Oltre la burocrazia: il percorso di “Diversamente Bistrot”

di Carmela Cioffi
Quando si parla di inserimento lavorativo delle persone con disabilità intellettive, le sfide burocratiche e le difficoltà organizzative spesso sembrano insormontabili. Alcune realtà dimostrano però che queste barriere si possono superare: ne è un esempio “Diversamente Bistrot”, il bar-bistrot dell’ANFFAS Udine, cui è dedicata questa nuova puntata del nostro approfondimento sull’inclusione lavorativa delle persone con disabilità intellettive appartenenti al “mondo ANFFAS”
Lavoratrice di "Diversamente Bistrot", a fianco della tabella con il menu
Una delle lavoratrici di “Diversamente Bistrot”, a fianco della tabella con il menu

Quando si parla di inserimento lavorativo delle persone con disabilità intellettive, le sfide burocratiche e le difficoltà organizzative spesso sembrano insormontabili. Eppure alcune realtà dimostrano che queste barriere possono essere superate con determinazione e un modello innovativo. Diversamente Bistrot, bar-bistrot dell’ANFFAS di Udine (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo), è uno di questi esempi.
La presente intervista fa parte del nostro approfondimento sull’inclusione lavorativa delle persone con disabilità intellettiva e disturbi del neurosviluppo appartenenti al “mondo ANFFAS”, e in questa terza puntata, per analizzare il percorso di Diversamente Bistrot, abbiamo parlato con Maria Cristina Schiratti, presidente dell’ANFFAS di Udine, oltreché vicepresidente della FISH Friuli Venezia Giulia (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), che ci racconta le difficoltà affrontate, i successi raggiunti e le prospettive future di questo progetto.
A sei mesi dall’apertura, il bistrot ha costruito un modello in cui assunzioni dirette, borse lavoro e percorsi di formazione si intrecciano per offrire opportunità a chi solitamente fatica a trovare spazio nel mondo del lavoro.

Vogliamo tracciare un primo bilancio di Diversamente Bistrot? Quali ostacoli rimangono da superare?
«Abbiamo cominciato questa avventura praticamente da soli: ho chiesto aiuto alle famiglie perché i tempi della burocrazia regionale sono troppo lunghi per i tempi dell’impresa. Grandi nemici di questo tipo di attività sono la burocrazia e le difficoltà riguardanti l’assunzione di persone con disabilità intellettiva. Abbiamo sette persone che lavorano, di cui due assunte direttamente, una con la Legge 68/99, due con il SIL (Servizio Inserimento Lavorativo) con due borse lavoro, uno che sta facendo un percorso con un centro di formazione per vedere se le sue abilità sono sufficienti per poter aspirare a una borsa lavoro e poi abbiamo due volontari, uno per raggiunti limiti d’età e l’altro perché avendo un tutore chiaramente non può essere assunto. Quelli assunti direttamente sono anche i “più facili”, pur se la Legge 68/99 in realtà non è adatta alle persone con disabilità intellettiva. Essa, infatti, è stata elaborata per chi ha disabilità motorie e quindi la ritengo poco adatta alle problematiche di una persona con disabilità intellettiva. Noi conoscevamo le due persone che abbiamo assunto direttamente e quella che è stata assunta con la Legge 68/99, secondo le prescrizioni dell’invalidità, non ha bisogno di tutor, ma anche soltanto passare attraverso il SIL o una scuola di formazione professionale richiede tantissima burocrazia.
Personalmente sono molto contenta di quello che abbiamo fatto, sono contenta della risposta della gente: ormai chi viene da noi vuole incontrare Francesca, Luca o Iva. Ma se vogliamo raggiungere l’equilibrio economico, e lo dico da imprenditrice, ci vogliono due anni almeno. Nessuna attività, infatti, raggiunge l’equilibrio economico prima di due anni, perché all’inizio ci sono gli investimenti, i lavori da fare, devi comprare l’attrezzatura, la clientela si deve giustamente affezionare. Poi noi abbiamo cercato questo locale in una “corte privata”, che è protettiva per le persone che ci lavorano, nel senso che è quasi una specie di “oasi felice”, però non è una zona di passaggio; quindi la gente ci deve venire apposta, ci deve conoscere. Anche attraverso i social stiamo avendo una grossa risposta. Quindi per me il bilancio è decisamente positivo».

Quale contratto viene applicato ai lavoratori del bistrot e come viene determinata la loro retribuzione?
«Il contratto è quello del commercio (un tempo pieno è pari a circa 1.380 euro). Tenendo presente che i ragazzi assunti fanno fino a 12 ore alla settimana – non di più perché non ce la fanno – , ricevono uno stipendio regolare, riproporzionato su 12 ore».

Come mai avete scelto di aprire un bistrot? C’è un motivo specifico per cui molte realtà impegnate nell’inserimento lavorativo di persone con disabilità intellettiva si orientano verso il settore della ristorazione?
«È avvenuto per caso, perché in realtà cercavamo una pasticceria: abbiamo fatto per anni corsi di pasticceria! Poi è capitata l’opportunità di rilevare questa attività e io avevo già le persone in mente da coinvolgere. All’inizio siamo stati estremamente prudenti, ma devo dire che le persone che lavorano anche in cucina sono veramente entusiaste. Tuttavia, a mio parere, le persone con disabilità intellettiva hanno bisogno di tempi più lunghi, perciò volevo inserirli in agricoltura. A tal proposito abbiamo un progetto bellissimo, che si chiama Diversamente DOC!, realizzato assieme all’azienda agricola Colutta di Manzano (Udine): da 13-14 anni produciamo ogni anno un vino con l’etichetta Diversamente DOC!. Tre anni fa l’azienda agricola ha assunto, durante l’estate, due di questi ragazzi a lavorare: è andata benissimo, solo che c’è un problema. Le aziende agricole, soprattutto quelle vinicole, per loro propria conformazione, sono fuori dal circuito dei trasporti pubblici. Quindi nessuno riesce a recarsi in sede se non ha la patente; con i mezzi pubblici, non ci arrivi. Era dunque anche difficile garantire la continuità negli anni, doveva esserci qualcuno ad accompagnare le persone. Abbiamo creato un progetto che prevedesse una collaborazione tra l’ANFFAS e Colutta perché potessero andarci a lavorare anche durante l’anno, ma Confagricoltura ce l’ha bocciato: anche la burocrazia nell’ambito agricolo è piuttosto cospicua.
Ho sempre pensato che la collocazione ideale per le persone con disabilità intellettiva sia l’agricoltura, perché l’agricoltura ha i tempi lenti e sono i tempi delle persone che hanno problemi cognitivi. Noi abbiamo cercato di riportare questa calma nel bistrot».

Le prime tappe di questo nostro percorso dedicato all’inclusione lavorativa nel “mondo ANFFAS” sono riportate nei testi Lavoro e disabilità intellettive: viaggio tra esperienze, opportunità e ostacoli da superare (disponibile a questo link) e Dalla pasticceria al “co-housing”: quando il lavoro diventa inclusione e autonomia (disponibile a questo link).
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