si può facilmente dedurre che molti di loro siano stati inseriti dal vecchio collocamento obbligatorio, prima dell’anno 2000 (entrata in vigore della Legge 68/99). Va inoltre considerato che dopo il 2010, la quasi totalità degli occupati ha trovato il lavoro autonomamente o tramite le agenzie per il lavoro. Ovviamente nel numero degli occupati sono compresi i lavoratori già dipendenti che hanno acquisito l’invalidità in costanza di rapporto di lavoro. Ne consegue che il collocamento pubblico ha collocato un numero risibile di iscritti. Ossia solo quelli che sono stati avviati numericamente dopo che l’azienda non aveva rispettato i patti declinati in una convenzione redatta ai sensi dell’articolo 11 della Legge 68/99 («[…] gli uffici competenti […] possono stipulare con il datore di lavoro convenzioni aventi ad oggetto la determinazione di un programma mirante al conseguimento degli obiettivi occupazionali di cui alla presente legge […]». Nel caso poi di mancata assunzione secondo le modalità «[…] gli uffici competenti avviano i lavoratori […] per la qualifica richiesta o altra specificamente concordata con il datore di lavoro sulla base delle qualifiche disponibili». Ovviamente, l’assunzione non riguarda i primi in graduatoria, ma i lavoratori in possesso dei requisiti richiesti.

Nella tabella disponibile a questo link, vi sono i dati ufficiali sullo stato di attuazione della Legge 68/99 nel decennio che va dal 2011 al 2021 (Relazioni al Parlamento: di più recenti non ne esistono). Essi indicano una media annua di avviati al lavoro pari a 36.000 persone delle quali 27.076 perdono il posto entro 12 mesi, pari al 75%. È pertanto difficile pensare al collocamento pubblico come ad un servizio per il collocamento mirato. La persona giusta al posto giusto! «Per collocamento mirato dei disabili si intende quella serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto, attraverso analisi di posti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione» (articolo 2 della Legge 68/99).
Eppure, i servizi provinciali dispongono del Comitato Tecnico, un organismo composto da medici e da tecnici esperti in materia, che dovrebbero segnalare alle aziende i candidati disponibili e adatti al loro contesto produttivo. Purtroppo, nella quasi totalità dei casi non avviene ed è inconcepibile, visto il mandato normativo! Va da sé che le imprese costrette ad arrangiarsi ricorrono alle agenzie per il lavoro e assumono quelli che prima sono stati definiti come “disabili abili. Ne consegue che oltre l’80% degli iscritti dichiara di non avere ricevuto alcuna proposta di lavoro dal collocamento.

Bisogna quindi prendere atto che gli Uffici Provinciali non collocano le persone con disabilità, e tanto meno le accompagnano al lavoro; sono invece impegnati nella gestione delle procedure burocratiche: iscrizioni, convenzioni, esoneri, ottemperanze ecc. Questa situazione causa evasione ed elusione degli obblighi con punte del 70%. Infatti, le aziende spesso si impegnano ad assumere un certo numero di lavoratori con disabilità, che però spesso disattendono. Purtroppo, il Ministero del Lavoro ignora la situazione e gli Assessori Regionali si accontentano di quanto viene loro rendicontato dai dirigenti degli uffici competenti, mentre la classe politica non dispone di strumenti oggettivi di valutazione, vista l’inesistenza di una banca dati nazionale e di statistiche aggiornate.
È amaro, quindi, dover concludere dicendo che il sistema di collocamento nei prossimi anni continuerà a navigare nella “nebbia del percepito”, accompagnato dal suono della propaganda delle varie parti in causa.

«Dopo 23 anni, le persone con disabilità non hanno ancora capito che non spetta a noi collocarli»: questo è quanto mi disse qualche anno fa il responsabile del collocamento di una Provincia del Centro Italia, dimentico della pomposa targa affissa alla porta d’ingresso “Collocamento Mirato”. Ma, al di là di queste amarezze, vediamo come funziona l’avviamento al lavoro per le persone con disabilità.
Di norma l’azienda individua autonomamente il lavoratore (assunzione nominativa) e quindi chiede il nullaosta. L’Ufficio Provinciale competente per territorio verifica se il lavoratore è regolarmente iscritto, dopo di che ne autorizza l’assunzione.
Ma come fanno le aziende a trovare i lavoratori? Possono rivolgersi al collocamento. L’ufficio spesso non risponde o invia un elenco generico di nominativi. In alcune Province, invece, provvede a esporre un bando presso i propri uffici e redige un’apposita graduatoria. Il più delle volte le imprese si rivolgono alle agenzie per il lavoro, affrontando così il sovraccosto dovuto alla somministrazione, o si rifanno ai curricula che hanno ricevuto. Questo spiega l’enorme percentuale di chi perde rapidamente il posto di lavoro. Del resto, non può essere altrimenti fino a che non ci saranno: un efficace collocamento mirato, un percorso di accompagnamento personalizzato e un passeur (Disability Job Supporter) in grado di favorire la transizione al lavoro. Per ora il sistema pubblico resta solo una vetrina senza negozio.

Vista la situazione, dunque, cosa può fare un lavoratore con disabilità in cerca di lavoro? Se è in possesso di una discreta professionalità e ha un buon potenziale occupazionale, può iscriversi al collocamento e poi rivolgersi a tutte le agenzie per il lavoro possibili. È inoltre utile navigare in internet e cercare enti pubblici, privati o del privato sociale che si occupano di inserimento al lavoro. Qualora decidesse di inviare il curriculum, è bene premettere un breve scritto per richiamare l’interesse del recruiter.
Se la persona presenta particolari difficoltà di inserimento al lavoro, è bene che si rivolga ai servizi pubblici locali o alle cooperative sociali.
Si può quindi concludere dicendo che il sistema pubblico non si occupa di collocamento mirato, ma di avviamento numerico (in media 127 avviati ogni anno).

*Già responsabile del Collocamento Disabili e Fasce Deboli della Provincia di Lecco, oggi presidente dell’ANDEL (Agenzia Nazionale Disabilità e Lavoro) (marino.botta@andelagenzia.it).

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