“Pensiero Imprudente”: abbracciamo i confini!

di Claudio Imprudente
«Un contesto può essere anche fisicamente accessibile o meno – scrive Claudio Imprudente nella sua rubrica “Pensiero Imprudente” -, ma se non c’è un “abbraccio”, una vera accoglienza, questo contesto può creare una “distanza”. Tante volte ho detto che il limite della disabilità ci obbliga a ridurre le distanze e dare l’opportunità di oltrepassare i reciproci recinti, se gli interessati lo permettono, ovviamente. Ma è nell’abbraccio che possiamo trovare il benestare dell’altro»
Maka Kvartskhava, "Jut a Hug" ("Solo un abbraccio"), 2023
Maka Kvartskhava, “Jut a Hug” (“Solo un abbraccio”), 2023

L’altra sera sono andato a cena al ristorante con un mio amico. Ho riflettuto su una questione: il confine dell’amicizia si mescola con l’assistenza alla persona, perché non riesco a mangiare da solo. Dunque, mi chiedo: “La libertà dove sta?”.
Ovviamente l’amico può anche decidere di non aiutarmi e io devo accettare il suo rifiuto, quindi, un’altra domanda che mi pongo è: “Dove sta l’amicizia?”.

In questa vicenda si mescolano tante cose: i miei limiti fisici e i confini tra me e il mio amico. Questa situazione è interessante e può diventare anche una metafora di quello che succede attualmente nel mondo. Un conflitto può iniziare per difendere un confine o per non accettare un limite.
La disabilità unisce in pochi secondi il “limite” con il “confine”, come nella situazione esemplificativa di cui sopra: la relazione è sempre un gioco di scambio.
Ad esempio, il confine può essere un elemento che protegge e garantisce la propria libertà, per cui io devo accettare che l’amico non mi dia da mangiare, ma anche lui deve accettare la mia reazione, perché potrei arrabbiarmi e così potrebbe iniziare un conflitto.
Questo conflitto è anche dentro me stesso, tra l’accettazione dei miei limiti fisici e l’accettazione della libertà dell’altro, per cui non do la responsabilità o la colpa al mio amico.
Io credo che la disabilità possa essere una risorsa per capire e per affrontare questa dinamica: se una persona con disabilità ha bisogno di aiuto, come si fa a rispettare e a non invadere i confini dell’amico?

Claudio Imprudente
Claudio Imprudente, che cura per Superando la rubrica “Pensiero Imprudente”

Tante volte ho detto che il limite della disabilità ci obbliga a ridurre le distanze e dare l’opportunità di oltrepassare i reciproci recinti, se gli interessati lo permettono, ovviamente. Può esistere una soluzione a questo gap, cioè a questo spazio tra sé e l’altro e quale potrebbe essere?
È nell’abbraccio che possiamo trovare il benestare dell’altro. Possiamo ricondurre il binomio concettuale “confine-limite” a quello dell’abbraccio. Quando abbracciamo qualcuno ne tocchiamo la pelle, la quale può essere considerata il confine del corpo. Ma se dall’altra parte c’è una persona che non desidera il contatto fisico, l’abbraccio può rivelarsi un ostacolo.
Mantenere le distanze da un lato è giusto, poiché si tratta di rispettare gli “spazi” altrui e quindi i confini, ma d’altro canto è rischioso, perché la distanza può aumentare la percezione della differenza e quindi la paura della diversità.
Questo discorso può sembrare filosofico, in realtà è alla base di ogni relazione e di ogni contesto.
Un contesto può essere anche fisicamente accessibile o meno, ma se non c’è un “abbraccio”, una vera accoglienza, questo contesto può creare una “distanza”.

Elisa nel 2018 cantava Anche fragile: «Io un confine non lo so vedere / Sai che non mi piace dare un limite, un nome alle cose / Lo trovi pericoloso e non sai come prendermi, mi dici / Ma non so se ti credo / Senza tutta questa fretta mi ameresti davvero? / Mi cercheresti davvero? / Quella forte, sì, però anche quella fragile».
E voi vi fate abbracciare, oppure siete voi che abbracciate? O avete timore di un abbraccio?
Scrivete a claudio@accaparlante.it oppure sulle mie pagine Facebook e Instagram.

*Il presente contributo è già apparso nella testata «Messaggero di sant’Antonio», con il titolo “Abbracciamo i confini” e viene qui ripreso con diverso titolo e minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

Pensiero Imprudente
Dalla fine del 2022 Claudio Imprudente è divenuto una “firma” costante del nostro giornale, con questa suo spazio fisso che abbiamo concordato assieme di chiamare Pensiero Imprudente, grazie alla quale sta impreziosendo le nostre pagine, condividendo con Lettori e Lettrici il proprio sguardo sull’attualità.
Persona già assai nota a chi si occupa di disabilità e di tutto quanto ruota attorno a tale tema, Claudio Imprudente è giornalista, scrittore ed educatore, presidente onorario del CDH di Bologna (Centro Documentazione Handicap) e tra i fondatori della Comunità di Famiglie per l’Accoglienza Maranà-tha. All’interno del CDH ha ideato, insieme a un’équipe di educatori e formatori specializzati, il Progetto Calamaio, che da tantissimi anni propone percorsi formativi sulla diversità e l’handicap al mondo della scuola e del lavoro. Attraverso di esso ha realizzato, dal 1986 a oggi, più di diecimila incontri con gli studenti e le studentesse delle scuole italiane. In qualità di formatore, poi, è stato invitato a numerosi convegni e ha partecipato a trasmissioni televisive e radiofoniche.
Già direttore di una testata “storica” come «Hp-Accaparlante», ha pubblicato libri per adulti e ragazzi, dalle fiabe ai saggi, tra cui Una vita imprudente. Percorsi di un diversabile in un contesto di fiduciaDa geranio a educatore. Frammenti di un percorso possibile, entrambi editi da Erickson e il recente Scritti imprudenti. Idee e riflessioni intorno alla disabilità (La Meridiana).
Ha collaborato e collabora con varie riviste e testate, come il «Messaggero di Sant’Antonio», per cui cura da anni la rubrica “DiversaMente”. Il 18 Maggio 2011 è stato insignito della laurea ad honorem dall’Università di Bologna, in Formazione e Cooperazione.
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