Grazie all’intelligenza artificiale potremo “anticipare le mosse” della sclerosi multipla

L’intelligenza artificiale è in grado di offrire strumenti sempre più sofisticati per analizzare grandi quantità di dati, migliorando non solo la gestione della sclerosi multipla, ma anche la capacità di diagnosticarla precocemente, addirittura prima della comparsa dei sintomi: è il senso dell’intervento di Sergio Baranzini, docente di Neurologia all’Università della California di San Francisco e promotore di un progetto che procede su questa strada, durante il congresso della FISM, la Fondazione che opera a fianco dell’Associazione AISM
Sergio Baranzini
Sergio Baranzini durante il suo intervento al congresso della FISM

«Non basta più raccogliere dati: perché le informazioni cliniche e biologiche relative al paziente e alla malattia siano davvero utili, è necessario infatti che vengano interpretate in modo sistematico e integrato. Solo così la raccolta di dati può trasformarsi in un beneficio concreto per le persone con sclerosi multipla. Ed è qui che entra in gioco l’intelligenza artificiale, oggi in grado di offrire strumenti sempre più sofisticati per analizzare grandi quantità di dati, migliorando non solo la gestione della malattia, ma anche la capacità di diagnosticarla precocemente, addirittura prima della comparsa dei sintomi»: così dall’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) vengono sintetizzati i temi al centro dell’intervento di Sergio Baranzini, professore di Neurologia all’Università della California di San Francisco, durante la prima giornata del congresso annuale di Roma della FISM, la Fondazione che opera a fianco dell’AISM in àmbito di ricerca.
«Oggi – ha spiegato Baranzini – medici e ricercatori hanno diversi livelli di conoscenza nei confronti di una malattia. Un medico, ad esempio, può esaminare le caratteristiche cliniche di un paziente e prescrivere delle analisi biochimiche e alcuni esami di diagnostica per immagini. Altri ricercatori, invece, conducono delle analisi molecolari su campioni che arrivano da quel paziente, come indagini genetiche. Di fatto stiamo guardando la stessa persona da diverse angolazioni, e forse la risposta alla domanda di cosa sta succedendo a quel paziente si trova mettendo insieme tutte queste diverse modalità che abbiamo oggi per conoscerlo. In altre parole, le informazioni che possiamo estrapolare da questi dati, prese singolarmente, sono meno significative di quanto potremmo ottenere combinandole insieme».

Proprio da tali concetti è nato il progetto SPOKE, con Sergio Baranzini che ha sviluppato una piattaforma digitale mirata appunto all’integrazione di diverse tipologie di dati su larga scala, per estrapolare informazioni significative in ambito di ricerca e clinica.
Acronimo di Scalable Precision Medicine Open Knowledge Engine (letteralmente “Motore di conoscenza aperto per la medicina di precisione scalabile”), SPOKE è un sistema che nella sua versione completa mette insieme oltre 70 database di biomedicina e 9.000 malattie, con dati metabolici, genetici, anatomici, clinici, farmacologici, tutti collegati tra loro da relazioni semantiche.
«Ad esempio – ha spiegato ancora Baranzini -, è possibile, a partire dai geni, risalire alle malattie a cui sono collegati, o capire in quale modo l’azione di una proteina sia collegata ad un’altra, quali farmaci siano attivi contro quale malattia e quali bersagli colpiscano. In questo modo riusciamo a mettere insieme l’intero campo della biomedicina, se è vero che all’interno di SPOKE ci sono centinaia di milioni di concetti collegati tra loro, che vanno dai geni ai sintomi».

Ideato tuttavia come strumento di ricerca, SPOKE si appresta a diventare anche uno strumento utile per i clinici, specialmente nel caso di malattie particolarmente complesse come la sclerosi multipla. Da un lato, infatti, tale sistema, combinato con strumenti di intelligenza artificiale, può essere utile per identificare nuovi target farmacologici, ma a partire dai dati clinici di un paziente potrebbe aiutare ad anticipare il peggioramento di una malattia o addirittura a porre la diagnosi prima che si manifestino i sintomi. E in questo senso, sono molto preziosi i dati contenuti nei database di malattia, come il Registro Italiano Sclerosi Multipla e Patologie Correlate, progetto che coinvolge 190 Centri Clinici italiani impegnati sulla sclerosi multipla e che raccoglie i dati di oltre 94.000 persone con questa malattia.
«La FISM – ha concluso a tal proposito Baranzini – è stata una pioniera nella raccolta di dati per la ricerca, e ha avuto una visione lungimirante con l’istituzione dei registri di malattia. È esattamente questo, infatti, il tipo di dati su cui si sono concentrate le attività del mio laboratorio negli ultimi anni, ed è questo che ha favorito la nascita di diverse collaborazioni tra il mio gruppo di ricerca e i ricercatori della FISM». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa e Comunicazione AISM (Barbara Erba), barbaraerba@gmail.com.
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