Pagina dopo pagina, il saggio autobiografico di Francien Regelink “Strafare. La mia vita (irre)quieta con l’adhd” diventa un viaggio intenso nelle piccole cose di tutti i giorni vissute in modo “non conforme”, contribuendo a rompere il silenzio e lo stigma che circondano il tema delle neurodivergenze. Il tutto senza retorica e con umorismo, in un libro dedicato in definitiva al coraggio di essere se stessi, pur con una condizione che è una “differenza invisibile”
Leggere Strafare. La mia vita (irre)quieta con l’adhd di Francien Regelink (Le Plurali Editrice, collana “Le Sagge”) è stato un giro sulle montagne russe. Sulla copertina c’è un ritratto pop di Francien che fa la linguaccia e sulla lingua mostra una pastiglia, con irriverenza, perché nel libro si parla anche di farmaci e di droghe, senza naturalmente incoraggiarne l’utilizzo.
La scrittura è veloce, a tratti può apparire perfino sconclusionata, ma è soltanto un’altra maniera di mettere in ordine le idee, una “logica illogica” che ci fa entrare nella mente dell’autrice e nel suo modo di percepire quanto la circonda.
Francien ha l’ADHD (dall’inglese Attention Deficit Hyperactivity Disorder), disturbo da deficit di attenzione e iperattività, una condizione ancora poco conosciuta e sottovalutata, che soltanto in Italia colpisce fino a 2 milioni di persone, adulti compresi, spesso inconsapevoli che le loro difficoltà nella gestione del tempo e delle emozioni, i problemi ad organizzarsi e mantenere la concentrazione hanno questa origine. L’impatto è significativo sul lavoro, le relazioni interpersonali e la generale qualità della vita.
Il saggio autobiografico di Francien Regelink, scritto senza filtri e senza nascondere momenti di crisi, vergogna e depressione, ironico, sempre onesto ai limiti della sfacciataggine, racconta il percorso esistenziale e la quotidianità dell’autrice, classe 1986, giornalista e autrice di bestseller. Lei ha scoperto tardi di avere l’ADHD, a 26 anni, in altri casi la diagnosi arriva nell’infanzia, quando si nota che un bambino o una bambina non riesce a stare fermo, parla in continuazione, non ascolta quanto viene detto, si distrae e fa tutto in maniera un po’ “diversa” dagli altri.
Anche Francien era così, anche a scuola si impegnava al massimo, ma non riusciva ad ottenere i risultati sperati. La sua famiglia la circondava di affetto, non la faceva sentire “sbagliata” o fuori posto, per loro era “semplicemente Francien”. Diventata grande, quel “semplicemente Francien” le sta stretto e cominciano le domande: «Perché non riesco a concentrarmi e mi distraggo tanto facilmente? Perché riesco a finire le cose solo quando si avvicina la scadenza? Perché certe attività apparentemente semplici mi costano tanta fatica? E perché le emozioni mi colpiscono con tanta forza?». Ha già dato un nome a quelle difficoltà, ADHD, servono degli specialisti per la conferma e non è facile trovarli, all’inizio la liquidano con un farmaco sbagliato che le provoca pesanti effetti collaterali. Quando finalmente trova un’équipe multidisciplinare che la supporta, Francien può affrontare le giornate con una consapevolezza maggiore. Rimane il fatto che è sempre in bilico tra un’accentuata sensibilità agli stimoli esterni e la ricerca di stratagemmi, per risultare gradita alle altre persone che non capiscono il suo comportamento sopra le righe, agitato: «Il bisogno di essere amati e di stare in relazione con altre persone è inscritto nella nostra biologia: il nostro desiderio di piacere viene chiamato in causa fin dall’infanzia e noi cerchiamo di essere come il mondo ci vuole. Spesso senza riuscirci, il che è frustrante».
Si sente dire in tono consolatorio che «tutti siamo un po’ ADHD», solo che questa condizione non è un cappotto che si può mettere e togliere a piacimento. Lo spiega nella prefazione Nogaye Ndiaye, attivista, scrittrice, formatrice e divulgatrice, che anche lei convive con l’ADHD, in più è donna, in più è nera, quindi ha subito discriminazioni multiple: «L’ADHD rende la vita difficile, dolorosa, un percorso a ostacoli in salita senza sosta. Non è solo “Oh, che sbadata!”. È vivere con un cervello che non smette mai di correre – nella direzione sbagliata».
Pagina dopo pagina, Strafare. La mia vita (irre)quieta con l’adhd diventa un viaggio intenso nelle piccole cose di tutti i giorni vissute in modo “non conforme”, contribuendo a rompere il silenzio e lo stigma che circondano il tema delle neurodivergenze; nel testo non mancano gli approfondimenti della specialista Cathelijne Wildervanck, che spiega dal punto di vista medico, clinico e psicologico cos’è l’ADHD. Ma sono le parole dell’autrice a farci riflettere e ridere, perché c’è spazio anche per la leggerezza, a volte l’unica arma per restare a galla in una vita dove tutto diventa una sfida, anche vestirsi. Pure noi, davanti ad un vasto guardaroba, impieghiamo tempo per scegliere cosa indossare, per Francien questa scelta può paralizzare l’intera giornata, dopo avere superato lo scoglio di alzarsi dal letto, fare un po’ di ginnastica e mangiare in un appartamento spartano dove sono ridotti al minimo gli spazi nei quali si possono accumulare oggetti inutili che mandano in cortocircuito il cervello.
Francien è sempre vestita allo stesso modo, nel suo armadio solo pochi capi base dello stesso colore, intercambiabili, così non si rischia di uscire in disordine. Su un calendario mensile segna le azioni quotidiane portate a termine con successo, è un incitamento vedere quella lunga fila di crocette per indicare gli obiettivi raggiunti, un po’ meno gratificante il segno sulle giornate storte. Se perfino in casa, al risveglio ogni mattina, occorre questa pianificazione, provate ad immaginare cosa può accadere all’esterno, ad esempio in un ambiente pieno di gente, rumori, odori, luci e colori come un supermercato. Le àncore di salvezza sono la lista della spesa e una budget coach che accredita una data cifra una volta alla settimana per evitare di spendere troppo. E se non basta, Francien gira tra gli scaffali guardandosi i piedi, per non puntare l’occhio su prodotti che la farebbero indugiare in pensieri e associazioni di idee che la manderebbero in tilt.

È a questo punto del libro che mi sono resa conto di quanto debba essere avvilente per le persone con ADHD sentirsi dire che «siamo tutti come loro». È vero, anche noi non sappiamo tante volte cosa indossare la mattina e usciamo dal supermercato con prodotti che non avremmo pensato di comprare, ma questo non ci scombussola la mente, non ci fa sentire in colpa al punto da star male. Questo non ci obbliga a lavorare sotto la scala antincendio, isolati dal resto dell’ufficio per non avere distrazioni, con le cuffie sulle orecchie per estraniarsi da tutto e tutti.
Le cause che portano alla manifestazione dell’ADHD non sono state ancora completamente accertate, alcune ricerche suggeriscono una componente genetica nella sua trasmissione. Francien vorrebbe diventare madre, il racconto si fa intimo quando parla del timore di non essere in grado di portare a termine una gravidanza a causa dei farmaci che a volte deve assumere per superare i periodi di depressione e forte ansietà, ha paura di non essere in grado di accudire suo figlio o sua figlia che da grande potrebbe avere i suoi stessi sintomi comportamentali, nessuno può escludere che accada, ma il sogno è tanto grande da indurla ad informarsi, nel caso dovesse trovare l’uomo giusto per formare una famiglia. Ha avuto diverse relazioni sentimentali e l’ADHD non ha sempre avuto un’influenza negativa. Ha influito invece sulla scoperta della sessualità e Francien ci spiega perché senza retorica, con un’irriverenza che può lasciare di stucco. Lei lo sa, infatti premette che non vorrebbe che i suoi genitori e i suoi ex leggessero questo capitolo! Francien, che fin da bambina ha dovuto frenarsi, sviluppando tecniche di occultamento della sua autentica personalità, è diventata una donna che ha trovato la propria strada, le proprie “istruzioni per l’uso” che vuole far conoscere sia a chi come lei ha l’ADHD, sia a chi non ce l’ha, ma è convinto che la cosiddetta “normalità” sia soltanto un’illusione.
In Strafare. La mia vita (irre)quieta con l’adhd niente è logico e tutto è possibile, è una lettura che ci aiuta a pensare in termini di possibilità e non di limiti. «Io auspico un mondo in cui a ciascuno sia data la libertà o le condizioni per poter sperimentare, per scoprire e fare ciò che funziona, per me, per te e per chiunque altro», spiega l’autrice, confidandoci che «ormai riconosco che tutti i “sintomi” del mio Adhd sono le mie qualità, che mi hanno portato molto lontano. L’unica cosa che auspico per tutte le persone con Adhd è che possano fiorire. Che abbiano fiducia nelle proprie sensazioni e capacità». Senza retorica e con umorismo, proprio come questo libro che, in definitiva, è dedicato al coraggio di essere se stessi, pur con una condizione che è una “differenza invisibile”: «Se una persona sulla sedia a rotelle non può superare un gradino, è normale accorrere in suo aiuto o meglio fare in modo che quel gradino proprio non ci sia. […] Ma se l’infortunio è dentro la mia testa, la gente non si aspetta che io mi fermi. […] L’aiuto arriva solo se io faccio notare che ne ho bisogno. Ma questo è ancora un punto critico». Una considerazione e un insegnamento che valgono per tutti e tutte.
*Direttrice responsabile di Superando.
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