Le condizioni delle mamme caregiver oggi

di Marina Cometto
«Finché i fondi nazionali destinati alle mamme caregiver non avranno destinazioni certe – scrive tra l’altro Marina Cometto – esse rimarranno donne senza diritti civili, senza riposo notturno, senza svago o tempo libero, senza cure per la loro salute, senza lavoro né autonomia economica, con la sola “colpa”, per questa società e per la politica, di avere un figlio con disabilità»

Donna nel buio di una stanzaGentilissima ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli, sono stata la mamma caregiver di Claudia Bottigelli, una persona con disabilità gravissima causata dalla sindrome di Rett, malattia devastante che per complicazioni varie l’ha portata via da noi alla soglia dei 50 anni.
Claudia, che è mancata il 25 aprile 2023, anche con complicanze oncologiche, è sempre stata assistita in casa da me che sono diventata la sua ombra, e la simbiosi creata tra noi ha permesso di tenerla su questa Terra per 50 anni, nonostante l’evoluzione della malattia. In tutti questi anni io non ho potuto lavorare, non ho potuto curarmi adeguatamente, nonostante avessi sintomi importanti che ho sempre trascurato, perché Claudia aveva bisogno di me giorno e notte. Questo, però, ha avuto un costo che ho pagato e pago salato personalmente. Ho perso diritti lavorativi, ambizioni di donna e autonomia sia economica che di libertà di movimento. Non mi pento, perché tutto ciò che ho fatto è stato per l’amore infinito verso i miei figli.
Ora mi trovo ad essere anziana, 75 anni, con disabilità, per la trascuratezza che ho avuto, perché mi è mancato un sostegno valido per permettermi di curarmi adeguatamente e in serenità.
Non ho diritto ad alcuna pensione e continuo ad essere a carico di mio marito che è riuscito a lavorare per 40 anni, ottenendo poi la dovuta pensione, quindi sono dipendente a vita da qualcun altro.

Tutto questo preambolo per esprimere il mio parere sulle condizioni oggi delle mamme caregiver. Si parla molto dei caregiver, tante parole, ma diritti riconosciuti pochi. Avete stanziato, ho letto, 30 milioni a favore dei caregiver. Lei, Ministro, ha dichiarato che questa cifra sarà «destinata alle Regioni per sostenere e dare sollievo al caregiver familiare, dando priorità agli interventi di sostegno e sollievo destinati a caregiver di persone con disabilità gravissima». E ancora, che «il sostegno alle persone che amano e curano i propri cari è un aspetto fondamentale delle politiche che stiamo portando avanti», ecc. ecc.
Io per 50 anni ho sentito parole, mi sono rallegrata per ogni legge che sembrava positiva per noi, dovendomi poi ricredere e continuare ad aggiustarmi come potevo, per permettere a mia figlia di vivere il più a lungo possibile e il meglio possibile nella sua casa insieme a noi.
Ho imparato però, purtroppo, che da quello che viene scritto nelle leggi a quello che viene poi messo in opera concretamente, c’è un vero abisso. Leggi locali e regionali interpretano quelle norme a loro piacere e spesso senza valutazioni oggettive e personalizzate, penalizzando cosi i nuclei familiari, specie quelli con figli disabili gravissimi a cui dovrebbero dare sostegno.

Quei 30 milioni potrebbero ad esempio essere usati per pagare i contributi alle mamme che per garantire l’assistenza adeguata devono o rinunciare al lavoro, non avendo alternative, se non accettare il ricovero in una struttura del proprio figlio. Anche a me era stato proposto negli ultimi anni di mia figlia non sostegno adeguato alla famiglia, ma un ricovero temporaneo, di tregua o permanente, come se questi nostri figli fossero “pacchi da spostare” a piacimento, senza sentimenti ed emozioni. Per chi invece il lavoro è riuscita a mantenerlo pur con difficoltà, potrebbero essere previsti anticipi sui tempi di uscita, per poter andare in pensione. Questo sarebbe un sostegno importante.
Finché però i fondi nazionali non avranno destinazioni certe, le mamme caregiver rimarranno donne senza diritti civili, senza riposo notturno, senza svago o tempo libero, senza cure per la loro salute, senza lavoro né autonomia economica, con la sola “colpa”, per questa società e per la politica, di avere un figlio con disabilità.
Non sono sufficienti 50 anni per avere un riconoscimento effettivo che non sia di mera elemosina, senza il riconoscimento di alcun diritto!

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