«Di fronte a quello che si sente fare e dire negli Stati Uniti e in altre parti del mondo – scrive Maurizio Cocchi – ciò che occorre da parte nostra di persone copn disabilità è una costante consapevolezza che tutto quello che abbiamo ottenuto in questi anni di impegno e di lotta, l’abbiamo ottenuto grazie alla democrazia, alla libera stampa e alla piena circolazione delle idee. In altre parole, i nostri diritti non piovono dal cielo, li abbiamo ottenuti noi, ma solo grazie al fatto di poter vivere nella democrazia e nella civiltà»

Come sarebbe se un giorno ci svegliassimo accorgendoci che non siamo più persone con disabilità, ma una massa informe di “storpi”, “orbi”, “sordomuti”, “scemi” e “mongoloidi”? In fondo la disabilità, questa bella definizione di “Persone con disabilità”, è solo un costrutto giuridico, creato per tutelarci e per dare dignità alla nostra presenza nel mondo, ma anche un ruolo attivo nella società, che mette in campo politiche per aiutarci e per far sì che noi restituiamo quanto ricevuto, attraverso il lavoro, contribuendo al sostegno dei consumi, a rendere più empatica e gradevole l’intera società…
A sentire però due degli esseri umani più potenti della terra, Donald Trump ed Elon Musk, sembra proprio che se i disabili scomparissero, sia di nome che di fatto, non sarebbe un gran danno!
Si ha notizia, ad esempio, che l’attuale presidente degli Stati Uniti, già a partire dal 2015, durante un comizio, abbia sbeffeggiato un giornalista per la sua disabilità. Nel 2024, poi, aveva affermato che la sua avversaria nella corsa alla Casa Bianca, Kamala Harris, sarebbe stata «una disabile mentale»; in quel caso, volendo offendere la vicepresidente degli Stati Uniti, aveva reso esplicito il suo pensiero verso questo tipo di disabilità. Ancora più recentemente, poi, a ribadire il disprezzo per le persone con disabilità intellettiva ci sono state le sue dichiarazioni in seguito ad un disastro aereo avvenuto nell’aeroporto di Washington: «Biden e Obama hanno assunto come controllori di volo persone non qualificate e con disabilità fisiche e psichiche» [se ne legga anche sulle nostre pagine, N.d.R.].
Il presidente Trump, per altro, non si è limitato ad esibire le proprie “opinioni”, ma ha messo in atto una serie di politiche tese a diminuire l’impegno della propria Amministrazione a favore dell’inclusività, attraverso pesanti tagli ai finanziamenti pubblici in favore di varie istituzioni, compreso il sistema scolastico pubblico.
Elon Musk, invece, ha dichiarato di «avere la sindrome di Asperger», quindi è un disabile. Già, un disabile che mal sopporta gli altri disabili, di qui l’uso del termine “ritardato” per definire la disabilità intellettiva, facendo ritornare indietro l’orologio del progresso di molti anni. Stesso ragionamento per il suo atteggiamento derisorio nei confronti di un dipendente di Twitter affetto da distrofia muscolare [di questo Musk si era successivamente scusato, N.d.R.].
Sempre per ciò che riguarda Twitter – oggi X -, molto più concreto e significativo è stato lo smantellamento dello staff adibito al controllo dell’accessibilità della piattaforma, in dispregio totale delle persone con disabilità con problemi ad utilizzare quel social media.
Si potrebbe dire che questo, in fondo, non sarebbe niente, trattandosi di idiosincrasie dovute al carattere dei personaggi, con effetti tutto sommato limitati e circoscritti a pochi àmbiti, per quanto incivili. Ciò che invece ci deve allarmare di più sono le decisioni generali di sistema compiute finora dall’Amministrazione Trump. Ad esempio l’uscita dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), che salvo cambiamenti, allo stato attuale dei fatti gli Stati Uniti attueranno dal 22 gennaio del prossimo anno. Poi l’annuncio di uscire dal Consiglio ONU per i Diritti Umani [l’Amministrazione Trump ha firmato in febbraio un ordine esecutivo in cui richiede appunto una rivalutazione dell’impegno degli Stati Uniti all’interno del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, N.d.R.] e non ultima anche l’intenzione di uscire dall’Unesco, come era già accaduto nel 2019, salvo poi il rinetro degli Stati Uniti in tale Ente con l’Amministrazione Biden.
In generale, dunque, assistiamo ad un crescente disprezzo per tutti gli organismi internazionali, compresa la Corte di Giustizia dell’Aia, ma non solo da parte degli Stati Uniti, bensì anche di molti altri Paesi che sentono le normative internazionali e, più in generale, i vincoli di legge, come un freno alle loro mire espansionistiche, se non addirittura avendo il desiderio di cancellare o sminuire quei sistemi di diritti faticosamente raggiunti nel corso degli anni e concretizzati nelle stesse normative internazionali.
A riprova di come queste ultime siano considerate un impaccio, un freno alle libertà nazionali e non una crescita di civiltà per tutti i Paesi, si può pensare anche a tutti i “mal di pancia” suscitati dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Anche trascurando i “soliti” Stati Uniti, il cui Senato non ha ratificato il documento perché avrebbe leso la sovranità nazionale, Paesi importanti e di grande civiltà come il Regno Unito, la Francia e la Danimarca, oltre a molti altri, hanno approvato la norma internazionale con riserva, mettendo in discussione soprattutto quei passaggi che tutelano la libertà e l’incolumità dei pazienti psichiatrici.
Come si vede, l’impalcatura che sorregge il concetto di “disabile” è molto precaria e basta un leggero “vento dittatoriale” per farla crollare rovinosamente.
Evidentemente non si tratta di ridurre o di far tacere le nostre battaglie, ciò che occorre da parte nostra è una costante consapevolezza che tutto quello che abbiamo ottenuto in questi anni di impegno e di lotta, l’abbiamo ottenuto grazie alla democrazia, alla libera stampa e alla piena circolazione delle idee. In altre parole, i nostri diritti non piovono dal cielo, li abbiamo ottenuti noi, ma solo grazie al fatto di poter vivere nella democrazia e nella civiltà.
Chi può dare il proprio contributo sul lavoro, aiutare per quanto possibile gli altri, rispettare e comprendere chi ci aiuta, sostenere chi ha più problemi di noi, lo faccia, senza nascondere paure e pigrizie dietro la disabilità. E quando c’è una manifestazione per la pace, la democrazia, il sostegno ai popoli oppressi, la libertà, mettiamoci in prima fila, magari verificando di non essere presi in giro.
*Consulente di impresa per il Terzo Settore, persona con disabilità.
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