Inclusione lavorativa tra norme e realtà: Legge 68 e prospettive di cambiamento

di Carmela Cioffi
Com’è ben noto, la Legge 68/99 regola l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità, ma l’applicazione di essa presenta ancora molte criticità. In questa intervista, quarta puntata del nostro approfondimento dedicato all’inclusione lavorativa delle persone con disabilità intellettiva, appartenenti al “mondo ANFFAS”, Domenico Tripodi, presidente dell’ANFFAS di Bergamo, analizza i limiti del sistema normativo e le possibili strategie per superarlo

una vignetta tra due persone. una dice: "nella tua azienda ci sono disabili?", l'altra risponde: "nella mia azienda ci sono PERSONE!"La Legge 68/99 rappresenta il principale strumento normativo per favorire l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità, ma l’applicazione di essa spesso evidenzia limiti e criticità. Per analizzare questi aspetti, abbiamo intervistato Domenico Tripodi, che dal 2011 è il presidente dell’ANFFAS di Bergamo (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo), con una lunga esperienza nel sociale e nel mondo aziendale.
Dall’intervista, che rientra nel nostro approfondimento sull’inclusione lavorativa delle persone con disabilità intellettiva e disturbi del neurosviluppo appartenenti al “mondo ANFFAS”, emergono le difficoltà strutturali del sistema legislativo, le buone pratiche già attuate e le strategie necessarie per un vero cambiamento. Un confronto che parte dalle norme e arriva alle persone, passando per il valore dell’inclusione come risorsa sociale ed economica.

Quali sono, secondo la sua esperienza, le principali criticità del sistema legislativo che regola l’assunzione di lavoratori con disabilità in Italia? E quali modifiche e interventi ritiene necessari per rendere il processo più efficace e inclusivo?
«Da un punto di vista del tutto teorico, la normativa in Italia esiste, ma l’applicazione di essa è carente e spesso disfunzionale. La Legge 68/99 presenta tanti limiti. Nel libro L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità intellettiva. Itinerari di ricerca e buone pratiche, e in particolare nel quarto capitolo, curato da Nicoletta Pavesi, Matteo Moscatelli e Chiara Ferrari, vengono affrontati i punti di forza e di debolezza della Legge 68/99, attraverso una ricerca effettuata dall’Università Cattolica finanziata da Assolombarda.
Ebbene, tale ricerca evidenzia che quella norma porta in sé una grande novità: si è passati cioè dall’idea del collocamento obbligatorio all’idea del collocamento mirato, mettendo dunque a fuoco i due assi portanti del processo, ossia le potenzialità e le competenze del lavoratore con disabilità e le esigenze delle aziende, ma vengono messe in evidenza anche le varie criticità; dal punto di vista delle aziende, infatti, si rileva “la poca uniformità degli approcci e delle procedure nei diversi territori provinciali e nazionali, anche in merito all’interpretazione della normativa che influenza il processo di collocamento creando frammentazione, ove ogni ente ha le sue procedure e i suoi modelli”.
Il libro è uscito il 30 aprile 2022 e per l’occasione l’ANFFAS di Bergamo ha promosso anche il convegno Lavoro e disabilità. Un punto di incontro: da allora ho avuto modo di verificare sul campo cosa succede. A mio parere gli operatori non sono sufficientemente formati e molto spesso sono disorientati: ci sono molte norme, varie circolari e spesso non sanno proprio come muoversi».

Quali altri aspetti chiave vorrebbe evidenziare all’interno del libro citato?
«Gli aspetti che mi piacerebbe emergessero sono in realtà molteplici, ma mi soffermo qui su un passaggio del nono capitolo, ove si scrive della “necessità di smettere di vedere la persona con disabilità come un costo, e di cominciare a considerarla una risorsa per la società”. Penso che basterebbe questo semplice slogan, tradotto in fatti concreti, a determinare un cambio di paradigma. Pensate cosa significhi per una persona con disabilità poter dire io ho un lavoro, ho un mio reddito e con questo reddito posso vivere. Pensate quanti minori costi sociali si potrebbero ridurre a fronte di queste opportunità.
Un altro aspetto rilevante, visto che noi siamo un’Associazione di famiglie, è quello relativo al recupero di serenità, di autostima all’interno delle famiglie. Pensate a quanti vantaggi potrebbe avere un’azienda in termini di accoglienza, di migliori rapporti tra i propri dipendenti. Nel corso del convegno di cui ho detto in pre cedenza, su Lavoro e disabilità, il professor Domenico Bodega aveva evidenziato questi aspetti in modo esplicativo».

Domenico e Timothy Tripodi
Domenico Tripodi insieme al figlio Timothy

Può condividere qualche testimonianza significativa di persone con disabilità intellettiva che lavorano da anni? Quali sono stati i fattori determinanti per il loro successo professionale?
«Faccio sempre riferimento al libro citato, ove nei capitoli 3-6 ho illustrato cinque esperienze concrete di buone prassi lavorative. La prima riguarda un lavoratore con sindrome di Down di 41 anni impegnato dal 2003 come operaio metalmeccanico, presso un’azienda profit. Da oltre vent’anni svolge il proprio lavoro con grande sua soddisfazione e altrettanta da parte dell’azienda. In questi anni non ha quasi mai perso una giornata di lavoro, eccetto 15 giorni per un lieve infortunio. Tutti gli anni percepisce il premio di produzione, come tutti i lavoratori dell’azienda e partecipa ai corsi per la sicurezza.
Un altro lavoratore con disabilità cognitiva, di 25-26 anni, che opera nell’àmbito della ristorazione, assunto nel 2019 grazie all’assidua attenzione dei datori di lavoro, ha trovato la sua giusta collocazione e svolge il suo lavoro di preparazione dei tavoli in totale autonomia. Anzi, in alcune occasioni, come ci hanno raccontato i titolari, ha trovato soluzioni per ridurre i tempi di predisposizione della sala.
Ho portato anche esempi di Cooperative Sociali di tipo B che sono state costituite molti anni addietro (1990, 2010, 2016): due di esse operano sul territorio bergamasco e una sul territorio bresciano. Operano in settori diversificati, dalla metalmeccanica al florivivaismo e alla ristorazione, occupando complessivamente una cinquantina di persone con disabilità».

Qual è la mission dell’équipe che l’ANFFAS di Bergamo ha costituito per occuparsi di questo tema? Quali sono gli obiettivi e le azioni concrete che sta portando avanti?
«L’obiettivo fondamentale che l’ANFFAS di Bergamo si è posta al momento della costituzione della propria Equipe Lavoro è stato quello di contribuire alla diffusione di una nuova cultura sul lavoro, basata su tre pilastri: famiglia, lavoratore e azienda. Nel difficile percorso di crescita di una persona con disabilità, la famiglia gioca infatti un ruolo fondamentale, alle volte positivo, alle volte frenante, soprattutto quando termina il periodo scolastico. Sul tema del lavoro, la scuola quasi mai aiuta la persona con disabilità, che dovrà confrontarsi con un mondo che non conosce e che ha bisogno di un periodo di formazione.
Dal canto loro le aziende hanno la necessità di sapere come procedere per l’inserimento di una persona con disabilità; in particolare hanno una grande necessità di essere aiutati i colleghi con i quali le persone con disabilità andranno a lavorare.
La nostra équipe opera dunque su questi tre livelli, per ottenere una reale inclusione lavorativa delle persone con disabilità. Essa, oltre a seguire varie famiglie e persone con disabilità che si sono rivolte alla sede della nostra Associazione, sta gestendo due importanti progetti, uno con un Ente Locale, il Comune di Cologno al Serio, e l’altro con l’azienda ABB che si è rivelata particolarmente sensibile alle tematiche dell’inclusione lavorativa».

Le prime tre tappe di questo nostro percorso dedicato all’inclusione lavorativa nel “mondo ANFFAS” sono riportate nei testi Lavoro e disabilità intellettive: viaggio tra esperienze, opportunità e ostacoli da superare (disponibile a questo link), Dalla pasticceria al “co-housing”: quando il lavoro diventa inclusione e autonomia (disponibile a questo link) e Oltre la burocrazia: il percorso di “Diversamente Bistrot” (disponibile a questo link).
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